Si è svolta il 4 c.m. l’audizione informale dell’ANCE, in videoconferenza, presso la Commissione Politiche dell’Unione europea del Senato nell’ambito dell’esame, in seconda lettura, del disegno di legge recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2019-2020 (DDL 2169/S).
Il Vicepresidente ANCE per le opere pubbliche, Edoardo Bianchi, si è soffermato in particolare sull’articolo 8 del DDL che dispone alcune modifiche al Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 50/2016) in materia di subappalto, nell’ottica di superare i rilievi sollevati in materia dalla Commissione Europea.
In particolare, con riferimento a tale istituto, si propone il superamento dei seguenti vincoli:
Al riguardo, ha evidenziato come tali modifiche, senz’altro condivisibili, non superano tutte le censure che, ripetutamente, gli organi europei hanno indirizzato all’istituto del subappalto come normato a livello nazionale. Occorrerebbe, pertanto, rendere maggiormente coerente la disciplina nazionale sul subappalto con la normativa comunitaria, che non prevede limitazione alla possibilità di eseguire le lavorazioni anche in via indiretta, come recentemente sancito anche da alcune sentenze della Corte di Giustizia Europea (sentenze nn. C-395/18 del 30 gennaio 2020, C- 402/18 del 27 novembre 2019, C-63/18 del 26 settembre 2019 e C-406/14 del 14 luglio 2016).
Il ViP Bianchi ha, quindi, ribadito che il subappalto e’ un’organizzazione dei fattori della produzione, serve per realizzare l’opera e non va visto come qualcosa di deleterio. Ha chiarito, altresì, che l’Ance è contraria al subappalto al 100%, ma occorre liberalizzare il subappalto per tutte le categorie di lavorazioni scorporabili. Più nello specifico, occorrerebbe:
-eliminare la percentuale massima di subappalto utilizzabile negli appalti, rispetto a quanto attualmente previsto dal nuovo Codice, che la fissa, indistintamente per tutti i settori di attività (lavori, servizi e forniture), al 30 per cento dell’importo complessivo dell’appalto;
-lasciare alla stazione appaltante la possibilità di fissare, di volta in volta, nel bando o nell’avviso di gara, un limite al subappalto, da apporre però unicamente alla categoria prevalente (che racchiude senz’altro quelle “prestazioni essenziali” dell’appalto rispetto alle quali, secondo la normativa comunitaria la stazione appaltante può valutare l’esigenza di richiedere l’esecuzione diretta dell’appaltatore) e dando la possibilità di fissare tale divieto al massimo fino alla metà dell’importo della categoria prevalente stessa;
-liberalizzare il subappalto per tutte le categorie di lavorazioni scorporabili (SIOS e/o a qualificazione obbligatoria), fermo restando l’obbligo, in caso di subappalto, di esecuzione delle stesse attraverso operatore dotato di adeguata qualificazione;
-sopprimere la previsione che richiede la corresponsione al subappaltatore dei costi della manodopera.
-recuperare il ruolo centrale dell’appaltatore nell’esecuzione dell’appalto, bilanciando la responsabilità di quest’ultimo nei confronti della stazione appaltante con una disposizione che consenta di utilizzare, ai fini della qualificazione dell’impresa aggiudicataria, le lavorazioni affidate in subappalto;
-chiarire che, nel caso dei contratti similari al subappalto, le attività ovunque espletate, per i lavori, devono essere solo quelle svolte nel cantiere cui si riferisce l’appalto.
Il Vicepresidente è, quindi, passato a commentare le misure in materia di ritardati pagamenti introdotte anch’esse dall’articolo 8 del testo, che prevede, al comma 1, lett. d) una modifica all’art. 113-bis del Codice appalti, volta ad incardinare una sorta di sub procedimento per l’emissione dei SAL ed il relativo pagamento.
Sul tema ha rilevato, in primis, che la normativa nazionale in materia di pagamenti non prevede alcun autonomo momento di verifica successivo alla contabilizzazione dei lavori da parte del direttore lavori. Vige, infatti, il principio di costante progressione della contabilità, a tenore del quale “Le attività di accertamento dei fatti producenti spesa devono essere eseguite contemporaneamente al loro accadere e, quindi, devono procedere di pari passo con l’esecuzione” (art. 13 del DECRETO 7 marzo 2018, n. 49). La contabilizzazione dei lavori è, quindi, una operazione che già presuppone una attività di verifica da parte del Direttore prodromica all’iscrizione dei lavori stessi in contabilità. Conseguentemente, l’adozione dello stato di avanzamento dei lavori, da parte del direttore dei lavori, dovrebbe avvenire contestualmente al momento in cui il registro di contabilità raggiunge l’importo previsto per l’emissione del SAL (cd maturazione) e, da questo momento, dovrebbe decorrere automaticamente il termine di 30 giorni per il pagamento. Vincolare, invece, il decorso dei 30 giorni ad una verifica della PA rappresenta un ulteriore passaggio, non solo non previsto dalla normativa nazionale, ma che potrebbe costituire uno “strumento” per rallentare il processo di pagamento, vanificando così l’obiettivo della norma comunitaria, che è quello di procedere al pagamento entro 30 giorni complessivi, decorrenti dalla maturazione del diritto dell’appaltatore.
Occorre, quindi, al fine di superare le criticità riscontrate dalla procedura infrazione e rendere la normativa nazionale compatibile con le previsioni comunitarie, prevedere che l’obbligo per le amministrazioni di procedere al pagamento entro 30 giorni complessivi decorre dalla maturazione del diritto dell’appaltatore.
Ha, infine, illustrato alcune ulteriori proposte in tema di esclusione dalle gare in presenza di irregolarità fiscali. Nello specifico, l’art.8, co.5, lett.b, del “Decreto Semplificazioni” (DL 76/2020, convertito nella L.120/2020), ha introdotto un’ulteriore causa di esclusione dalle gare pubbliche d’appalto, in base alla quale il concorrente può essere escluso anche in presenza di un atto d’accertamento non ancora definitivo, esponendo così le imprese ad una penalizzazione del tutto sproporzionata rispetto ad una violazione che ancora è considerata “provvisoria”.
In particolare, la norma ammette la possibilità per la stazione appaltante di escludere un operatore economico, nel caso in cui venga a conoscenza e sia in grado di dimostrare che lo stesso non abbia ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse non definitivamente accertati, qualora tale mancato pagamento costituisca una “grave violazione”, considerando tale l’inadempimento di ammontare superiore a 5.000 euro.
Al riguardo, occorre intervenire normativamente sul concetto di “gravità della violazione” ai fini fiscali, allo scopo ultimo di modificare l’attuale norma:
-eliminando il riferimento alla soglia del tutto esigua dei 5.000 euro per le violazioni non definitivamente accertate (l’importo minimo dei 5.000 euro continuerebbe, quindi, ad operare per la sola causa di esclusione obbligatoria, legata agli accertamenti definitivi);
-rinviando, contemporaneamente, ad un successivo provvedimento normativo la determinazione di una nuova soglia più congrua e le modalità operative della nuova causa di esclusione facoltativa, in assenza del quale quest’ultima non opera.
In allegato il documento con il dettaglio delle proposte ANCE consegnato agli atti della Commissione.
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