La fattispecie sottoposta al vaglio del giudice lombardo si riferiva ad una richiesta di riqualificazione, da parte del lavoratore, del contratto a progetto in un rapporto di lavoro subordinato, sulla base della affermata natura simulata del primo contratto.
La domanda del lavoratore non si fondava sulla insussistenza del progetto, ai sensi dell’art. 61, comma 1, D.lgs n. 276/03, essendo incontroversa la presenza di quest’ultimo tra le parti, bensì sulla divergenza tra il progetto, come astrattamente dedotto nel contratto, e la effettiva realizzazione in concreto dello stesso.
Il Tribunale – con la sentenza in oggetto – analizzando i singoli elementi del contratto realmente posti in essere, secondo i ben noti indici individuati dalla giurisprudenza per la distinzione tra lavoro subordinato e autonomo, è pervenuto alla conclusione di ritenere la reale natura autonoma del contratto in parola, in tal modo respingendo la domanda del lavoratore.
La decisione è stata dettata dalla considerazione che una deviazione delle modalità effettive del rapporto dal progetto originariamente pattuito non determina di per sé l’assenza dello stesso, che l’articolo 69 del citato decreto sanziona con la trasformazione del contratto in lavoro subordinato.
Nel caso di specie, poi, il collaboratore non aveva fornito la prova della cosiddetta eterodirezione, cioè dell’assoggettamento al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, per cui la trasformazione del rapporto era da ritenere esclusa anche ai sensi dell’articolo 69, comma 2, D.lgs n. 276.
Dalla pronuncia in commento, si ritiene possibile – unitamente alla migliore dottrina in materia – desumere una distinzione tra le diverse ipotesi previste dall’art. 69 più volte citato, nei primi 2 commi dello stesso.
Infatti, il primo comma ha una evidente finalità di tipo antielusivo, poiché opera una presunzione di lavoro subordinato e richiede soltanto che sia verificata l’assenza del progetto.
In tale ipotesi non appare necessaria – da parte del lavoratore – la prova della subordinazione, ritenendosi a contrario indispensabile la dimostrazione, da parte del datore di lavoro, dell’autonomia del rapporto, se si accoglie la tesi della dottrina e giurisprudenza maggioritaria circa la presunzione relativa della medesima. In caso di adesione alla tesi della presunzione assoluta, tale dimostrazione, per le considerazioni sopra esposte, non si rende nemmeno necessaria.
Viceversa, l’accertamento concreto della natura subordinata del rapporto, con una prova questa volta a carico del lavoratore, è certamente necessaria nel caso previsto dal comma secondo dell’art. 69, che ben si inquadra nella fattispecie esaminata dal giudice di Monza, ove si controverte sull’applicazione pratica, corretta o meno, di un progetto pacificamente sussistente.
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