La sezione V del Consiglio di Stato, con ordinanza di rimessione n. 1116 del 18 marzo 2016, ha investito l’Adunanza Plenaria sia in merito al rapporto con la stessa, sia – nuovamente – in merito alla vexata questio degli oneri della sicurezza, con particolare riferimento alla loro sanatoria tramite soccorso istruttorio.
A questo proposito, si vuole ricordare che, con la sentenza n. 3 del 2015, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affermato il principio secondo cui, anche in caso di silenzio del bando, occorre procedere all’esclusione dalla gara delle imprese che, all’atto dell’offerta, non abbiano indicato gli oneri della sicurezza.
E ciò, senza possibilità di sanatoria tramite soccorso istruttorio, dal momento che quest’ultimo non è utilizzabile per sanare, come nella fattispecie, elementi essenziali dell’offerta.
La stessa Adunanza Plenaria, con successiva decisione n. 9 del 2015, ha ulteriormente delimitato il raggio di azione del principio enunciato, chiarendo che “non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n.3 del 2015.”
E’ stata così definitivamente esclusa la doverosità dell’uso dei poteri di soccorso istruttorio nei casi in cui la fase procedurale di presentazione delle offerte si sia perfezionata prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria 20 marzo 2015 n.3.
Ciò premesso, la V sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto di investire di nuovo l’Adunanza Plenaria, sollevando il quesito circa la compatibilità del principio affermato nella citata sentenza n. 9 del 2015 con l’ordinamento comunitario di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
Ciò, anche al fine di sciogliere alcuni nodi che attengono ai rapporti tra una singola Sezione e l’Adunanza Plenaria, laddove sorgano questioni di pregiudizialità comunitaria.
In particolare, sono stati sottoposti al vaglio dell’Adunanza i seguenti quesiti di diritto, sintetizzabili come segue:
1. se, in costanza di un principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria, sospettato di contrasto con la normativa dell’Unione Europea, la singola Sezione debba rimettere la questione all’Adunanza stessa, oppure possa sollevare autonomamente una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia UE;
2. se il principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria n. 9/2015 sia rispettoso dei principi euro-unitari, di matrice giurisprudenziale, della tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, dei principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché dei principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza.
La prima questione è già rimessa alla Corte di Giustizia dal Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana (ord. 15 gennaio 2015, n. 1) che ha chiesto chiarimenti anche sulla compatibilità col diritto dell’UE della disciplina della funzione nomofilattica da parte dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (come sancita dall’art. 99 cod. proc. amm.).
Sulla seconda questione, invece, pendono le ordinanze di rimessione all’Adunanza del TAR Marche (ord. 19 febbraio 2016, n. 104), del TAR Molise (ord. 12 febbraio 2016 n. 77) e del TAR Piemonte (ord. 16 dicembre 2015, n. 1745).
Ciò posto, la Corte di Giustizia europea, in risposta al citato rinvio della Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, ha già dato un’anticipazione nella sentenza relativa alla causa C – 689/13 del 5 aprile 2016, chiarendo che:
1. è contraria i principi dell’Unione l’interpretazione di una norma che, relativamente alla compatibilità di una questione con il diritto dell’Unione, obblighi una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza, qualora non condivida l’orientamento definito da una decisione dell’Adunanza Plenaria, a rinviare nuovamente la questione all’Adunanza plenaria, senza poter adire direttamente la Corte di Giustizia UE;
2. dopo aver ricevuto la risposta della Corte di giustizia dell’Unione europea ad una questione vertente sull’interpretazione del diritto dell’Unione da essa sottopostale – o allorché la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea abbia già fornito una risposta chiara alla suddetta questione – una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza deve essa stessa fare tutto il necessario affinché sia applicata tale interpretazione del diritto dell’Unione.
Ne consegue che, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le norme del diritto dell’Unione ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi contraria disposizione della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale.
Tanto rilevato, e tornando alla questione sollevata dalla Sezione V sul principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria n. 9/2015, lo stesso ha un carattere molto meno astratto di quanto si possa pensare, considerate le dirette conseguenze che avrà in merito all’utilizzabilità del soccorso istruttorio, e all’obbligo, a pena di esclusione, di indicare i costi di sicurezza aziendale in sede di domanda di partecipazione alla gara.
Naturalmente, si auspica che, con la pronuncia dell’Adunanza Plenaria, si possa almeno concludere il dibattito giurisprudenziale fra esercizio della funzione nomofilattica da parte della stessa e sua vincolatività nei confronti delle singole Sezioni del Consiglio di Stato.
Per quanto riguarda i costi della sicurezza e soccorso istruttorio, invece, sarà il nuovo Codice appalti a dare una soluzione definiva.
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