A seguito di tale azione, che si è concentrata, in particolare, nei confronti delle imprese del settore terziario che non applicano i contratti “leader” sottoscritti da CGIL, CISL e UIL, ma contratti sottoscritti da sigle meno rappresentative, sono state riscontrate numerose violazioni contributive o legate alla fruizione di istituti di flessibilità in assenza di condizioni di legge.
Sul punto, l’Istituto ha chiarito fermamente che, fermo restando il principio di libertà sindacale, il riconoscimento dei benefici e il ricorso a forme contrattuali flessibili è consentito solo qualora si applichino contratti “leader” del settore, da utilizzare comunque per l’individuazione degli imponibili contributivi.
Le imprese che, diversamente, applicano contratti non rappresentativi, potranno, pertanto, rispondere di sanzioni amministrative, omissioni contributive e trasformazioni a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro flessibili e i soggetti committenti potranno rispondere in solido con le imprese sanzionate.