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Un recente studio del Consiglio Nazionale del Notariato interviene sulla definizione di “immobile in costruzione” per definire il corretto regime fiscale Iva in caso di cessione del bene

Archivio, Fiscalità e incentivi

Cessione di immobili in costruzione: il punto del Notariato sul Regime Iva

5 Ottobre 2018
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La definizione di “immobile in costruzione”, rilevante per definire la tassazione dell’atto di trasferimento, è legata allo stato “oggettivo” dell’immobile e non alla natura del soggetto acquirente o alle modalità di utilizzo del fabbricato acquistato. 
 
Con lo studio n. 181/2017/T il Consiglio Nazionale del Notariato approfondisce la nozione di “immobile in corso di costruzione” in relazione alla disciplina Iva applicabile alla cessione di fabbricati, assumendo una posizione critica rispetto alla più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenze n. 22757/2016, n. 3499/2016 e n.22138/2017). 
 
In via preliminare si ricorda che ai sensi dell’art. 10, co. 1, n.8-bis e 8-ter del DPR 633/1972 (cd. “Decreto Iva”) per le cessioni di fabbricati (abitativi o strumentali) vige, salvo specifiche ipotesi[1], un generale regime di esenzione Iva.
 
Questo regime risulta applicabile, come è possibile desumere dalla Circolare 12/E del 1 marzo 2007, esclusivamente alle ipotesi di cessione di beni ultimati ovvero di beni usciti dal circuito produttivo.
 
In tale documento di prassi, infatti, viene precisato che la cessione di un fabbricato effettuata da un soggetto passivo d’imposta, anteriormente alla data di ultimazione del medesimo, è esclusa dall’ambito applicativo dei commi 8-bis) e 8-ter dell’articolo 10 del D.P.R. n. 633/1972. In questo caso, infatti, il bene risulta ancora nel circuito produttivo e la relativa cessione deve essere in ogni caso assoggettata ad Iva con applicazione dell’imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa[2].
 
È perciò essenziale, per individuare il corretto regime fiscale Iva della cessione di un fabbricato, soffermarsi sulla definizione di “immobile in corso di costruzione”.
 
Sul punto, il Consiglio Nazionale del Notariato nello studio 181/2017, sposando quanto chiarito nel corso del tempo dall’Amministrazione Finanziaria, assume un orientamento del tutto critico rispetto alle posizioni assunte dalla giurisprudenza della Cassazione.
 
Quest’ultima, infatti, con la Sentenza n.23499/2016, pronunciandosi sulla cessione di un fabbricato non abitativo ancora non ultimato, ha legato la nozione di “immobile in costruzione” alla posizione soggettiva dell’acquirente.
 
In tale circostanza la Corte ha affermato il principio secondo cui, in caso di cessione di un immobile non abitativo in costruzione al “privato-consumatore finale”, l’effettiva ultimazione dei lavori a cui è legato il riconoscimento dello status di “fabbricato strumentale”, e il conseguente regime fiscale (esenzione dall’Iva, imposte di registro in misura fissa pari a euro 200, ipotecaria pari al 3%, e catastale pari all’1%[3]) coincide con l’atto di acquisto.
 
Tale atto di compravendita, infatti, determinerebbe l’interruzione del ciclo produttivo dell’immobile che quindi potrebbe acquistare la condizione di bene strumentale “non suscettibile di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni”.
 
La soluzione, precisa il Notariato, sembra essere fondata sulla finzione che la cessione effettuata in favore di un “privato” coincida con il momento di ultimazione o completamento dell’immobile.
 
Questo orientamento viene confermato anche dalla sentenza n. 22138/2017 con la quale è stato precisato che l’immobile si intende uscito dal circuito produttivo anche nell’ipotesi in cui l’acquisto venga effettuato da un “consumatore finale-impresa” e non solo da un privato, a condizione che il bene sia utilizzato come  bene strumentale e non destinato alla vendita.
 
Tale circostanza determina, seguendo l’orientamento della Corte di Cassazione, che le cessioni di fabbricati strumentali, effettuate nei confronti di “consumatori finali,” hanno sempre per oggetto beni immobili ultimati. Ciò anche nell’ipotesi in cui, successivamente all’atto di trasferimento, l’acquirente “consumatore finale” appalti ad un’altra impresa (o all’impresa cedente) i lavori di completamento del fabbricato  (cfr. sul punto anche la sentenza n. 22757/2016)[4].
 
