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Pubblicata da Confindustria la nota di commento al DL 21 settembre 2021, n. 127 sull’estensione del Green pass nei luoghi di lavoro privati

Lavoro, welfare e sicurezza

DL Green pass – nota di Confindustria

24 Settembre 2021
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  • Lavoro, welfare e sicurezza
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Si fa seguito alla comunicazione Ance del 22 settembre scorso, per informare che Confindustria ha pubblicato sul proprio portale l’allegata nota di commento al DL 21 settembre 2021, n. 127 sull’estensione del Green pass nei luoghi di lavoro privati.

 

Nel riepilogare le disposizioni di interesse contenute nel Decreto, Confindustria ha fatto, in primo luogo, riserva di emanare specifiche Linee guida “che saranno diffuse al Sistema successivamente alla emanazione di quelle previste per il pubblico impiego, al fine di acquisire eventuali elementi che dovessero risultare utili anche nel settore privato”.

 

In particolare, si riportano di seguito, alcune indicazioni di interesse[1] contenute nella nota:

 

  • l’obbligo di avere ed esibire il Green pass è esteso a tutti i lavoratori del settore privato, ivi compresi i lavoratori autonomi ed i collaboratori non dipendenti (con contratti di lavoro differenti da quello subordinato);

 

  • in caso di somministrazione, si ritiene che sia onere del somministratore assicurarsi, per poter adempiere al proprio obbligo contrattuale verso l’utilizzatore, che il lavoratore sarà sempre in possesso dei requisiti per l’esecuzione della prestazione lavorativa. L’eventuale impossibilità di assicurarsi la prestazione del lavoratore da parte dell’utilizzatore potrà, quindi, essere fonte di responsabilità contrattuale per l’agenzia di somministrazione. Onere dell’utilizzatore sarà, invece, quello di verificare il possesso e l’esibizione del Green pass da parte del lavoratore;

 

  • sulle modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, la norma non fa alcun riferimento ad obblighi di informazione, comunicazione e di condivisione sindacale e prescinde totalmente dal Protocollo di sicurezza anti Covid e dal Comitato previsto dall’art. 13 dal protocollo 14 marzo 2020. Ciò non preclude la possibilità che le modalità organizzative vengano inserite nel Protocollo aziendale (ricordando, tuttavia, che si tratta di prescrizioni cogenti sulle quali non appare consentita alcuna valutazione).

 

Confindustria ha, inoltre, rilevato i seguenti dubbi interpretativi ed applicativi inerenti l’apparato sanzionatorio:

  1. Laddove la norma commina una sanzione amministrativa (che presuppone l’ingresso nel luogo di lavoro), si applica anche la qualificazione della giornata come assenza ingiustificata dalla prestazione lavorativa? Per quanto la norma non sia chiara, prevedendo due diversi regimi sanzionatori, il divieto generale di fare accesso al luogo di lavoro senza green pass valido supera tale perplessità: l’interpretazione sistematica dei commi 6 e 8 porta a ritenere insostenibile una soluzione che legittimi la permanenza in azienda dei lavoratori privi di green pass.

 

  1. La qualificazione come assenza ingiustificata (e non come sospensione, come indicato nelle bozze del provvedimento) impone al lavoratore di presentarsi tutti i giorni in azienda? Sì. Mentre la sospensione legittima una ipotetica posizione di attesa da parte del lavoratore, per qualificare la presentazione senza green pass come assenza ingiustificata il lavoratore deve necessariamente presentarsi in azienda.

 

  1. Il soggetto chiamato a verificare il possesso del green pass deve seguire una procedura di controllo previamente predisposta che consenta di comprovare il mancato possesso del certificato verde: la procedura e la sua formalizzazione ex ante sono necessarie in ogni caso, per le verifiche all’ingresso e per quelle all’interno. Il soggetto chiamato a verificare, soprattutto se dovrà poi effettuare la trasmissione degli atti al Prefetto, dovrà poter predisporre una documentazione probatoria che consenta di dimostrare gli elementi a fondamento della contestazione (es. strumento della verifica, orario, luogo, evidenza della mancanza di green pass nel senso di mancata esibizione, identificazione del lavoratore, eventuali motivazioni evidenziate dal lavoratore, verifica della validità del green pass). Quanto al controllo dell’identità del lavoratore, fermo quanto previsto dall’art. 13, co. 4 del DPCM 17 giugno 2017 e dalla circolare del Ministero dell’Interno del 10 agosto 2021, si ritiene che, all’interno del luogo di lavoro, il datore debba e possa (anche per motivi di sicurezza) conoscere pienamente l’identità dei lavoratori e di chiunque sia presente, per cui è sempre legittimato a chiedere, in caso di dubbio, la corrispondenza tra il documento di identità e il dato contenuto nel green pass. Quanto alla trasmissione degli atti al Prefetto in caso di accesso senza green pass, va evidenziato che il datore di lavoro è il primo ad accertare e contestare (comma 8) e, quindi, deve informare la Prefettura per il seguito sanzionatorio di competenza di quest’ultima. Anche perché la formulazione della norma è in termini generali (“i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni di cui al medesimo comma 9 trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione”), che non escludono espressamente il datore di lavoro (anzi è uno degli incaricati dal legislatore di accertare e contestare disciplinarmente nel caso del comma 8). Peraltro, l’indicazione nel comma 10 di chi deve comunicare sembra escludere il riferimento alle norme generali.

