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Una sentenza sul contratto di lavoro a progetto

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Lavoro a progetto – Tribunale di Milano, 2 agosto 2006

18 Ottobre 2006
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Se il contratto a progetto non contiene un preciso e circostanziato programma di lavoro od obiettivo, si realizza una semplice messa a disposizione dell’attività lavorativa, che può essere utilizzata per soddisfare esigenze varie, mutevoli e indeterminate, con la conseguenza che viene a realizzarsi l’ipotesi prevista dall’ art. 69, comma 1, della legge Biagi. Pertanto, la collaborazione si considera avente natura subordinata a tempo indeterminato sin dall’ origine. E’ quanto affermato dal Tribunale di Milano, con la sentenza del 2 agosto 2006.

La fattispecie riguardava una collaboratrice a progetto, incaricata di effettuare interviste telefoniche, la quale ha chiesto al giudice del lavoro l’accertamento della natura subordinata del rapporto – per l’illegittimità del contratto – e il ripristino del rapporto di lavoro risolto contra legem.

Il Tribunale, accogliendo la domanda della ricorrente, non ha accertato le modalità con le quali era stata posta in essere la relativa prestazione, ritenendo sufficiente verificare documentalmente, dall’analisi del contratto in parola, l’irregolarità del progetto sottoscritto.

Di conseguenza, ha fornito una motivazione incentrata sul contenuto del progetto inserito nel contratto.

Nella sentenza si legge che per mancata individuazione del progetto si deve intendere sia la mancata indicazione formale dello stesso, sia la non configurabilità di un vero e proprio progetto. Nel caso di specie, nel contratto di collaborazione sottoscritto dalle parti, il progetto è definito come “monitoraggio delle opinioni, tendenze e grado di soddisfazione dei consumatori.”

Un tale progetto – secondo il Tribunale – non può ritenersi adeguatamente individuato, consistendo nella semplice descrizione del contenuto delle mansioni attribuite alla lavoratrice, senza alcun accenno all’obiettivo che si intende raggiungere ed alle attività ad esso prodromiche e funzionali al conseguimento del medesimo. Nel caso di specie, il preteso programma o progetto, invece di essere individuato come realizzazione di un preciso e circostanziato piano di lavoro o risultato, consisteva semplicemente nella mera messa a disposizione dell’attività lavorativa del collaboratore.

La sentenza di che trattasi offre molti spunti di approfondimento sulla questione della conversione del contratto a progetto illegittimo in contratto di lavoro di natura subordinata.

Sul punto, la legge Biagi disciplina due ipotesi: quella dei rapporti di collaborazione instaurata senza uno specifico progetto, programma o fase di esso (art. 69, comma 1) e l’altra dei rapporti di collaborazione che – pur instaurati con un regolare progetto – all’atto pratico e cioè in fase di esecuzione del contratto, vengano a configurare un rapporto di lavoro subordinato (art. 69, comma 2).

I primi contratti, per i quali la subordinazione è presunta salvo prova contraria, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla loro costituzione. I secondi, per i quali la subordinazione va dimostrata, si trasformano in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alle tipologie di fatto, realizzatesi, tra le parti. Ciò avviene, dal momento, anche successivo alla costituzione del rapporto, in cui si è configurata tale subordinazione.

La giurisprudenza che fino ad oggi ha cercato di delimitare i confini della conversione del contratto a progetto in rapporto di lavoro subordinato ex art. 69. comma 1, citato, ritiene che essa si verifichi unicamente nel caso in cui manchi del tutto un progetto, sia da un punto di vista formale (in quanto non è stato redatto alcun contratto), sia da un punto di vista sostanziale (nei casi in cui il collaboratore non è adibito ad alcuno specifico progetto).

In ogni caso, per giudicare sulla riqualificazione del rapporto di lavoro, tale giurisprudenza si è fondata anche su quanto riferito dai testimoni nel corso del processo.

Al contrario, la sentenza in esame, pur in presenza di un contratto a progetto e senza basarsi sui risultati della fase istruttoria del processo, ha ravvisato la fattispecie del più volte citato art. 69, comma 1, e cioè la mancata individuazione di uno specifico progetto e ha ritenuto tale collaborazione un rapporto di lavoro di natura subordinata. Si tratta, pertanto, di una interpretazione più restrittiva rispetto al richiamato orientamento giurisprudenziale in materia.

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