Diversa la posizione del Notariato che sulla nozione di “immobile in costruzione” richiama l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, ed in particolare la sopracitata Circolare 12/E/2007 (cfr. paragrafo 10) secondo cui il concetto di ultimazione della costruzione o dell’intervento di ripristino dell’immobile deve essere individuato con riferimento al momento in cui l’immobile è idoneo ad espletare la sua funzione ed essere destinato al consumo. Pertanto si deve considerare ultimato[5] l’immobile per il quale sia intervenuta da parte del direttore dei lavori l’attestazione dell’ultimazione degli stessi, che di norma coincide con la dichiarazione da rendere in catasto ai sensi degli art.23 e 24 del D.P.R 380/DPR.
 
Va ritenuto “ultimato”, inoltre, il fabbricato concesso in uso a terzi, con i fisiologici contratti relativi all’utilizzo dell’immobile.
 
Infatti in tali ipotesi, pur in assenza della formale attestazione di ultimazione rilasciata dal tecnico competente, si presume che l’immobile presenti tutte le caratteristiche fisiche idonee a far ritenere l’opera di costruzione o di ristrutturazione completata, essendo idoneo al consumo.
 
Dunque, come concluso dal Consiglio Nazionale del Notariato nello studio in commento, la nozione di immobile in corso di costruzione è rappresentata da una situazione “oggettiva” e di fatto e cioè avendo riguardo all’effettivo stato in cui si trova il fabbricato. Se l’immobile non è stato ancora completato e quindi, come affermato dalla Circ. n. 12/E del 2007, non è idoneo all’uso, il fabbricato deve essere considerato in corso di costruzione non assumendo alcun rilievo, al fine di tale nozione, la posizione soggettiva dell’acquirente.
 
Sotto il profilo fiscale, quindi, la cessione del fabbricato non ultimato (abitativo o strumentale) è sempre imponibile ad Iva ed esclusa dall’ambito applicativo dell’art. 10, co.1, nn.8-bis e 8-ter del “Decreto Iva”.

 


[1] Per le cessioni di abitazioni l’Iva si applica obbligatoriamente: in caso di cessioni effettuate da imprese costruttrici, o da imprese che vi hanno effettuato interventi di recupero (restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia ed urbanistica), entro 5 anni dall’ultimazione dei lavori; su opzione in caso: a) di cessioni effettuate da imprese costruttrici, o da imprese che vi hanno effettuato interventi di recupero, dopo 5 anni dall’ultimazione dei lavori di costruzione o ristrutturazione; b) di cessioni di alloggi sociali, come individuati dal D.M. 22 aprile 2008, effettuate da qualsiasi impresa (anche non costruttrice o ristrutturatrice).
Per le cessioni di immobili strumentali l’Iva si applica obbligatoriamente: in caso di cessioni effettuate da imprese costruttrici, o da imprese che vi hanno effettuato interventi di recupero (restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia ed urbanistica), entro 5 anni dall’ultimazione dei lavori; su opzione in caso: a) di cessioni effettuate da imprese costruttrici, o da imprese che vi hanno effettuato interventi di recupero, dopo 5 anni dall’ultimazione dei lavori di costruzione o ristrutturazione; b) di cessioni effettuate da qualsiasi impresa (anche non costruttrice/ristrutturatrice).
[2] Cfr. art. 40 del DPR 131/1986.
[3] Cfr. art. 40 del DPR 131/1986, e art. 10 e 1-bis della Tariffa allegata al Dlgs 347/90.
[4]In sostanza, stando alla giurisprudenza della Cassazione possono individuarsi 3 ipotesi a cui applicare la disciplina di cui all’art. 10, co. 1, n. 8–ter) del D.P.R. n. 633/1972:
·       la cessione di fabbricato strumentale ultimato;
·       la cessione di fabbricato strumentale in lavorazione nei confronti di un consumatore finale “privato”. In tal caso il fabbricato si considera ultimato sel’acquirente utilizza direttamente l’immobile e si verifica la fuori uscita del bene dal circuito produttivo;
·       la cessione di fabbricato strumentale in lavorazione nei confronti di un consumatore finale “impresa”. In tal caso il fabbricato si considera ultimato sel’impresa acquirente ha acquisito effettivamente lo status di “consumatore” finale, impiegando il fabbricato acquistato come bene strumentale nel processo produttivo senza destinarlo alla successiva rivendita.
[5] Cfr. sul punto quanto già precisato con la Circolare 38/E del 12 agosto 2005 in materia di accertamento dei requisiti “prima casa”.

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