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Rimessa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato l’interpretazione delle conseguenze in caso di annullamento del titolo edilizio in sede giurisdizionale

Archivio, Edilizia e territorio

Annullamento del titolo edilizio in via giurisdizionale

30 Marzo 2020
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L’articolo 38 del Dpr 380/2001, commi 1 e 2, stabilisce che “in caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite (…) L’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all’articolo 36”.

Poiché questa norma si presta a varie interpretazioni (come di seguito illustrato), il Consiglio di Stato, con ordinanza dell’11 marzo 2020 n. 1735, ha chiesto all’Adunanza Plenaria di fornire una corretta interpretazione della questione ed in particolare quali siano i vizi del titolo edilizio (annullato in sede giurisdizionale) che consentono la sanatoria dell’intervento edilizio realizzato ossia l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria il cui pagamento produce “i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria”.

Sul punto il Consiglio di Stato ha fatto presente che su tale norma esistono tre diversi orientamenti giurisprudenziali:

  • interpretazione ampia: anche in presenza di vizi sostanziali del titolo annullato che non possono essere eliminati il Comune, prima di ordinare la rimessione in pristino, dovrebbe verificare l’impossibilità a demolire, e ove la ritenesse, dovrebbe limitarsi ad applicare la sanzione pecuniaria. Nel far ciò dovrebbe poi considerare rilevante non solo il caso di vera e propria impossibilità o grave difficoltà tecnica, ma anche quello in cui riconoscesse ragioni di equità o al limite anche di opportunità (in tal senso la più recente Cons. Stato. sez. VI 19 luglio 2019 n.5089, e in senso sostanzialmente conforme, fra le molte, Cons. Stato. sez. VI 28 novembre 2018 n.6753 e sez. VI 12 maggio 2014 n.2398);
  • interpretazione intermedia: è possibile l’applicazione della sanzione oltre che nei casi di vizio formale, anche nei casi di vizio sostanziale purché quest’ultimo eliminabile. In tal caso non ci sarebbe la sanatoria di un abuso, perché esso verrebbe in concreto eliminato con le opportune modifiche del progetto prima del rilascio della sanatoria stessa (in tal senso, sempre fra le molte, Cons.Stato. sez. VI 10 settembre2015 n.4221, sez. VI 8 maggio 2014 n.2355 e sez. IV 17 settembre 2012 n.4923, ove si fa l’esempio pratico di un vizio sostanziale eliminato costituito dalla riduzione di altezza del fabbricato in modo da rispettare le norme tecniche di piano).
  • interpretazione restrittiva: l’applicazione della sanzione è possibile soltanto nel caso di vizi formali o procedurali non eliminabili, mentre in ogni altro caso l’amministrazione dovrebbe senz’altro procedere a ordinare la rimessione in pristino; in altre parole, secondo tale orientamento, è consentito superare i soli vizi non sostanziali della costruzione, e quindi non può operare con gli effetti di un condono (così in primo luogo la Corte costituzionale con la sentenza 11 giugno 2010 n.209, nonché le sentenze sez. VI 9 maggio 2016 n.1861 e per implicito sez. IV 16 marzo 2010 n.1535 del Consiglio di Stato).

 

In merito a tali orientamenti il Consiglio di Stato, con l’ordinanza in commento, ha affermato innanzitutto che chi realizza un’opera con un titolo poi successivamente annullato in via giurisdizionale non si differenzia da chi ha realizzato un intervento edilizio senza nessun titolo abilitativo. In entrambi i casi non c’è una particolare situazione di legittimo affidamento da tutelare. Tale situazione si potrebbe nel caso configurare

nei confronti di un eventuale annullamento in sede amministrativa (in via di autotutela) e non rispetto ad un annullamento in sede giurisdizionale.

In ogni caso il Consiglio di Stato, pur in attesa della pronuncia dell’ Adunanza Plenaria, si è espresso a favore dell’interpretazione  cd. “intermedia” perché contempera la tutela del terzo con chi ha ottenuto il rilascio del titolo edilizio (poi annullato in via giurisdizionale).

 

 

In allegato l’ordinanza del Consiglio di Stato n. 1735/2020

39195-Consiglio di Stato 1735_2020.pdfApri
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