 

  1. Per le imprese che occupano meno di 15 dipendenti. In queste aziende, date le ridotte dimensioni e la difficoltà di sostituzione con personale interno, a fronte della mancata presentazione del green pass per cinque giorni consecutivi (nei quali il lavoratore è comunque considerato assente ingiustificato e sospeso senza retribuzione), il datore può assumere in sostituzione del lavoratore assente un’altra risorsa. In questo caso, se dopo il quinto giorno perdura l’inerzia del dipendente quanto alla adozione del green pass, il datore di lavoro, avendo assunto altra persona, può ulteriormente sospendere il dipendente (anche laddove questi avesse recuperato il green pass) per un massimo di ulteriori dieci giorni, rinnovabili una sola volta. Questo meccanismo vale fino al 31 dicembre 2021. La misura sospensiva consente alla piccola impresa di assumere un sostituto e non dover recedere da tale contratto anticipatamente per il rientro del dipendente. Diversamente opinando (es. assenza di sospensione da lavoro e retribuzione) la norma legittimerebbe lo svolgimento di attività lavorativa senza green pass oppure il pagamento di una retribuzione senza la prestazione lavorativa, aspetto, quest’ultimo, che solamente una norma espressa potrebbe disporre, al di là della sua accettabilità sul piano giuridico e contrattuale.

 

Sono stati, poi, evidenziati alcuni dei temi di seguito riportati, da tener presenti per elaborare le modalità di verifiche:

 

  • la modalità di verifica a campione non sembra pienamente coerente né con l’obbligo generalizzato e sanzionato di possesso del Green pass, né con la logica sostanziale e prevenzionale di impedire a chiunque sia privo di certificato di fare ingresso in azienda. Il controllo (anche a campione) successivo all’ingresso nel luogo di lavoro rischia anche di generare contenziosi;

 

  • qualora il lavoratore comunichi di non possedere il Green pass o non possa fare ingresso in azienda per mancanza del certificato verrà considerato assente ingiustificato fino alla sua presentazione in azienda con un documento valido. Ciò impone al datore di datore di registrare e gestire l’assenza del lavoratore e il controllo del rientro con green pass valido. Si ritiene che la comunicazione da parte del lavoratore del mancato possesso di Green pass debba in ogni caso precedere l’ingresso in azienda dal momento che, dopo l’ingresso in assenza di certificato, egli è già sanzionabile;

 

  • il datore di lavoro deve stabilire le modalità del controllo prevedendone formalmente le procedure e la documentazione per giustificare adeguatamente la comunicazione della violazione al Prefetto. Questo impone di regolare adeguatamente e formalmente la procedura, gli strumenti adottati, i riferimenti all’identità dei soggetti controllati, la formalizzazione del soggetto addetto al controllo la tracciatura formale della verifica negativa.

 

Sono stati, poi, approfonditi anche i seguenti casi:

 

    1. Lavoratore che si reca direttamente nel luogo della prestazione di lavoro e non in azienda

il controllo deve essere operato dal titolare della struttura presso la quale egli si reca o anche, nell’ipotesi di trasferta mediante mezzi di trasporto pubblico ultraregionale, dal vettore. In questi casi si ritiene che, per effetto del controllo che dà esito negativo, il datore di lavoro debba imporre un obbligo contrattuale di immediata comunicazione. Esso potrebbe, ad esempio, fondarsi sulla previsione di un obbligo contrattuale di comunicazione da parte del committente (es. mancato accesso nel luogo di svolgimento della prestazione) o dello stesso lavoratore (es. mancato accesso al treno) al datore di lavoro del prestatore non ammesso al lavoro ovvero colto senza certificato all’interno del luogo di lavoro. Teoricamente, lo stesso modello potrebbe essere adottato anche per i lavoratori in trasferta all’estero.

 

  1. Il lavoro in turni

Altra ipotesi riguarda il lavoro in turni, anche notturni. In questa situazione, sembra opportuno che il controllo sia affidato al personale della vigilanza (dal momento che, se si esegue attività lavorativa, detto personale debba sempre essere presente in azienda).

 

  1. Individuazione del perimetro aziendale

La norma non fa alcun riferimento ai luoghi al chiuso: si pensi, quindi, al cantiere edile ovvero all’azienda che dispone, all’interno del recinto aziendale ma al di fuori del perimetro produttivo, luoghi per il deposito di materiali o ambiti ai quali accedono i fornitori esterni. Ne consegue che sembra opportuno dare una accezione estensiva alla nozione di luogo di lavoro.

 

  1. d. Sistemi di controllo del green pass collegati/integrati a quelli di rilevazione delle presenze

Come anticipato, alla verifica del green pass si provvede mediante scansione del QR Code e senza raccogliere/registrare alcuna informazione inerente alla certificazione. Sotto il profilo giuridico, un sistema di verifiche dei Green pass collegato/integrato con quelli di rilevazione delle presenze deve assicurare la mancata registrazione dei dati della certificazione.

