Si è svolta il 19 c.m. l’audizione informale dell’ANCE, in video conferenza, presso la Commissione Lavori pubblici del Senato, nell’ambito dell’esame del disegno di legge delega al governo in materia di contratti pubblici (DDL 2330 /S).
Il Vice Presidente ANCE per le opere pubbliche, Edoardo Bianchi, ha ricordato, in premessa, come nel settore dei lavori pubblici si è assistito, da oltre 15 anni, ad una fortissima contrazione degli investimenti. Ciò non bastando, il comparto delle costruzioni patisce, da decenni, l’assenza di una politica industriale che sia effettivamente orientata al rilancio degli investimenti infrastrutturali. Il PNRR rappresenta quindi un’occasione unica per traghettare il Paese verso la crescita e la modernità, dove il “peso delle riforme” è addirittura superiore al “peso degli investimenti”. In questo processo, il settore delle costruzioni ricopre un ruolo prioritario, rappresentando quel “debito buono” che potrà gettare le basi per una crescita duratura e finalizzata agli obiettivi della sostenibilità e della transizione verde.
A tal fine, è tuttavia indispensabile un “cambio di passo”: occorre riorganizzare il settore in maniera più snella, tempestiva ed organica, a partire anzitutto dalla normativa, ossia definendo una disciplina in linea con quello che l’Europa sta chiedendo da anni.
Ha, quindi, rilevato la necessità di prendere atto del fallimento del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50/2016), che risulta del tutto disapplicato. Ciononostante, continuano a dispiegarsi i suoi effetti, a partire da quelli delle sue (gravi e numerose) lacune.
Restano in vigore, infatti, una serie di disposizioni extravaganti, quali alcuni stralci del Codice “De Lise”, o anche intere parti del previgente regolamento di attuazione – di cui al d.p.r. 207/2010 – per giungere, in attesa del nuovo regolamento attuativo, alle diverse linee guida ANAC sinora adottate. Queste, solo per citarne alcune. In poco più di 4 anni, inoltre, il Codice ha subito almeno due interventi normativi profondi – rappresentati dal primo decreto correttivo n. 56/2017 e dal Dl Sblocca cantieri n. 32/2019 – che ne hanno completamente rivisto e/o sospeso gli aspetti fondamentali, a riprova dell’intrinseca irrealizzabilità e/o dell’erroneità di alcune scelte fatte.
Con il Dl semplificazioni n. 76/2020, addirittura, si è optato per la creazione di un sistema normativo “in deroga” fino al 31 dicembre 2021; termine poi prorogato dal DL Semplificazioni “bis” n. 77/2021 fino al 2023, con l’aggiunta di procedure derogatorie ad hoc per gli affidamenti del PNRR; il tutto, accompagnato dalla nomina di – numerosi – nuovi commissari “Sbloccacantieri”, dotati di “super poteri”.
A fronte di tale impasse normativo, il Governo, con il ddl delega, ha scelto di avviare la stagione della riforma del Codice, in tempi auspicabilmente veloci. Anche se tenuto conto dei tempi di approvazione della legge delega in esame, a cui si aggiungono quelli per l’adozione del nuovo Codice – almeno 6 mesi – verosimilmente, detta riforma non troverà applicazione alcuna con riferimento alla prima tranche di opere del PNRR, che andranno in gara, quindi, con le procedure “derogatorie”, previste del citato dl “semplificazione bis” fino al 2023.
Affinché il legislatore possa dar vita ad una normativa sui lavori pubblici moderna ed efficace, è tuttavia necessario che vi siano alcune “precondizioni essenziali”, senza le quali non sarà possibile ovviare ai limiti del precedente impianto regolatorio. In particolare, occorre anzitutto superare la “presunzione di colpevolezza”, in cui versa il comparto delle imprese di imprese e che porta all’ormai sistematico sacrificio delle legittime aspettative di giustizia degli operatori privati, e sulla contrapposta tendenza a dare più spazio alle ragioni della parte “forte” (alias pubblica) del rapporto. Inoltre, non è più rinviabile uscire dalla logica “suddito/sovrano” che pervade la contrattualistica pubblica, di matrice ottocentesca, con definitivo abbandono della tendenza ad accentuare la posizione di sudditanza delle imprese esecutrici, di fronte al “sovrano – committente”.
Infine, non è concepibile il solo ritorno allo schema operativo della “Legge Obiettivo” e del “General Contractor” solo per ovviare alla carenza organizzativa della pubblica amministrazione. Si tratta infatti di un modello che non ha raggiunto gli obiettivi auspicati, in termini di certezza dei tempi e costi di realizzazione.
