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Accogliendo le tesi dell’ANAC, il Consiglio di Stato ha confermato la gratuità delle piattaforme di e-procurement e ha ribadito che, per esercitare le funzioni di Centrale di committenza, occorre l’iscrizione nell’elenco dei soggetti aggregatori

Archivio, Opere pubbliche, Qualificazione

Il Consiglio di Stato dichiara l’illegittimità degli oneri di committenza nelle gare ASMEL

5 Novembre 2020
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1. Premessa

Con la sentenza n. 6787, pubblicata il 3 novembre 2020, la sezione V del Consiglio di Stato, per la prima volta, si è pronunciata nel merito della vexata quaestio relativa alla legittimità dell’obbligo, posto a carico degli aggiudicatari delle gare ASMEL, di pagare un corrispettivo per i servizi di committenza erogati alle SS.AA. da ASMEL Consortile nell’ambito delle gare da quest’ultima gestite, usualmente pari all’1% dell’importo a base d’asta (cd “oneri di committenza”), e svolte sulla piattaforma telematica di negoziazione riconducibile a quest’ultima, Asmecomm.

Nella specie, la pronuncia in commento ha confermato – respingendo l’appello proposto da ASMEL Consortile S.c. a r.l., giudicato infondato nel merito – la sentenza del TAR Lombardia – Milano, sez. II, n. 240/2020 del 3 febbraio 2020 (vedi NEWS ANCE ID 38422 del 6 febbraio 2020), pronunciata su impugnazione dell’ANAC in applicazione dell’art. 211, commi 1-bis e 1-ter, del d.lgs. n. 50/2016, che prevede un potere di autonoma impugnazione, posto a tutela della legalità del mercato delle pubbliche commesse, nelle ipotesi di riscontro di violazioni delle norme in materia di contratti pubblici.

La legittimazione a ricorrere dell’ANAC nella vicenda in commento è stata confermata dal Consiglio di Stato, con la precisazione che, per il valido esercizio della stessa, è sufficiente che l’Autorità dia conto della sussistenza dei presupposti ricavabili dall’art. 211 del Codice dei contratti pubblici e che può esser fatta valere anche prima della conclusione e dell’aggiudicazione della gara.

Invero, l’Autorità aveva provveduto all’impugnazione diretta di un bando di gara avente ad oggetto una procedura aperta per l’affidamento di una o più Convenzioni Quadro (della durata di 18 mesi, con ulteriori successivi 18 mesi in opzione), per la fornitura di apparecchi per illuminazione pubblica, dispositivi per il telecontrollo/telegestione e accessori smart city per gli Enti associati ASMEL (in questo particolare caso, infatti, il soggetto aggiudicatore era la ASMEL – Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali, mentre ASMEL Consortile S.c. a r.l. figurava quale Centrale di committenza).

A seguito del ricorso, il TAR milanese aveva accolto pressoché integralmente le richieste dell’ANAC, riconoscendo la contrarietà all’articolo 23 della Costituzione e all’articolo 41, comma 2-bis, del Codice dei contratti pubblici, del disciplinare di gara, laddove imponeva ai concorrenti di corredare l’offerta di un atto unilaterale d’obbligo mediante il quale impegnarsi, in caso di aggiudicazione, a versare ad ASMEL la rilevante somma di 80,000 Euro oltre IVA.

Altresì, il Giudice di prime cure aveva rilevato il difetto di legittimazione di ASMEL ad operare quale Centrale di committenza in favore dei Comuni consorziati in essa, avendole negato la natura di organismo di diritto pubblico, che ASMEL Consortile sosteneva di possedere.

ASMEL Consortile ha, quindi, proceduto ad appellare la sentenza del TAR di fronte al Consiglio di Stato, contestando (oltre agli aspetti sopra citati, che verranno più diffusamente argomentati infra) anche altri profili giuridici.

 

2. La sentenza

2.1 Illegittimità degli “oneri di committenza”

La tematica è stata sottoposta al Consiglio di Stato con il terzo motivo d’appello proposto da ASMEL Consortile.

Nel particolare, quest’ultima ha giustificato la legittimità delle clausole della documentazione di gara (nello specifico, del disciplinare) che imponevano all’aggiudicatario il versamento della somma di 80,000 Euro (ossia, l’1% dell’importo a base d’asta) più IVA, individuando, come “norma di copertura”, l’art.16-bis del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, ai sensi del quale, nei contratti pubblici, le spese contrattuali sono poste a carico del contraente privato (“le spese di copia, stampa, carta bollata e tutte le altre inerenti ai contratti sono a carico dei contraenti con l’amministrazione dello Stato”).

Ebbene, il motivo è stato giudicato dai massimi giudici amministrativi infondato nel merito.