 

  1. Eventuali contenziosi sul titolo che consente il rilascio del green pass per l’accesso al luogo di lavoro

Quanto ai documenti che legittimano l’accesso, al momento attuale essi possono essere solamente due: il green pass (emesso per una delle tre causali note, vaccinazione, guarigione e tampone negativo) o il certificato di esenzione (regolato dalla circolare 4 agosto 2021 del Ministero della salute).

 

In particolare, a supporto dell’eventuale adozione di tamponi in situazioni di emergenza al fine di consentire l’accesso al luogo di lavoro, si evidenzia che il tampone che legittima il rilascio del green pass è (DL n. 52/2021, art. 9, co. 1, lett. d) il “test antigenico rapido: test basato sull’individuazione di proteine virali (antigeni) mediante immunodosaggio a flusso laterale, riconosciuto dall’autorità sanitaria ed effettuato da operatori sanitari o da altri soggetti reputati idonei dal Ministero della salute”.

 

La legge 16 settembre 2021, n. 126, nel convertire, con modificazioni, il Dl 105/2021, ha introdotto l’ulteriore modalità di esecuzione del tampone molecolare “su campione salivare e nel rispetto dei criteri stabiliti con circolare del Ministero della salute, con esito negativo al virus SARS-CoV-2”.

 

Inoltre, si ricorda che la certificazione verde COVID-19 rilasciata sulla base del tampone ex art. 9, co. 2, lett. c) del Dl 52/2021, ha una validità di quarantotto ore dall’esecuzione del test ed è prodotta, su richiesta dell’interessato, in formato cartaceo o digitale, dalle strutture sanitarie pubbliche, da quelle private autorizzate o accreditate e dalle farmacie che svolgono i test, ovvero dai medici di medicina generale o pediatri di libera scelta.

 

Si ricorda, da ultimo, che la legge 16 settembre 2021, n. 126, nel convertire, con modificazioni, il Dl 105/2021, ha, tra l’altro, esteso la durata del green pass “vaccinale” a 12 mesi.

 

  1. L’onere economico del tampone

La norma, prevedendo il divieto di accesso nel luogo di lavoro senza green pass valido, pone evidentemente a carico del soggetto obbligato l’onere economico della esecuzione del tampone, posto quale requisito di legge per l’accesso al lavoro.

 

  1. l’obbligo di possesso del green pass vale anche per i lavoratori stranieri che, ai fini dell’accesso in Italia, non sono tenuti al possesso del Green pass?

Si, in quanto la norma dispone, senza eccezioni, l’obbligo del possesso del Green pass. Si consiglia, quindi, di informare il mittente del nuovo requisito legale posto dal D.L. n. 127/2021.

 

Infine, sono state, poi, elaborate alcune delle seguenti considerazioni in materia di privacy:

 

  • in sede di verifica della certificazione (green pass o di esenzione), le informazioni oggetto di trattamento sono le generalità del lavoratore, nonché la validità, l’integrità e l’autenticità del certificato verde ovvero le informazioni in merito allo stato di soggetto esente da vaccinazione anti COVID-19 e le generalità del lavoratore e il mancato possesso di un green pass;

 

  • il trattamento si concretizza nella consultazione/presa visione delle citate informazioni (analoga alla presa visione della temperatura) e non è consentita, in alcun caso, la raccolta dei dati dell’intestatario della certificazione in qualunque forma;

 

  • pertanto, ai fini dell’organizzazione dei controlli, non è possibile acquisire dal lavoratore, né preventivamente, né ex post, la certificazione in corso di validità ovvero dichiarazioni in ordine alla tipologia e alla scadenza della stessa.

 

Confindustria ha, infine, concluso la nota con alcune considerazioni sulla necessità di un’attività di sensibilizzazione, poiché il mancato possesso di Green pass può incidere sulla sicurezza (es. assenza di lavoratori componenti di nuclei di emergenza), sulle responsabilità contrattuali (es. mancato rispetto dei termini di un appalto), sugli oneri a carico del datore di lavoro (es. sostituzione del lavoratore assente), sulle conseguenze a carico del lavoratore (es. licenziamento per chi è colto all’interno del luogo di lavoro privo del certificato), sulla complessiva organizzazione del datore di lavoro (es. organizzazione di trasferte all’estero e pianificazione di attività a medio-lungo termine).

 

A fronte di tali rilevanti criticità, sembra opportuno che l’azienda, nell’adottare le modalità per la verifica del possesso del Green pass, attui, ancora una volta, una intensa campagna di sensibilizzazione, evidenziando come il mancato possesso del certificato valido rischi di incidere sulla vita aziendale, oltre che sulla posizione dei singoli lavoratori.

 

Per quanto non riportato nella presente si rinvia alla nota di Confindustria allegata.

 


[1] Ulteriori rispetto a quanto già comunicato nella nota Ance del 22 settembre 2021

46246-Dl 127 2021 Nota di aggiornamento settembre 2021.pdfApri
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