Lo scorso 3 giugno è entrato in vigore il Decreto del Ministro dell`ambiente 5 aprile 2006, n. 186 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 115 del 19 maggio 2006), con cui sono state apportate modifiche al D.M. 5 febbraio 1998, in materia di procedure semplificate di recupero dei rifiuti non pericolosi di cui agli articoli 31 e 33 del D.Lgs. 22/1997.
Il Decreto 186/2006, emanato a conclusione di un iter avviato sin dall`inizio del 2005, si è reso necessario per adeguare la normativa sul recupero semplificato dei rifiuti non pericolosi alla sentenza 7 ottobre 2004 della Corte di giustizia europea, che aveva censurato il D.M. 5 febbraio 1998, nella parte in cui non prevedeva, per ciascuna tipologia di rifiuto, le quantità annue massime da recuperare.
Come noto, successivamente ai rilievi comunitari, il Ministero dell`ambiente, in collaborazione con l`APAT, aveva avviato una consultazione pubblica degli operatori del settore del recupero per raccogliere informazioni sulle quantità annue recuperabili per ciascuna categoria di rifiuti, le cui risultanze sono state prese come base nella predisposizione del presente provvedimento.
L`ANCE durante la procedura di formazione del Decreto ha evidenziato più volte nelle sedi competenti le proprie perplessità in relazione, da un lato, alle modalità e alla tempistica con cui sono stati raccolti i dati oggi utilizzati per l`individuazione delle quantità massime e, dall`altro, alla nuova impostazione data al provvedimento.
Il Decreto, infatti, oltre ad individuare le quantità massime recuperabili, apporta anche alcune rilevanti modifiche al testo del D.M. 5 febbraio 1998, in tema, tra l`altro, di campionamento ed analisi dei rifiuti.
Peraltro, il Decreto con l`Allegato 5 individua una serie di criteri tecnici innovativi e, nello stesso tempo, restrittivi per la messa in riserva dei rifiuti.
Prima di analizzare i singoli argomenti, si evidenzia che il richiamo agli articoli 31 e 33 del D.Lgs. 22/1997, considerata la loro abrogazione da parte dell`art. 264 del Codice dell`ambiente (D.Lgs. 152/2006), deve intendersi riferito agli articoli 214 e seguenti di quest`ultimo.
Quantità recuperabili
La problematica, che è stata il presupposto per la definizione delle modifiche al Decreto, viene affrontata nell`Allegato 4 e nell`art. 7.
L`Allegato 4, di nuova introduzione, in adempimento alla sentenza UE, individua per ciascuna attività industriale, le quantità massime di rifiuti non pericolosi che ogni anno possono essere recuperate.
Da ciò deriva che vi sono tipologie di rifiuti (ad esempio, macerie derivanti da attività di demolizione e costruzione, fresato dell`asfalto, pietrisco tolto d`opera, ecc.) il cui riutilizzo è consentito in più settori industriali (ad esempio, industria delle costruzioni, industria dei laterizi, industria ceramica, produzione di manufatti e prodotti per l`edilizia, produzione di conglomerati bituminosi, cementifici, utilizzo per recuperi ambientali, formazione di rilevati e sottofondi stradali, ecc.) con quantitativi diversi (ad esempio, il pietrisco tolto d`opera può essere recuperato nel settore della produzione di conglomerati cementizi in quantità non superiore alle 5.000 tonnellate/anno, mentre, nell`utilizzo per recuperi ambientali, la quantità recuperabile non può essere superiore a 2.500 tonnellate/anno).
In ogni caso, fermi restando i limiti previsti dall`Allegato 4, la quantità di rifiuti da recuperare in procedura semplificata non deve eccedere la capacità dell`impianto autorizzata in sede di costruzione dello stesso ovvero, qualora la capacità non sia stata indicata nell`autorizzazione, la potenzialità dell`impianto (art. 7, comma 2).
Nelle comunicazioni di inizio attività – che, in base agli artt. 212, comma 25 e 216 del Codice dell`ambiente, sono ora presentate non più alla provincia, ma alla sezione regionale dell`Albo gestori ambientali (ex Albo gestori rifiuti) per l`iscrizione nell`apposito registro – dovranno pertanto essere indicate le quantità annue di rifiuti avviati al recupero.
Per incentivare il recupero di rifiuti, l`art. 7 stabilisce che le quantità massime stabilite dall`Allegato 4 possano essere aggiornate annualmente (comma 4). Del resto, il comma 2 dell`art. 214 del Codice dell`ambiente, come in precedenza l`art. 31 del D.Lgs. 22/1997, prevede espressamente l`aggiornamento delle norme tecniche e delle condizioni per il recupero semplificato.
In questo modo sarà possibile anche far fronte a situazioni di mercato che in futuro potranno comportare variazioni nella gestione dei rifiuti, incrementando la produzione di determinate tipologie di rifiuti e, conseguentemente, il loro reimpiego (ad esempio, l`avvio di processi di riqualificazione urbana di vaste aree dismesse ex industriali porterà alla disponibilità, per un periodo determinato, di grandi quantità di materiali da demolizione, certamente superiori rispetto a quelle fissate nell`Allegato 4).
Messa in riserva
è stata rivista la disciplina della messa in riserva (R 13, Parte IV, Allegato C, D.Lgs. 152/06), che consiste nello stoccaggio dei rifiuti prima di avviarli alle operazioni di recupero vero e proprio.