Secondo il Supremo Consesso, infatti – sul punto pienamente concorde con la pronuncia di primo grado, tale clausola della lex specialis comporta la violazione dell’art. 41, comma 2-bis, del Codice dei contratti pubblici (a tenore del quale “è fatto divieto di porre a carico dei concorrenti, nonché dell’aggiudicatario, eventuali costi connessi alla gestione delle piattaforme di cui all’articolo 58”), norma che – prosegue il Collegio – “preclude alle stazioni appaltanti di riversare i costi derivanti dall’utilizzo delle piattaforme telematiche di negoziazione, non solo nei confronti dei concorrenti ma anche dell’eventuale aggiudicatario”.

Tale rilievo è di per sé già sufficiente, quindi, ad ammettere l’illegittimità dei costi di committenza imposti agli aggiudicatari.

Peraltro, a parere dei Supremi giudici, l’art.16-bis del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 non è comunque idoneo a fondare la richiesta degli oneri in discorso, dal momento che quest’ultima norma e l’art. 41, comma 2-bis, d.lgs. n. 50/2016 hanno oggetti diversi: la prima è relativa alle spese per la stipula e la registrazione dei contratti, mentre la disposizione del Codice dei contratti pubblici è specificamente riferita ai costi di gestione delle piattaforme telematiche.

 

2.2 Assenza della qualifica di Centrale di committenza in capo ad ASMEL S.c. a r.l.

Con il secondo motivo d’appello, ASMEL Consortile ha sostenuto che la qualifica di Centrale di committenza deriva dall’essere un’associazione tra amministrazioni aggiudicatrici (ossia, i piccoli comuni associati) e, a sua volta, amministrazione aggiudicatrice per l’art. 3, comma 1, lett. a), del Codice dei contratti pubblici (ai sensi del quale, tra le Amministrazioni aggiudicatrici rientrano: le «amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti»).

Anche tale motivo è stato giudicato infondato dai Giudici d’appello.

Infatti, il Collegio ha ricordato che, per operare come Centrale di committenza, costituisce requisito indispensabile la preventiva iscrizione nell’apposito elenco dei soggetti aggregatori, disciplinato dall’art. 9 del decreto legge  24 aprile 2014, n. 66, (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89) e tenuto dall’ANAC, il quale effettua altresì la verifica dei requisiti d’iscrizione.

Ora, ASMEL Consortile non risulta essere iscritta al predetto registro, non potendo, quindi, operare come soggetto aggregatore per i Comuni consorziati in essa.

Sul tema, peraltro, i Supremi giudici hanno richiamato la pregressa querelle ANAC-ASMEL relativa proprio alla sussistenza dei requisiti di operatività come Centrale di committenza, ricordando che, fin dal 2015, l’Autorità ha espressamente negato che Asmel Consortile sia in possesso dei requisiti soggettivi e organizzativi necessari per l’inserimento nell’elenco dei soggetti aggregatori di cui all’art. 9 del decreto-legge n. 66 del 2014, escludendone, conseguentemente, la legittimazione ad espletare attività di intermediazione negli acquisti pubblici.

Tale vicenda è stata, da ultimo, recentemente oggetto (come pure ricordato dal Consiglio di Stato) della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea C 3/19 (per maggiori dettagli, si veda NEWS ANCE ID 40643 dell’11 Giugno 2020).

 

3. Conclusioni

Alla luce dei rilievi sopra esposti, risulta evidente che la sentenza del Consiglio di Stato in tema di oneri di committenza (che, è bene ricordarlo, per la prima volta si è pronunciato nel merito della questione) conferma le tesi da sempre sostenute da ANCE, circa l’invalidità delle clausole che richiedano agli aggiudicatari l’esecuzione di tali prestazioni, e, per l’effetto, che gli operatori economici vengano sollevati dal relativo obbligo di pagamento.  

Un supporto, questo, azionato sia nei confronti delle Stazioni appaltanti, sia davanti al Giudice amministrativo (come dimostra la sentenza TAR Puglia – Lecce, n. 1664 del 31 ottobre 2019, giudizio promosso, in qualità di ricorrenti, da ANCE e ANCE Lecce, a fianco di due imprese associate), oltre che nei confronti dell’ANAC, la quale, sul tema, ha sempre mantenuto una ferma posizione avversa all’introduzione degli oneri di committenza, come espresso in numerose sue delibere (tra le quali, diverse sollecitate proprio da ANCE), e come confermato in sede di impugnazione diretta del bando oggetto della sentenza in commento.

In conclusione, il Consiglio di Stato (all’esito della valutazione anche degli agli altri motivi di appello, comunque giudicati infondati), ha concluso rigettando l’appello proposto da ASMEL, confermando, per l’effetto, la decisione del TAR Lombardia n. 240/2020 di annullare il bando impugnato, unitamente a tutti gli altri documenti di gara e gli altri atti comunque connessi.

Si allega la sentenza in commento.

42271-CdS n. 6787.2020.pdfApri
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