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La clausola penale di un contratto di appalto, con cui si prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria, per il ritardo nell’esecuzione dei lavori, non si applica quando sono state richieste “notevoli e importanti varianti”. Lo chiarisce la giurisprudenza

Archivio, Edilizia e territorio

Appalto privato: non si calcola la penale se il ritardo è giustificato

20 Novembre 2019
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In un contratto di appalto il termine per l’esecuzione dei lavori e la consegna dell’opera riveste, in genere, notevole importanza per il committente che spesso, proprio per indurre l’appaltatore a rispettarlo, sceglie di inserire apposita clausola per regolare fin da subito la duplice ipotesi dell’inadempimento o del ritardo sul presupposto che l’uno o l’altro siano imputabili all’obbligato. La clausola penale assolve, quindi, la funzione di stabilire preventivamente e pattiziamente, limitando, quindi, anche successive controversie, una sanzione pecuniaria di un certo ammontare (in genere una quota fissa per ogni giorno di ritardo oppure in misura percentuale).

 

La giurisprudenza prevalente ha avuto modo di chiarire che la “richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere, avanzata in corso di esecuzione dei lavori dal committente, comporta la sostituzione consensuale del regolamento contrattuale in essere e il venir meno del termine di consegna e della penale per il ritardo originariamente pattuiti. L’efficacia della penale è tuttavia conservata soltanto se le parti fissano di comune accordo un nuovo termine mentre, in mancanza, grava sul committente, che intenda conseguire il risarcimento del danno da ritardata consegna dell’opera, l’onere di fornire la prova della colpa dell’appaltatore” – Corte di Cassazione Ordinanza n. 21515 del 20/08/2019; Corte Cassazione Civile Sez. II, 02/04/2019, n.9152).

 

In altre parole “perchè la penale conservi efficacia, occorre che le parti di comune accordo fissino un nuovo termine. In mancanza, incombe al committente, che persegua il risarcimento del danno da ritardata consegna dell’opera, l’onere di fornire la prova della colpa dell’appaltatore” –  Corte Cassazione Civile Sez. II, 2/4/2019, n. 9152.

 

Più in generale, quindi, anche se è stata pattuita una clausola penale, l’appaltatore può sempre provare che l’inadempimento o il ritardo nell’esecuzione dei lavori sia stato determinato da impossibilità della prestazione, derivante da causa a lui non imputabile (es. dimostrazione della sussistenza di circostanze ostative alla prosecuzione dei lavori risultanti dal giornale di cantiere; fornitura di materiale a carico del committente avvenuta in ritardo; intervenuta accettazione dell’opera senza riserve, anche sotto il profilo temporale della loro consegna; – Corte d’Appello Genova Sez. I, Sentenza 27/6/2019 – Tribunale Taranto Sez. I, 26/3/2019 – Tribunale Grosseto, 28/1/2019.

 

E’ stato però precisato che la presenza di “lavori extracapitolato” non determina l’automatica inapplicabilità ed inefficacia della clausola penale. “Anche a ritenere dimostrato il fatto che i lavori di cui trattasi non erano previsti nell’originario progetto, la mera esistenza di variazioni non può, di per sé, giustificare il venir meno del termine contrattuale di ultimazione dei lavori. Occorre, quantomeno, verificare l’impatto che queste hanno avuto sull’andamento degli stessi ed è preciso onere della parte interessata specificare le relative circostanze, che non possono neppure essere presunte alla luce del mero fatto che l’importo del corrispettivo fosse aumentato per effetto delle variazioni stesse (tale aumento, infatti, potrebbe essere determinato dalla necessità di impiegare materiali di maggior costo e non un numero superiore di ore di manodopera)” – Tribunale Pavia, Sezione III Civile 23/05/2018, n. 855.

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