Con sentenza dell’8 febbraio u.s., la Sezione III-ter del TAR Lazio ha affermato che le norme della direttiva 2014/24 sugli appalti pubblici trovano applicazione, come stabilito dall’art. 4 della stessa, esclusivamente agli appalti che abbiano un importo, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), pari o superiore alle soglie di rilevanza dallo stesso individuate (e.s. appalti sopra-soglia).
Di conseguenza, secondo il Collegio, per gli appalti sotto-soglia non valgono i principi recentemente affermati dalla Corte di Giustizia dell’UE[1] sull’illegittimità dei limiti prefissati dal Codice dei Contratti alla quota di lavori subappaltabile, tornando applicabile la disciplina italiana che impone un tetto massimo della suddetta quota, pari al 30% dei lavori (elevato al 40% fino al 30 giugno 2021[2]).
In particolare, all’esito di una gara d’appalto di lavori di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria, la società ricorrente (mandataria di un costituendo RTI classificatosi secondo in graduatoria) aveva chiesto, tra le altre cose, l’annullamento della disposizione del Disciplinare di gara che ammetteva il subappalto al 100% dei lavori afferenti alla categoria SIOS scorporabile (OS4 II), nonché, conseguentemente, del provvedimento di aggiudicazione ad altra impresa concorrente (la quale, per l’appunto, aveva dichiarato di voler subappaltare tutti i lavori afferenti alla categoria SIOS, non possedendo la necessaria qualificazione). Tale previsione della lex specialis era stata ritenuta, dalla ricorrente, in contrasto con l’art. 105, comma 5 del Codice, il quale vieta di subappaltare in misura superiora al 30% le opere super-specialistiche SIOS (qualora esse rivestano un valore almeno pari al il dieci per cento dell’importo totale dei lavori, come previsto dall’art. 89, comma 11).
Ebbene, il TAR ha, dapprima, ricordato che la giurisprudenza comunitaria – che ha ritenuto incompatibile con il diritto dell’Unione la disciplina interna che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi – ha valutato l’incompatibilità dell’art. 105 del Codice esclusivamente in relazione alla direttiva 2014/24, nonostante il TAR Lombardia (organo giurisdizionale rimettente, nell’ordinanza ex art. 267 TFUE) avesse sollevato la questione anche con riferimento alla ipotizzata violazione delle disposizioni generali di cui agli art. 49 e 56 TFUE e del principio di proporzionalità.
In secundis, ha osservato che la giurisprudenza interna, recependo i dicta comunitari, ha recentemente affermato che “la norma del codice dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario”[3], aggiungendo che “è considerata contraria al diritto comunitario la previsione di un limite generale all’utilizzo di questo istituto che prescinda dal settore economico interessato, dalla natura delle prestazioni e dall’identità dei subappaltatori. L’affermazione di tale principio però non esclude che in casi specifici, con riferimento a determinate tipologie di appalto come quelle riguardanti le opere superspecialistiche, non possa essere giustificato un limite percentuale all’esperibilità del subappalto in relazione alla natura particolare delle prestazioni da svolgere”[4].
Alla luce del riferito quadro giurisprudenziale, il TAR Lazio, prescindendo in parte dalle contestazioni dell’impresa ricorrente (la quale, come detto, aveva censurato la lex specialis solo per contrasto con i limiti stabiliti per le SIOS, in tal modo sottintendendo che solamente tali limiti sarebbero dovuti ritenersi persistenti e ancora valevoli a seguito degli arresti della CGUE sopra menzionati), ha ritenuto che la disapplicazione delle norme nazionali sul subappalto per contrarietà alle direttive europee operi esclusivamente per le gare d’appalto sopra-soglia, valendo solamente per queste ultime le prescrizioni imposte dalle suddette direttive.
Di talché, secondo la sentenza in esame, in un appalto sotto-soglia consentire di subappaltare al 100% una categoria dei lavori – a prescindere dalla circostanza che si tratti di una scorporabile o di una SIOS – comporta un’illegittima violazione della disciplina del Codice dei Contratti, i cui limiti al subappalto stabiliti all’art. 105 trovano ancora integrale applicazione, non essendo stati “travolti” dalle pronunce comunitarie. Queste ultime, infatti, devono considerarsi valevoli solo per gli appalti la cui disciplina promana dalle direttive europee del 2014 (cioè, solo gli appalti sopra-soglia o, tutt’al più, per gli appalti sotto-soglia aventi interesse transfrontaliero certo).
A sostegno delle proprie conclusioni, il Collegio ha riportato le affermazioni rese dalla medesima Corte di Lussemburgo nella sentenza del 5 aprile 2017 (C-298/15), nella quale la Corte si era occupata, tra gli altri temi, proprio dell’ambito di applicazione delle direttive appalti.
A ben vedere, però, in quella sede, la CGUE sottolineava che le direttive citate costituiscono parametro di legittimità per le discipline interne oltre che per gli appalti di importo superiore alle soglie di rilevanza comunitaria, anche per gli appalti sotto-soglia, qualora la normativa interna ad essi relativa sia stata modellata sulle menzionate direttive.
Segnatamente, era stato dichiarato che “(…) quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che apporta a situazioni non disciplinate dall’atto dell’Unione considerato, a quelle adottate da tale atto, sussiste un interesse certo dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni riprese dallo stesso atto ricevano un’interpretazione uniforme”.
La stessa Corte di Giustizia aveva, peraltro, precisato che le direttive risultano applicabili agli affidamenti sotto-soglia qualora la procedura di affidamento abbia seguito le norme previste per gli affidamenti sopra-soglia.
