Si è svolta il 28 febbraio l’audizione dell’ANCE, in videoconferenza, presso la Commissione Finanze della Camera sul DL 11/2023 recante misure urgenti in materia di cessione dei crediti di cui all’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.
Il Vice Presidente ANCE Edilizia e Territorio, Ing. Stefano Betti, ha espresso, in apertura, forte preoccupazione per la situazione esplosiva venutasi a creare dopo l’approvazione del decreto-legge sulla cessione dei crediti perché il decreto non risolve in nessun modo il problema dei crediti incagliati legati ai bonus edilizi.
Si tratta di circa 19 miliardi di euro (da stima del Governo), già maturati, che se non pagati mettono a rischio 115.000 cantieri di ristrutturazione delle case delle famiglie italiane in corso in tutta Italia, oltre 32.000 imprese e 170.000 lavoratori, che raddoppiano se si considera l’indotto.
Dopo un 2022 in cui la crescita dell’economia italiana, grazie al traino del settore delle costruzioni, è stata superiore a quella della Cina (+3,9% contro +3,0%), il decreto infligge un duro colpo all’economia nazionale. Secondo le stime dell’Ance, infatti, l’effetto complessivo del decreto porterà il Paese in recessione, andando oltre l’annullamento della lieve crescita prevista nelle ultime stime della Commissione UE (+0,8%).
Il blocco del mercato della cessione dei crediti fiscali sta infatti creando una vera e propria crisi sistemica nell’economia italiana: l’impossibilità di cedere sul mercato i bonus determina una carenza di liquidità nelle imprese di costruzioni che le porterà, a brevissimo, al fallimento. Le stesse imprese che sono chiamate a realizzare i lavori del PNRR.
Gli effetti si estenderanno a tutti i settori collegati, ai fornitori, ai professionisti coinvolti, alle banche. Ma colpirà anche le famiglie, i beneficiari degli interventi, con il rischio di decine di migliaia di contenziosi. Rischio che già si sta concretizzando in tutto il Paese.
Appare quindi indispensabile introdurre soluzioni certe e di immediata attuazione per lo sblocco totale dei crediti pregressi.
Per riuscirci, l’unica soluzione efficace è utilizzare gli F24 a compensazione dei crediti maturati, come Ance e Abi hanno proposto da tempo, una misura resa ora possibile anche dalle recenti indicazioni di Eurostat. Occorre inoltre dare immediatamente un segnale forte di fiducia, attivando il circuito degli acquisti da parte delle istituzioni e aziende statali.
Qualsiasi altra soluzione parziale, come l’intervento sulla responsabilità solidale contenuto nel decreto-legge, non risolve il problema in quanto non interviene sul problema principale, quello di individuare i soggetti che possono monetizzare crediti pregressi.
In particolare, non si può pensare di sbloccare una situazione così incancrenita, dopo mesi di cambi di normativa – solo sul Superbonus, 22 in poco più di 1.000 giorni vale a dire una modifica ogni 45 giorni – e di stop and go, con un mero invito alle banche a comprare.
Serve una decisione veloce da parte di Governo e Parlamento per approvare misure risolutive. Serve la stessa determinazione e rapidità di azione che ha animato l’Esecutivo nel varare un decreto che, per tempi di approvazione e entrata in vigore, ha battuto anche il leggendario decreto sul prelievo sui conti correnti del ’92.
Per favorire infine il completamento dei lavori già avviati ed evitare di creare ingenti danni a famiglie ed imprese, una volta attivate le misure sopracitate, occorre migliorare la disciplina transitoria prevista dal decreto approvato dal Governo.
Il Vicepresidente ha quindi delineato le priorità ANCE nell’ambito dell’iter di conversione del provvedimento d’urgenza:
Priorità n°1 – Sbloccare i crediti pregressi
La proposta prevede di riconoscere, in via straordinaria e temporanea, la possibilità per le banche e Poste SpA di compensare le somme relative agli F24 della clientela con i crediti di imposta originatisi a seguito del sostenimento, nelle annualità 2021 e 2022, delle spese per gli interventi agevolati con i bonus edilizi, che imprese e contribuenti non sono riusciti ancora a cedere. A tutela dei contratti in corso, lo stesso meccanismo di compensazione dovrebbe essere previsto anche per i crediti d’imposta relativi ad interventi già avviati alla data del 17 febbraio 2023, secondo i criteri individuati dal DL 11/2023.
In una situazione di mercato così complessa e ingessata, almeno fino all’inserimento della misura degli F24 nella legge di conversione del decreto 11/2023, appare assolutamente indispensabile il coinvolgimento immediato delle istituzioni e aziende statali (CDP, RFI, ENEL, ENI, SNAM, Fincantieri, ecc.) sul mercato dei crediti fiscali come soggetti acquirenti.
Queste aziende possono rivestire un ruolo importante nel processo di alleggerimento dei plafond fiscali degli istituti bancari. L’attività di acquisto di questi crediti ha un rischio estremamente contenuto perché tutti i bonus fiscali hanno superato gli accurati controlli previsti dalla due diligence delle piattaforme specializzate incaricate dalle banche.
Priorità n° 2 – Migliorare la disciplina transitoria
Le condizioni previste dal decreto-legge per salvaguardare le iniziative in essere e consentire, per queste iniziative, di continuare ad utilizzare cessione e sconto in fattura appaiono riduttive rispetto alle specificità e alle complessità delle situazioni che esistono nei cantieri italiani.
