L’art. 36 del Dpr 380/2001 “Testo Unico Edilizia” prevede una sanatoria a regime – conosciuta anche col nome di “accertamento di conformità in sanatoria” – per quegli immobili realizzati in assenza del titolo abilitativo edilizio, ma conformi allo strumento urbanistico comunale. La norma quindi prende in considerazione gli immobili abusivi nella forma, ma non nella sostanza poiché consentiti dalla pianificazione.
Le condizioni stabilite dall’art. 36 per ottenere la sanatoria a regime ed estinguere i reati edilizi commessi sono:
- la conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’immobile, che al momento della presentazione della domanda (cd. doppia conformità);
- il pagamento, a titolo di oblazione, di una somma pari al contributo di costruzione in misura doppia.
Le Regioni, nell’ambito delle loro leggi sull’edilizia, hanno in alcuni casi modificato l’entità dell’oblazione, ma la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 2 del 9 gennaio 2019, ha fissato alcuni paletti alle norme regionali.
Analizzando la norma della Regione Lazio che chiede una somma pari al valore di mercato dell’intervento eseguito (art. 22 LR 15/2008) sia per la sanatoria a regime che per sanare gli interventi realizzati sulla base di un titolo edilizio successivamente annullato (art. 20 LR 15/2008), la Consulta ha affermato che l’oblazione da corrispondere per ottenere la sanatoria a regime deve essere ragionevole e non superare l’entità delle altre sanzioni previste per sanare interventi abusivi caratterizzati da una maggiore gravità.
Prima di dichiarare illegittima la norma della Regione Lazio, la Consulta ha evidenziato altresì che:
- nell’ambito dell’accertamento di conformità in sanatoria la verifica della doppia conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia e il pagamento di una somma rappresentano principi fondamentali nella materia del governo del territorio;
- non rappresenta un principio fondamentale della materia la misura dell’oblazione che può essere autonomamente determinata dalle Regioni nel rispetto del principio ragionevolezza (art. 3 Costituzione);
- il principio di ragionevolezza impone al legislatore regionale di prevedere sanzioni pecuniarie differenti per fattispecie caratterizzate diversa gravità, come ad esempio gli abusi meramente formali della sanatoria a regime e gli interventi divenuti abusivi in seguito all’annullamento del titolo edilizio perché illegittimo.
In allegato la sentenza della Corte Costituzionale n. 2/2019
34805-Sentenza Corte Costituzionale 2-2019.pdfApri