L`art. 6, integralmente sostituito, detta prescrizioni circa le quantità annue di rifiuti che possono essere messe in riserva e che variano a seconda della diversa tipologia di impianti presso cui lo stoccaggio è effettuato, vale a dire:
–impianto di produzione (cantiere)
–impianto che effettua unicamente attività di stoccaggio
–impianto di recupero.
Premesso che per l`individuazione di tali quantità massime occorre sempre fare riferimento all`Allegato 4, si possono verificare le seguenti fattispecie:
1.messa in riserva dei rifiuti presso l`impianto di produzione o l`impianto che effettua unicamente attività di stoccaggio: le quantità massime stoccate sono quelle di cui all`Allegato 4 indicate sotto la voce “messa in riserva”” (art. 6, comma 2);
2.messa in riserva dei rifiuti presso l`impianto di recupero: le quantità massime coincidono con quelle indicate nell`Allegato 4 per l`attività di recupero svolta nell`impianto stesso (art. 6, comma 3). Al fine di garantire un equilibrio fra rifiuti stoccati e potenzialità di recupero dell`impianto, si stabilisce che la quantità di rifiuti messa in riserva presso l`impianto di recupero non possa eccedere il 70% della quantità recuperabile in base all`Allegato 4.
Peraltro, la formulazione utilizzata dall`art. 6, commi 4-5-6 non è delle più chiare e potrebbe generare alcuni dubbi interpretativi che ci si augura possano essere definiti dal Ministero dell`ambiente.
I rifiuti devono comunque essere avviati al recupero entro un anno dalla data di ricezione (ovvero dalla data di produzione se la messa in riserva avviene già nell`impianto di produzione o nel cantiere).
Campionamento, analisi e test di cessione
Ai fini del campionamento dei rifiuti si deve fare riferimento ad un campione rappresentativo definito secondo le norme UNI 10802. Le analisi sui campioni sono effettuate secondo metodiche standardizzate o riconosciute valide a livello nazionale, comunitario ecc.
Il test di cessione, all`atto del riutilizzo del materiale dopo il processo di recupero si effettuerà secondo le indicazioni contenute nell`Allegato 3 del Decreto, che a sua volta, richiama l`Appendice A della norma UNI 10802.
Conferimento rifiuti
è opportuno sottolineare che per il conferimento dei rifiuti ad un impianto di trattamento che opera mediante l`autorizzazione in procedura semplificata (artt. 31-33 D.Lgs. 22/1997 – art. 214 D.Lgs. 152/2006) è ora necessario che il produttore del rifiuto (per il settore edile, il costruttore), ai sensi dell`art. 8, comma 4 del Decreto, effettui il campionamento e le analisi dei rifiuti stessi prima del loro conferimento all`impianto.
A tali fini, il produttore del rifiuto dovrà fare riferimento all`attività di recupero nella quale i rifiuti verranno riutilizzati.
Norme tecniche per gli impianti di messa in riserva e recupero
L`Allegato 5, anch`esso di nuova introduzione, contiene le norme tecniche che dovranno essere rispettate negli impianti per la messa in riserva (art. 6, comma 1) dei rifiuti non pericolosi.
In particolare, vengono dettate indicazioni circa:
–l`ubicazione degli impianti;
–le dotazioni minime di sistemi di sicurezza;
–l`organizzazione all`interno dell`impianto delle aree di stoccaggio dei rifiuti, che devono essere tenute distanti da quelle dove avviene il deposito delle materie prime ovvero il conferimento dei rifiuti;
–le tipologie di stoccaggio (in cumuli, in contenitori, serbatoi o vasche fuori terra);
–i criteri di gestione dei rifiuti messi in riserva.
Attività in corso
Le attività di recupero di rifiuti già autorizzate ai sensi degli articoli 31-33 del D.Lgs 22/1997 (“procedura semplificata””) alla data di entrata in vigore del decreto e, cioè, al 3 giugno 2006, dovranno essere adeguate, relativamente alla messa in riserva, alla nuova normativa tecnica prevista dall`Allegato 5 dello stesso decreto (art. 11, comma 4) entro il 3 dicembre 2006 (per il dettaglio dei requisiti vedi il paragrafo precedente).
Per altro, il Decreto sul punto potrebbe sembrare in contraddizione, poichè se, da un lato, consente di adeguarsi alle norme tecniche entro sei mesi, dall`altro, sempre all`art. 11, comma 4, prevede che l`esercizio delle attività di recupero continui ad essere consentito secondo le modalità stabilite nello stesso regolamento che sarebbero, quindi, quelle dell`Allegato 5. Se così fosse è evidente che tale disposizione renderebbe inutile il termine semestrale per l`adeguamento.
I soggetti che non sono in possesso dei requisiti per continuare ad usufruire della procedura semplificata dovranno presentare, entro il 3 luglio 2006, domanda di autorizzazione ai sensi dell`art. 28 del D.Lgs. 22/1997 o di iscrizione ai sensi dell`art. 30, comma 16, del D.Lgs 22/1997 (si tratta delle imprese che effettuano raccolta e trasporto di rifiuti). Considerata l`abrogazione del D.Lgs. 22/1997, effettuata dal D.Lgs 152/2006, il riferimento è ora quello agli articoli 208-212.
Ulteriori adempimenti tecnici
L`art. 11 bis del Decreto prevede che le attività di recupero in procedura semplificata adottino un piano di monitoraggio e controllo delle matrici ambientali, finalizzato a garantire che le operazioni avvengano senza recare pregiudizio all`uomo e all`ambiente.
I criteri a cui tali piani si dovranno conformare verranno individuati con un successivo decreto interministeriale.