Come può tutelarsi un appaltatore di un lavoro pubblico nel caso di un appalto a corpo, affidato sulla base di un progetto esecutivo, predisposto dalla committente, il cui computo metrico risulti, nel corso dei lavori, essere sensibilmente sottostimato rispetto alle quantità effettivamente occorrenti?
Pur con i margini di opinabilità che la delicata questione presenta, si ritiene che l`appaltatore possa tentare di far valere le sue ragioni, sulla base di alcune argomentazioni giuridiche.
Infatti, se è vero, che nell`appalto a corpo si prescinde dalle misurazioni, e quindi dalle quantità effettivamente occorrenti, è altrettanto vero che l`amministrazione ha l`obbligo di porre a base di gara un progetto correttamente studiato ed elaborato, e perciò immune da errori.
Per quanto in particolare concerne il computo metrico, questo costituisce parte integrante della progettazione, ai sensi degli articoli 44, 43 e 34 del D.P.R. n. 554/1999, e consiste nell`applicazione dei prezzi unitari alle quantità (ovviamente correttamente stimate e calcolate) delle lavorazioni occorrenti. D`altra parte, l`art. 71, comma 2 del medesimo regolamento generale, impone che il computo metrico, in quanto appunto parte integrante del progetto, sia dato in visione ai concorrenti, a prescindere dalla circostanza che si tratti di appalto a corpo o a misura.
Fatte tali premesse, va detto che l`appalto a corpo ha la funzione di prevedere un prezzo tale da compensare contenute variazioni di quantità tra quelle stimate all`atto della pattuizione e quelle riscontrate nel corso dei lavori e non variazioni quantitative assai rilevanti e quindi sostanziali. In altri termini, l`adozione del sistema dell`appalto a corpo non può costituire l`espediente per camuffare errori dell`amministrazione e vincolare indiscriminatamente l`appaltatore, che in sede di offerta abbia incolpevolmente fatto affidamento su un computo, che riteneva aderente alla realtà.
Ciò posto, dunque, in termini civilistici la questione si inquadra nell`errore, quale vizio della volontà, nel quale è stato indotto l`appaltatore e che lo legittima a richiedere l`annullamento del contratto ed il risarcimento del danno.
A seguito del diniego dell`amministrazione di sanare il proprio errore con il riconoscimento del maggiore importo corrispondente alle maggiori quantità, l`appaltatore dovrebbe rivolgersi al Tribunale competente per chiedere:
a. l`annullamento del contratto per errore;
b. il risarcimento del danno (verosimilmente corrispondente all`importo delle maggiori quantità), ai sensi dell`art. 1338 cod. civ.. Secondo tale disposizione, la parte (nella specie, l`amministrazione) che, dovendo conoscere, con la diligenza professionale necessaria, l`esistenza di una causa di invalidità, non ne ha dato notizia all`altra parte (nella specie, l`appaltatore) è tenuta a risarcirla del danno da essa subito, per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto. Nel caso concreto, il danno, salve ulteriori voci che eventualmente l`appaltatore potrà individuare, corrisponde all`importo delle maggiori quantità eseguite rispetto al computo metrico, in ragione del fatto che, qualora non vi fosse stato l`errore, l`appaltatore avrebbe assunto il contratto a condizioni diverse, comunque remunerative delle effettive quantità da eseguire.
La controversia dovrebbe, perciò, essere fondata sui seguenti punti:
1. dimostrazione dell`errore dell`amministrazione;
2. dimostrazione che l`entità dell`errore è notevole, e perciò tale che l`amministrazione, con la dovuta diligenza, avrebbe potuto evitare;
3. dimostrazione che l`impresa ha fatto affidamento sulla correttezza del progetto, senza sua colpa, visto che, per i brevi tempi fissati per la presentazione dell`offerta, non era in condizione di poterlo riconoscere (ciò anche perchè era indotta a fare affidamento sulla correttezza della progettazione, per effetto delle norme cogenti che vincolano in tal senso l`ente appaltante).
Evidentemente, nel corso del giudizio, l`impresa deve proseguire nell`esecuzione dei lavori, visto che l`annullamento del contratto è una pronuncia costitutiva e può aver luogo, perciò, soltanto a seguito di provvedimento giurisdizionale.
Prima di dar luogo all`azione giurisdizionale, che si prescrive in cinque anni dalla scoperta dell`errore, è ipotizzabile la formulazione di riserva negli atti contabili e l`attivazione del procedimento finalizzato all`accordo bonario, i cui tempi, e connessi pareri necessari, possono condurre l`amministrazione ad una più meditata riflessione, circa la fondatezza del diritto dell`impresa.