È quindi necessario migliorare il contenuto della disciplina transitoria per tener conto di tutte le fattispecie:
Per le operazioni di demolizione ricostruzioni o di ristrutturazione integrale di edifici, il riferimento alla registrazione del preliminare, contenuto nella norma attuale, appare fortemente limitativo, tenuto conto che il preliminare costituisce la fase finale di progetti complessi di recupero edilizio di interi fabbricati, caratterizzati da una tempistica di esecuzione molto estesa, nella quale il potenziale acquirente è coinvolto fin dalle prime fasi, quindi molto in anticipo rispetto alla stipula del “compromesso”.
La possibilità di utilizzare la cessione del credito o lo sconto in fattura dovrebbe quindi essere previsto per tutte le operazioni per le quali, al 16 febbraio 2023, risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo relativo agli interventi di demolizione e ricostruzione o agli interventi di integrale ristrutturazione effettuati da imprese.
La ricostruzione dei territori colpiti da eventi sismici verificatesi dopo il 1° aprile 2009 – in primis L’Aquila nel 2009 e il Centro Italia nel 2016 – e gli interventi su immobili utilizzati dalle ONLUS, OdV o APS operanti nel settore sanitario sono due priorità già chiaramente individuate dal legislatore. Per entrambe le fattispecie, infatti, il Superbonus è previsto fino al 2025.
È indispensabile prevede per questi interventi anche la possibilità di utilizzare il meccanismo della cessione del credito d’imposta o dello sconto in fattura, altrimenti si fermeranno i cantieri.
Questo è vero in particolare per la ricostruzione post sisma che rischia altrimenti di subire una durissima, e socialmente inaccettabile, battuta d’arresto.
Anche per gli IACP opera il divieto di cessione del credito d’imposta e dello sconto in fattura, salvo che, al 16 febbraio 2023, sia stata già presentata la CILAS e, nell’ipotesi di intervento su edificio condominiale, sia stata anche adottata la delibera assembleare.
Ciò rende di fatto del tutto vana la possibilità di tali istituti di fruire di dette agevolazioni, che si era invece ritenuta necessaria per garantire l’attuazione di un programma di miglioramento dell’efficienza e della sicurezza del patrimonio edilizio residenziale pubblico;
Rispetto alla norma attuale, è necessario tutelare il progetto complessivo e quindi gli ulteriori interventi agevolabili che riguardano il medesimo edificio per i quali la presentazione di ulteriori CILA o di altro titolo abilitativo ovvero, l’avvio dei lavori, se trattasi di attività edilizia libera, avvenga successivamente all’entrata in vigore del decreto.
E’ necessario salvaguardare la possibilità di avvalersi delle opzioni di cessione e sconto fattura in tutte quelle ipotesi in cui successivamente alla presentazione della prima richiesta di titolo edilizio, e dopo l’entrata in vigore del DL 11/2023, sia necessario presentare nuove pratiche edilizie al fine di eseguire sul medesimo immobile gli ulteriori interventi, anche in variante al progetto, che risultino comunque correlati alla realizzazione dell’intervento complessivo e siano funzionali ai fini della fruizione dei bonus.
Nel caso dei bonus minori, la norma attuale rischia di escludere dalla deroga del blocco numerosi interventi. Si pensi, infatti, a quegli interventi in “edilizia libera” per i quali non sia possibile individuare una precisa data di inizio lavori, poiché trattasi di lavori spesso eseguiti in una giornata e che s’intendono “avviati” già al momento della conclusione dell’ordine d’acquisto dei materiali necessari (a titolo di esempio, si pensi alla sostituzione della caldaia o degli infissi).
Per questi interventi, si prevede di estendere la deroga agli interventi per i quali, alla data del 16 febbraio 2023, sia stato concluso l’ordine d’acquisto dei beni impiegati nei medesimi interventi agevolati.
Il decreto-legge interviene anche sul blocco della cessione del credito e dello sconto in fattura per tutti i cantieri di ristrutturazione ancora non avviati alla data del 17 febbraio.
Sul futuro della politica di riqualificazione degli edifici, dopo la risoluzione del blocco dei crediti pregressi, è necessario aprire al più presto un confronto per definire gli strumenti fiscali e finanziari idonei a raggiungere gli obiettivi ambiziosi di decarbonizzazione degli edifici.
Con l’eliminazione della possibilità di cessione dei crediti maturati per i nuovi interventi, infatti, il decreto pone un evidente ostacolo all’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare italiano.
Il rischio concreto è quello di tornare a numeri insignificanti in termini di realizzazione di interventi su interi edifici – 2.900 all’anno, mediamente, nel triennio 2018-2020 – mentre la nuova proposta di direttiva europea sulla prestazione Energetica in Edilizia (EPBD) richiede un ritmo di intervento pari ad almeno 180.000 edifici all’anno. Un numero in linea con quanto realizzato, in media, negli anni 2021 e 2022 con la possibilità di cedere i crediti maturati.
Se dovessimo tornare ai ritmi del triennio 2018-2020, la decarbonizzazione del patrimonio edilizio, fissata per il 2050, sarebbe completata in un orizzonte di 3.800 anni. Alla luce della Direttiva, anche solo il primo step, fissato sul 15% degli edifici, non sarebbe raggiungibile prima di 630 anni.
È quindi fondamentale, per il futuro della politica di riqualificazione degli edifici, poter prevedere, in modo selettivo e in funzione degli spazi di finanza pubblica disponibili, la possibilità di fare cessioni per alcune tipologie di soggetti (in particolare gli incapienti) e/o di interventi.
Per il dettaglio delle valutazioni e proposte ANCE si veda il documento allegato consegnato agli atti della Commissione.
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