L’INL, con l’allegata circolare n. 2 del 19 ottobre 2021, ha fornito chiarimenti operativi in merito alle modifiche intervenute in materia di distacco transnazionale dei lavoratori con il recepimento, da parte del d.lgs n. 122/2020, della Direttiva 2018/957/UE (cfr. comunicazione Ance del 17 settembre 2020).
In particolare, l’INL rileva che le modifiche hanno interessato la disciplina del doppio distacco (o distacchi a catena) di lavoratori somministrati, nonché le tutele per i lavoratori distaccati, anche di lunga durata.
Nello specifico, la normativa prevede che:
I lavoratori sono prima somministrati da una agenzia ad una impresa utilizzatrice, avente sede nel medesimo o in un altro Stato membro, e sono poi inviati a rendere la prestazione lavorativa presso un’impresa destinataria con sede in un ulteriore Stato membro.
Distacco in ingresso[1]: i lavoratori sono distaccati da una agenzia di somministrazione ad una impresa utilizzatrice aventi sede in uno stesso Stato membro o in Stati membri diversi, in ogni caso differenti dall’Italia. I lavoratori sono poi inviati in Italia in virtù di un rapporto commerciale intercorrente tra l’impresa utilizzatrice straniera e una impresa destinataria della prestazione di servizi avente sede in Italia.
Distacco in uscita[2]: il distacco dei lavoratori in Italia avviene in esecuzione di una prestazione di servizi tra l’agenzia di somministrazione distaccante con sede in uno Stato membro diverso dall’Italia e un’impresa utilizzatrice avente sede in Italia. L’impresa utilizzatrice italiana invia, in un virtù di un rapporto commerciale, i lavoratori distaccati presso un’altra impresa avente sede in un altro Stato membro.
In entrambe le ipotesi il rapporto tra l’impresa utilizzatrice e l’impresa destinataria non può consistere a sua volta in una somministrazione di lavoratori, in virtù del divieto di doppia somministrazione.
Obbligo di informare l’agenzia del lavoro straniera da cui dipendono i lavoratori distaccati, sia in caso di somministrazione transnazionale “bilaterale” che in caso di c.d. distacco a catena in entrata, sulle condizioni di lavoro e di occupazione da applicare, stante la previsione per cui “per tutta la durata della missione presso l’utilizzatore, i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore”[3]. Per l’intera durata della prestazione di servizi e fino a due anni dalla sua cessazione l’impresa italiana è tenuta a conservare copia dell’informativa tradotta in lingua italiana e della relativa trasmissione per l’esibizione agli organi di vigilanza. La mancata esibizione agli organi di vigilanza della copia della suddetta informativa e della relativa trasmissione espone l’impresa italiana alla sanzione amministrativa da un minimo di 500 euro a un massimo di 1.500 euro.
L’Istituto sottolinea che al lavoratore straniero distaccato in Italia devono essere garantite, “le medesime condizioni di lavoro e di occupazione previste (…) per lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco”[4]. Tali condizioni sono quelle “disciplinate da disposizioni normative e dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 81 del 2015, con esclusione dei contratti aziendali”[5].
La retribuzione prevista dai contratti collettivi a cui bisogna fare riferimento è quella rispondente ai principi di proporzionalità e sufficienza di cui all’art. 36 Cost. Rientrano in tale definizione gli elementi della retribuzione previsti dal contratto collettivo nazionale e territoriale del settore di riferimento aventi carattere fisso e continuativo. Inoltre, l’art. 4 al nuovo comma 1-bis, specifica che devono essere considerate parte della retribuzione le indennità riconosciute al lavoratore per il distacco che non siano versate a titolo di rimborso delle spese sostenute[6].
Nell’ipotesi del c.d. distacco “di lunga durata”, cioè nel caso di lavoratori distaccati per oltre 12 mesi sul territorio italiano (oppure oltre 18 mesi in caso di notifica motivata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali) la nuova disciplina assicura la parità di trattamento rispetto a “tutte le condizioni di lavoro e occupazione (…) stabilite [anche] dai contratti collettivi”[7]. Anche in questo caso, il rinvio è ai “contratti collettivi nazionali e territoriali stipulati da organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
Infine, l’INL evidenzia che la normativa introduce alcune nuove previsioni in materia di trattamento dei lavoratori. In particolare, per ciò che riguarda le condizioni alloggio, spese e congedi, nonché i termini di durata del distacco.
[1] Ai sensi dell’art. 1, comma 2-bis primo periodo, deve essere comunicato dall’agenzia di somministrazione straniera entro le ore ventiquattro del giorno antecedente l’invio mediante l’utilizzo del Modello UNI – Distacco UE disponibile sulla piattaforma dedicata.
[2] La disciplina del distacco in uscita soggiace alla normativa del paese in cui la prestazione lavorativa viene resa. È, in ogni caso, fatto salvo l’obbligo informativo ex art. 10-bis comma 2 nei confronti dell’agenzia di somministrazione posto a carico dell’impresa utilizzatrice con sede in Italia.
[3] Art. 4, comma 3, che a sua volta richiama l’art. 35, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015.
[4] Art. 4, comma 1.
[5] Art. 2, comma 1 lett. e).
[6] Laddove la normativa del Paese di stabilimento dell’impresa distaccante non distingua tra le somme erogate a titolo di indennità di distacco e quelle a titolo di rimborso spese, tutte le somme saranno considerate corrisposte a titolo di rimborso e come tali non verranno valutate ai fini della comparazione con il trattamento retributivo interno.
[7] Art. 3, par. 1-bis Direttiva n. 96/71.
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