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Negli Atti viene chiesto al Governo, in particolare, la promozione di un piano straordinario di manutenzione diffusa nel territorio con il coinvolgimento degli enti locali e la rapida erogazione di 130 milioni di euro già assegnati dal CIPE per l’avvio della ricostruzione e l’esecuzione degli accordi di programma nei territori del Centro-nord.

Archivio, Governo e Parlamento

Messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico: Atti di indirizzo e controllo al Senato

6 Maggio 2013
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In Aula del Senato sono state presentate una Mozione (1-00029, primo firmatario il Sen. Luigi  Zanda Presidente del Gruppo parlamentare PD) ed un Interrogazione a risposta orale (3-00043, primo firmatario la Sen. Camilla Fabbri del Gruppo parlamentare PD) sul tema della manutenzione e messa in sicurezza del territorio dai fenomeni di dissesto idrogeologico.
Nelle numerose ed articolate premesse della Mozione, in particolare, vengono approfonditi i  diversi fattori che hanno reso il territorio nazionale ad elevata criticità idrogeologica. Al riguardo, vengono citati i dati forniti dal Ministero dell’Ambiente secondo cui il 10 per cento circa del territorio a rischio di alluvioni, frane e valanghe e i due terzi delle aree esposte a rischio riguardano i centri urbani, le infrastrutture e le aree produttive. Inoltre, con diversa intensità, “il rischio di frane e alluvioni riguarda tutto il territorio nazionale: l’89 per cento dei comuni sono soggetti a rischio idrogeologico e 5,8 milioni di italiani vivono sotto tale minaccia”.
Viene, altresì, rilevata la tendenza delle politiche di gestione del territorio a destinare la maggior parte delle risorse disponibili all’emergenza, anziché ad una opera di prevenzione e messa in sicurezza del territorio. In proposito, vengono ricordati alcuni dati sulle risorse stanziate, ricordando che a fronte di un finanziamento della legge n. 183 del 1989 per la difesa “strutturale” del suolo, pari a 2 miliardi di euro negli ultimi 20 anni, sono stati spesi 213 miliardi di euro per arginare le molteplici emergenze che si sono verificate (161 miliardi di euro per coprire i danni provocati dai terremoti e 52 miliardi di euro per riparare i disastri derivanti dal dissesto idrogeologico). Tra il 1999 ed il 2008, inoltre, sono stati impiegati 58 miliardi di euro per la difesa del suolo, la riduzione dell’inquinamento e l’assetto idrogeologico, di cui oltre il 50 per cento è stato assorbito dalle spese di parte corrente, mentre solo 26 miliardi di euro sono stati destinati ad investimenti per la prevenzione dei rischi.
Sul tema, viene, altresì, menzionato il Piano straordinario per la prevenzione del rischio idrogeologico, previsto dalla L.191/2009 (legge finanziaria per il 2010),  con cui venivano  assegnati al Ministero dell’Ambiente fondi per un miliardo di euro per interventi straordinari, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico. Come evidenziato nel testo delle premesse, la mancata attuazione del Piano – a causa, prima della riduzione dei fondi per far fronte a calamità naturali e poi al loro azzeramento per tagli di bilancio operati, in particolare, con il DL 138/2011, convertito dalla L.148/2011 – ha comportato l’adozione durante il Governo Monti di tre delibere CIPE volte, rispettivamente: ad individuare fra gli interventi di rilevanza strategica regionale quelli per la mitigazione del rischio idrogeologico individuati negli accordi di programma già sottoscritti fra il Ministero dell’Ambiente e le Regioni del Mezzogiorno, con l’assegnazione di 680 milioni di euro; a stanziare 130 milioni di euro  per interventi diretti a fronteggiare i fenomeni di dissesto idrogeologico in alcune aree delle regioni del Centro-Nord e ad assegnare 1.060 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per il finanziamento di interventi per la manutenzione straordinaria del territorio nelle regioni del Mezzogiorno.
Alla luce di quanto evidenziato nelle premesse dell’Atto di indirizzo, vengono, quindi,  elencate dodici richieste d’impegno al Governo, tra cui:
–          “individuare un meccanismo finanziario in grado di generare risorse certe ogni anno, per finanziare interventi integrati di riqualificazione fluviale, garantendo in particolare ai piani di distretto così indirizzati una disponibilità finanziaria sicura, che permetta di programmare la spesa e avviare il lungo processo di adattamento del territorio italiano verso condizioni di maggior naturalità e maggior sicurezza”;
 
–          “adottare iniziative normative, per quanto di propria competenza, volte ad apportare le modifiche al quadro normativo vigente nella logica unitaria della difesa idrogeologica, della gestione integrata dell’acqua e del governo delle risorse idriche, al fine di rendere finalmente operative le autorità di bacino distrettuali, secondo una governance che tenga conto delle esigenze di riequilibrio istituzionale sostenute dalle Regioni, di una delimitazione più funzionale dei distretti e di un sistema di governo in grado di riconoscere e valorizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze delle strutture tecniche di bacino esistenti a livello regionale e locale, nonché a portare a definitiva e rapida approvazione tutti i piani di gestione dei distretti idrografici e i relativi programmi di azione, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti della direttiva sulle acque 2000/60/CE”;
 
–          “assumere iniziative volte a promuovere, nell’ambito della revisione delle regole del patto di stabilità interno, un piano straordinario di manutenzione diffusa del territorio e dei corsi d’acqua, che coinvolga il sistema delle autonomie locali e che rechi forme di incentivazione della partecipazione attiva della popolazione (come ad esempio i contratti di fiume) anche mediante la sperimentazione di progetti che coinvolgano lavoratori temporaneamente beneficiari di ammortizzatori sociali”.
Nell’Interrogazione, viene, invece, posto l’accento sulla mancata erogazione delle risorse già assegnate dal CIPE (previste dalla seconda delibera citata nella Mozione Zanda) per fronteggiare il dissesto idrogeologico nei territori del Centro Nord. Si tratta, nello specifico, di 130 milioni di euro, assegnati sulla base del disposto dell’art.33, comma 3, della L.183/2011 (Legge di stabilità per il 2012) nell’ambito della programmazione del Fondo di sviluppo e coesione (FSC), ricompresi negli accordi di programma per la mitigazione del rischio idrogeologico stipulati con le Regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto.
A tale riguardo, viene, quindi, chiesto al Governo:
–          quali iniziative urgenti intenda adottare “ai fini di un sollecito trasferimento delle risorse già individuate e assegnate con lo scopo di consentire i lavori di ricostruzione, nonché l’esecuzione degli accordi di programma”;
 
–          se non si ritenga doveroso “riferire su quale sia l’attuale stato di attuazione della programmazione e del trasferimento delle risorse del FSC anche al fine di rendere più trasparente l’attività di programmazione, assegnazione e trasferimento delle risorse da parte delle amministrazioni centrali”.
 
Si allegano i testi della Mozione e dell’Interrogazione.

11239-Interrogazione – 3-00043.pdfApri

11239-Mozione – 1-00029.pdfApri
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