Nella Gazzetta Ufficiale n. 155 del 30 giugno 2021 è stato pubblicato il D.L. n. 99/2021, recante “Misure urgenti in materia fiscale, di tutela del lavoro, dei consumatori e di sostegno alle imprese”, in vigore dalla medesima data del 30 giugno.
Con riferimento alle disposizioni in materia di lavoro, contenute all’art. 4 rubricato “Misure in materia di tutela del lavoro” , si illustrano di seguito quelle di interesse per il settore.
Il comma 8 del citato art. 4 interviene sul D.L. n. 73/2021 (Decreto Sostegni Bis)[1], introducendo il nuovo art. 40-bis, rubricato “Ulteriore trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria”.
Questo nuovo articolo prevede che, “anche per fronteggiare situazioni di particolare difficoltà economica presentate al Ministero dello sviluppo economico”, ai datori di lavoro di cui all’art. 8 comma 1 del D.L. n. 41/21[2], che non possano ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale di cui al d. lgs. n. 148/15, è riconosciuto un trattamento straordinario di integrazione salariale in deroga agli articoli 4, 5, 12 e 22 del medesimo d. lgs.[3], per un massimo di 13 settimane fruibili fino al 31 dicembre 2021.
Tale trattamento è riconosciuto nel limite di spesa di 351 milioni di euro per l’anno 2021, il cui monitoraggio è affidato all’INPS. Qualora dal monitoraggio emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del predetto limite di spesa, l’INPS non prenderà in considerazione ulteriori domande.
Ai datori di lavoro che presentino domanda per il suddetto trattamento di integrazione salariale si applica il divieto di licenziamento per la durata del trattamento medesimo fruito entro il 31 dicembre 2021. Nello specifico, ai predetti datori di lavoro resta precluso l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo, di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge n. 223/91, e restano altresì sospese eventuali procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi del c.d. cambio appalto.[4] Resta inoltre preclusa, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604/66 e restano, altresì, sospese eventuali procedure in corso di cui all’art. 7 della medesima legge.
Rispetto al suddetto divieto di licenziamento, sono previste le medesime esclusioni già contemplate dalla normativa emergenziale, ossia la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa[5], l’accordo collettivo aziendale di incentivo all’esodo[6] e il fallimento[7].
Ai sensi dei commi 11 e 12 del sopra citato art. 4, nello stato di previsione del Ministero del Lavoro è istituito il “Fondo per il potenziamento delle competenze e la riqualificazione professionale” (FPCRP), con una dotazione inziale di 50 milioni di euro per l’anno 2021.
La finalità del Fondo consiste nel contribuire al finanziamento di progetti formativi rivolti ai lavoratori beneficiari di trattamenti di integrazione salariale per i quali sia programmata una riduzione dell’orario di lavoro superiore al 30% (calcolata in un periodo di 12 mesi), nonché ai percettori di NASpI.
I criteri e le modalità di utilizzo delle risorse del Fondo saranno individuate con decreto del Ministro del Lavoro, di concerto con il MEF, da emanare, previa intesa in Conferenza Stato-Regioni, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del D.L. qui illustrato.
Infine, il comma 13 del suddetto art. 4, alla lett. a), sostituisce come segue, con effetto dal 1° gennaio 2021, il primo periodo dell’art. 19 comma 3 del D.L. n. 18/20 (Decreto Cura Italia), in materia di CIGO e ASO con causale “Covid-19”: “I periodi di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario concessi ai sensi del comma 1 non sono in ogni caso conteggiati ai fini dei limiti previsti dall’articolo 4, commi 1 e 2, e dagli articoli 12, 29, comma 3, 30, comma 1, e 39 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148.”
Su questo specifico aspetto, stante l’apparente identità sostanziale della nuova formulazione rispetto a quella previgente[8], si fa riserva di comunicare i chiarimenti che saranno eventualmente resi dagli enti competenti.
*****
Fermo restando quanto sopra illustrato con riferimento alle disposizioni introdotte dal D.L. in esame, si comunica altresì che in data 29 giugno 2021 è stata sottoscritta da Confindustria e da CGIL, CISL e UIL la seguente Dichiarazione congiunta:
“Le parti sociali alla luce della soluzione proposta dal Governo sul superamento del blocco dei licenziamenti, si impegnano a raccomandare l’utilizzo degli ammortizzatori sociali che la legislazione vigente ed il decreto legge in approvazione prevedono in alternativa alla risoluzione dei rapporti di lavoro.
Auspicano e si impegnano, sulla base di principi condivisi, ad una pronta e rapida conclusione della riforma degli ammortizzatori sociali, all’avvio delle politiche attive e dei processi di formazione permanente e continua.”
[1] Cfr. comunicazione Ance del 26 maggio 2021, alla quale si rinvia.
[2] Con riserva di comunicare tempestivamente eventuali chiarimenti che saranno resi dagli enti competenti, si ritiene, nell’immediato che il riferimento ai “datori di lavoro di cui all’art. 8 comma 1 del D.L. n. 41/21”, riguardi, in via generale, quelli rientranti nei settori produttivi destinatari della normativa in materia di CIGO (incluse ovviamente le imprese edili).
[3] Art. 4 – Durata massima complessiva del trattamento ordinario e straordinario di integrazione salariale; art. 5 – contribuzione addizionale; art. 12 – durata del trattamento ordinario di integrazione salariale; art. 22 – durata del trattamento straordinario di integrazione salariale.
[4] Ossia fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di CCNL o di clausola del contratto di appalto.
[5] Il divieto non si applica nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c.
[6] Il divieto non si applica nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo (ai quali è riconosciuta la NASpI).
[7] Sono esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
[8] Di seguito la formulazione previgente del primo periodo del citato art. 19 comma 3: “I periodi di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario concessi ai sensi del comma 1 non sono conteggiati ai fini dei limiti previsti dall’articolo 4, commi 1 e 2, e dagli articoli 12, 29, comma 3, 30, comma 1, e 39 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, e sono neutralizzati ai fini delle successive richieste”.
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