Ciò posto, è necessario prevedere una nuova legge sui contratti pubblici, più snella e maggiormente equilibrata dell’attuale Codice degli Appalti, contenente le regole e i principi comuni per lavori, servizi e forniture, e un nuovo Regolamento attuativo, espressamente dedicato ai lavori pubblici, distinto da servizi e forniture, in cui recepire anche talune norme comunitarie. L’esperienza della “soft law” infatti è stata fallimentare: si è creato un quadro normativo disomogeneo, non coordinato, in continuo divenire, incapace di dare certezza agli operatori del mercato.
Il Vicepresidente, dopo aver sottolineato i punti di forza della legge delega, ha quindi rilevato che i criteri di delega andrebbero integrati con una serie di ulteriori principi. In particolare, ha individuato, tra l’altro, i seguenti:
Regolamento
Risulta assolutamente necessaria l’emanazione di un nuovo Regolamento attuativo, espressamente dedicato ai lavori pubblici, distinto da servizi e forniture, in cui recepire anche talune norme comunitarie.
L’adozione di un tale Regolamento, peraltro, era già stata prevista dall’attuale Codice degli appalti (art. 216, comma 27-octies), sulla falsariga della previgente disciplina. La sua mancata adozione ha costituito nel tempo un fattore di disorientamento per le stazioni appaltanti e di appesantimento della normativa primaria con norme di dettaglio.
Occorre quindi rendere cogente, già in sede di legge delega, la ridefinizione della disciplina secondaria mediante adozione di regolamenti attuativi distinti – uno per i lavori ed un altro per servizi e forniture – che tengano in considerazione le peculiarità delle diverse tipologie contrattuali.
Semplificare le procedure a monte
È fondamentale lo snellimento delle procedure di approvazione dei progetti delle opere pubbliche – che attualmente si basano su tre livelli successivi di progettazione ciascuno oggetto di un autonomo procedimento approvativo – rafforzando su ciascun livello la funzione di raccordo, semplificazione e coordinamento che lo strumento della conferenza di Servizi è chiamato a promuovere e tutelare.
Più in generale, occorre snellire la fase che precede la messa a gara dei lavori, dove si concentra il 70% dei ritardi, portando “a regime” i poteri connessi al modello “commissariale” utilizzato per i lavori della tratta ferroviaria NA-BA, che hanno dato ottimi risultati in termini di accelerazione di tale segmento procedurale
Divieto accorpamento artificioso dei lotti
Occorre evitare che il processo di concentrazione delle stazioni appaltanti produca un fenomeno di gigantismo della domanda. Pertanto, è necessario contemplare espressamente, in tale sede, il divieto di accorpamento artificioso dei lotti. In assenza di un’apposita previsione in tal senso, infatti, il rischio è che il valore dei lotti – prestazionali e funzionali – sia tale da non consentire la massima partecipazione degli operatori del mercato.
Revisione prezzi
La vicenda del caro materiali, su cui il Governo è dovuto intervenite in urgenza, pena il blocco generalizzato dei lavori, ha reso evidente la necessità di prevedere un meccanismo di revisionale “a regime”, attraverso il quale riconoscere alle imprese gli incrementi eccezionali intervenuti e ricondurre i rapporti negoziali nel perimetro dell’equilibrio sinallagmatico.
La revisione dei prezzi durante l’esecuzione del contratto, infatti, è uno strumento necessario per mantenere costante l’equilibrio sinallagmatico tra i contraenti, talché non può essere rimessa alla sola scelta unilaterale delle stazioni appaltanti, ma dovrebbe essere resa obbligatoria, in presenza di condizioni obiettive.
Tutela MPMI
Occorre partire da un dato di fatto: oltre il 95% delle imprese italiane ha un numero di addetti ricompreso tra 1 e 9, ossia, quindi, la quasi totalità del mercato è composto di MPMI.
Occorrere pertanto prevedere un principio di delega espressamente dedicato alla tutela delle MPMI, al fine di garantire loro l’effettiva possibilità di partecipazione alle gare.
Al fine di garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro, piccole e medie imprese alle gare, occorrerebbe prevede in tale sede l’obbligo per la PA di suddividere gli appalti in lotti anche su base quantitativa, in caso di affidamento di opere cd “a rete” e lavori di manutenzione, di importo più rilevante (sopra-soglia).
Potenziare gli strumenti di ADR
Il contenzioso, sia in fase di gara che in quella esecutiva, rappresenta una delle criticità generale del sistema di realizzazione dei lavori pubblici. E’ importante potenziare gli strumenti di tutela alternativi al contenzioso giudiziario, nell’ottica di risolvere in tempo utile eventuali contenziosi che dovessero originarsi in sede di esecuzione dei lavori.
In questo contesto, l’istituto del Collegio Consultivo Tecnico rappresenta una delle più importanti novità introdotte da ultimo, per addivenire in tempi rapidi al superamento delle controversie che possono sorgere in corso d’esecuzione, e cosi giungere celermente alla realizzazione delle opere.
In allegato il documento consegnato agli della Commissione con il dettaglio delle osservazioni e proposte ANCE.
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