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La Regione non può introdurre modelli procedimentali nuovi e incompatibili con quelli statali. E’ quanto afferma la Corte Costituzionale in merito ad alcune norme regionali dell’Abruzzo

Archivio, Edilizia e territorio

Scia unica e conferenza di servizi: bocciate le norme dell’Abruzzo

9 Gennaio 2019
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In materia di procedimenti amministrativi le Regioni possono introdurre “livelli ulteriori di tutela” intervenendo su specifici profili o segmenti del procedimento amministrativo delineato dalla legge statale, variandoli in senso migliorativo in termini di semplicità, snellezza o speditezza (esempio  si potrebbero ridurre i termini assegnati all’amministrazione per provvedere o eliminare singoli passaggi procedimentali). Ciò che invece resta precluso al legislatore regionale è di introdurre un modello procedimentale completamente nuovo e incompatibile con quello definito a livello statale anche se “si autoqualificasse come diretto a perseguire l’obiettivo della semplificazione in quanto, per un verso sarebbe difficile, se non impossibile, il raffronto con quello statale al fine di apprezzarne la maggiore o minore semplificazione, e per altro verso finirebbe per complicare le attività connesse allo svolgimento di un’impresa, imponendo ai suoi destinatari l’onere aggiuntivo della non facile individuazione della normativa in concreto applicabile”.
 
E’ questa una delle tanti ragioni che ha portato la Corte Costituzionale a dichiarare illegittime alcune norme contenute nella Legge regionale dell’Abruzzo n. 51/2017 (Impresa Abruzzo competitività – sviluppo –territorio) ritenute in contrasto con l’impianto normativo della nuova conferenza di servizi e il principio della concentrazione dei regimi amministrativi, introdotto con la Scia unica e la Scia condizionata.
 
Le norme censurate, afferma la Corte, introducono adempimenti ed oneri aggiuntivi non giustificati in contrasto con i principi di proporzionalità, efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa violando la competenza esclusiva statale in materia di livelli essenziali delle prestazioni e tutela della concorrenza, dell’ambiente e del paesaggio, di cui all’articolo 117, secondo comma lettere m), e) ed s) della Costituzione”.
 
Tra le norme dichiarate illegittime si segnalano in particolare:
 
–        art. 6, commi 1 e 2– nella parte in cui prevede la presentazione di una comunicazione unica regionale (CUR) al Suap per l’avvio, lo svolgimento, la trasformazione e la cessazione di attività economiche, nonché per l’installazione, l’attivazione, l’esercizio e la sicurezza di impianti e l’agibilità degli edifici funzionali alle attività economiche. Tale diposizione è in contrasto con:
  • l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 126 del 2016 che ha previsto l’adozione di una modulistica unificata e standardizzata a livello nazionale, nonché la documentazione da allegare;
  • l’art. 19-bis della legge n. 241 del 1990, introdotto dal Dlgs n. 126 del 2016, con cui è previsto che qualora per lo svolgimento di un’attività soggetta a Scia siano necessarie altre Scia, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche, l’interessato presenta una “Scia unica”, mentre si presenta una “Scia condizionata” quando, oltre alla Scia, sia richiesta l’acquisizione di atti di assenso comunque denominati o pareri di altri uffici e amministrazioni ovvero l’esecuzione di verifiche preventive;
–        art. 7, comma 6 lettera a) e b) – poiché in tema di conferenza di servizi aggrava e rende incerti i termini del procedimento amministrativo non prevedendo un termine per l’integrazione documentale non operando il rinvio all’articolo 2, comma 7, della Legge 241/90 e nello stesso tempo non distingue i casi in cui nel procedimento sono coinvolte amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili, non assicurando così la necessaria tutela “rinforzata” di questi interessi, garantita invece dalla normativa statale;
 
–        art. 7, comma 7 – che fa decorrere i termini per lo svolgimento della conferenza di servizi dalla comunicazione di esito favorevole degli interventi soggetti a valutazione d’impatto ambientale (VIA) in quanto in contrasto con l’art. 27-bis, comma 7, del Dlgs 152/2006 e con l’articolo 14, comma 4, della legge 241/90 che invece prevedono un procedimento unico autorizzatorio;
 
–        art. 7, comma 8, lettera c) – nella parte in cui non prevede la possibilità di adottare un provvedimento di rigetto nel caso di diniego assoluto;
 
–        art. 7, comma 9 – nella parte in cui prevede il silenzio assenso in caso di mancata adozione del provvedimento conclusivo della conferenza di servizi in quanto in contrasto con l’articolo 20 della Legge 241/90 che esclude l’operatività del silenzio assenso nel caso di interessi sensibili in caso di procedimenti ad istanza di parte.
 
 
In allegato la sentenza della Corte Costituzionale del 27 dicembre 2018, n.246

34736-Corte Costituzionale_ Abruzzo 246 2018.pdfApri
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