Sul punto, era stato evidenziato che “(…) l’interpretazione delle disposizioni di un atto dell’Unione in situazioni non rientranti nell’ambito di applicazione di quest’ultimo si giustifica quando tali disposizioni sono state rese applicabili a siffatte situazioni dal diritto nazionale in modo diretto e incondizionato, al fine di assicurare un trattamento identico a dette situazioni e a quelle rientranti in tale ambito di applicazione”.
Infine, la Corte aggiungeva che, con riferimento all’aggiudicazione di un appalto il quale, in considerazione del suo valore, non rientra nell’ambito di applicazione delle direttive (i.e. appalto sotto-soglia), la valutazione della compatibilità del diritto interno con quello comunitario può essere condotta con riferimento alle norme fondamentali ed ai principi generali del TFUE “in particolare, degli articoli 49 e 56 dello stesso e dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione nonché dell’obbligo di trasparenza che ne derivano, purché l’appalto di cui trattasi presenti un interesse transfrontaliero certo. Infatti, sebbene non siano disciplinati dalla direttiva 2004/17, siffatti appalti restano soggetti al rispetto di tali regole e di detti principi”.
In altri termini, un appalto sotto-soglia, qualora la disciplina nazionale per esso stabilita risulti svincolata dalle direttive comunitarie e non sia stata applicata la disciplina prevista per i sopra-soglia per il suo affidamento, può essere censurato per contrasto con i principi sulla libertà di circolazione di cui agli artt. 49 e 56 del TFUE. Il tutto, a condizione che si tratti di un appalto sotto-soglia avente interesse transfrontaliero certo.
A riguardo, si ricorda che un appalto può presentare un siffatto interesse in considerazione, in particolare, dell’importo di una certa consistenza, in combinazione con le sue caratteristiche specifiche o ancora con il luogo di esecuzione dei lavori. Può altresì essere preso in considerazione l’interesse di operatori ubicati in altri Stati membri a partecipare alla procedura per l’aggiudicazione di tale appalto, a condizione che detto interesse sia reale e non fittizio[5].
Ciò premesso, si evidenzia che la sentenza del TAR Lazio non sembra essere pienamente in linea con il predetto orientamento della Corte UE.
Come sopra cennato, infatti, in base alle pronunce della CGUE – pure richiamate in sentenza – l’applicazione delle direttive – ed il conseguenze giudizio di compatibilità su di esse basato – non è condizionata solo dall’importo soprasoglia dell’appalto, ma risulta dirimente anche la procedura concretamente applicata.
Ora, nel caso in esame, la controversia verteva sulla legittimità degli atti di una gara aperta per l’affidamento di un appalto di lavori di importo a base d’asta pari a € 1.718.887,01 oltre IVA.
Ebbene, pur trattandosi di un affidamento sotto-soglia comunitaria, l’art. 36 del Codice dei contratti prevede il ricorso alla procedura di cui all’art. 60 per affidamenti di lavori di importo pari o superiore a € 1.000.000 e fino alle soglie di rilevanza, con l’unica differenza rispetto agli affidamenti sopra-soglia della esclusione automatica dalla gara per le offerte anomale (salvo che si tratti di appalti sotto-soglia che presentino carattere transfrontaliero e a prescindere dal criterio di aggiudicazione prescelto).
In altri termini, per la normativa italiana, gli appalti rientranti nel suddetto range economico devono seguire le regole di affidamento della procedura aperta “classica” prevista anche per gli affidamenti sopra-soglia (salvo che per le gare indette entro il 31 dicembre 2021, in relazione alle quali il D.L. n. 76/2020 – “Semplificazioni”, convertito in L. n. 120/2020, ha previsto la possibilità per le stazioni appaltanti di esperire la procedura negoziata, senza bando, di cui all’articolo 63 del Codice, tra gli altri, per i lavori di importo pari o superiore a un milione di euro e fino alle soglie di rilevanza, previa consultazione di almeno 15 operatori).
Ne deriva che, applicando le coordinate ermeneutiche della CGUE, tali affidamenti non sarebbero esenti dal rispetto dei principi enucleati nella direttiva 2014/24 e dal relativo giudizio di compatibilità, con la conseguenza che la disapplicazione dei limiti al subappalto dovrebbe ritenersi operante anche per questi.
Infatti, come detto, quando la normativa nazionale si conforma alle regole dettate dalle direttive anche per la disciplina di situazioni non direttamente regolate dalle stesse (come lo sono gli appalti sotto-soglia), sussiste un interesse certo dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni riprese dalle direttive medesime ricevano un’interpretazione uniforme, con conseguente estensione degli effetti del giudicato della Corte di Giustizia.
Tanto premesso, la sentenza del TAR Lazio potrebbe porsi in contrasto con quanto affermato dalla CGUE, in quanto, laddove per gli affidamenti sotto-soglia venga seguita la stessa disciplina prevista per i sopra-soglia, gli stessi soggiacciono ai principi eurounitari.
[1] Cfr. CGUE 26.9.19 (C-63-18) e CGUE 27.11.19 (C-402-18)
[2] ai sensi dell’art. 1, comma 18, secondo periodo, della legge n. 55 del 2019 e dell’art. 13, comma 2, lettera c), del decreto-legge n. 183 del 2020
[3] Cons. di Stato, sez. V, 17 dicembre 2020 n. 8101
[4] TAR Toscana, 9 luglio 2020 n. 898
[5] in tal senso, cfr. CGUE del 16 aprile 2015, Enterprise Focused Solutions, C–278/14)
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