Con la sentenza n. 401/2007 la Corte costituzionale pone finalmente un punto fermo nell`annosa questione dei rapporti tra competenza legislativa statale e competenza legislativa regionale relativamente alla disciplina dei lavori pubblici.
IL PROBLEMA
Come è noto, a seguito della riforma attuata con legge costituzionale n. 3 del 2001, l`art. 117 della Costituzione prevede, in termini generali, tre ambiti di competenza legislativa e cioè:
a)quella esclusiva dello Stato, in alcune materie espressamente elencate;
b)quella concorrente delle Regioni, nella quale, cioè, queste possono legiferare, ma nel rispetto dei principi fondamentali desumibili dalle leggi dello Stato;
c)quella esclusiva residuale delle Regioni, esercitabile da queste in tutte le materie non elencate negli ambiti sopra detti.
La nuova elencazione delle materie di competenza esclusiva dello Stato non ha ricompreso quella dei lavori pubblici, ingenerando in molte regioni il convincimento che esse, in tale materia, avessero potestà legislativa esclusiva.
L`Ance, nel corso di questi anni si è sempre opposta alla suddetta lettura del testo costituzionale, rilevando che un`interpretazione logica e soprattutto complessiva dell`art. 117 della Costituzione doveva necessariamente indurre a ritenere che molti aspetti della disciplina dei lavori pubblici rientrassero nella competenza esclusiva dello Stato, per la loro stretta connessione con le materie della “tutela della concorrenza”” e dell“`ordinamento civile””, entrambe elencate fra quelle rientranti nella legislazione statale.
Tale impostazione, ha trovato una prima conferma in una sentenza della Corte costituzionale (Corte cost. 23 settembre 2003, n. 303) che, seppure incidentalmente, si è espressa nel senso che i lavori pubblici non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell`oggetto al quale afferiscono, con la conseguenza che possono rientrare nella competenza legislativa esclusiva dello Stato ovvero in quella legislativa delle regioni.
L`impostazione sostenuta dall`Ance è stata pienamente recepita nell`art. 4 del Codice dei contratti pubblici approvato con D.Lgs. n. 163/2006, che ha attuato una corretta razionalizzazione e suddivisione di competenze legislative tra Stato e Regioni.
In particolare è stabilito che le Regioni non possono prevedere una disciplina diversa da quella del Codice, in materia di qualificazione e gare (selezione dei concorrenti, procedure, criteri di aggiudicazione), in materia di esecuzione dei contratti (compresi subappalto, direzione dei lavori, contabilità e collaudo) e in materia di contenzioso; ciò in quanto le procedure di affidamento vanno ricondotte alla nozione di “tutela della concorrenza””, i rapporti connessi all`esecuzione del contratto alla nozione di “ordinamento civile””, e la disciplina del contenzioso alla “giurisdizione””, materie tutte rientranti nell`ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell`art. 117, comma 2 della Costituzione (art. 4, comma 3).
Vengono fatte rientrare, invece, nella competenza concorrente delle Regioni (in base alla quale queste possono legiferare, ma nel rispetto dei principi fondamentali del Codice) le materie della programmazione, dell`approvazione dei progetti ai fini urbanistici ed espropriativi, dell`organizzazione amministrativa degli enti e dei soggetti preposti ai compiti e controlli inerenti la realizzazione delle opere, delle attribuzioni del responsabile del procedimento, della sicurezza del lavoro (art. 4, comma 2).
Infine, il comma 3 dell`art. 4 riconduce alla competenza residuale (e perciò esclusiva) delle Regioni tutti i profili di organizzazione amministrativa, inerenti il funzionamento dei soggetti pubblici preposti a tale materia, collegati ai predetti ambiti di competenza esclusiva statale.
Numerose regioni hanno impugnato davanti alla Corte costituzionale l`art. 4 del Codice, ritenendolo in contrasto con la ripartizione della competenza legislativa stabilita dall`art. 117 della Costituzione. Con la stessa motivazione sono stati impugnati l`art. 5, nella parte in cui prevede la vincolatività del regolamento di attuazione del Codice, nelle materie di competenza statale, per tutte le amministrazioni pubbliche, ed altri successivi articoli, ritenuti invasivi della competenza regionale.
LA SENTENZA N. 401/2007
La recente sentenza della Corte costituzionale si è espressa in maniera chiara sulla conformità all`art. 117 della Costituzione della ripartizione di competenze stabilita dall`art. 4 del Codice, rigettando sostanzialmente i ricorsi proposti dalle regioni.
1. La competenza esclusiva statale
In particolare, per ciò che riguarda il comma 3 dell`art. 4, la Corte ritiene corretta l`elencazione degli aspetti della disciplina dei contratti pubblici ivi indicati come rientranti nella competenza legislativa statale (ed in relazione ai quali, pertanto, le regioni non possono prevedere una disciplina diversa da quella contenuta nel Codice), per le seguenti ragioni.
a) Taluni di questi istituti afferiscono alla materia della “tutela della concorrenza””. La nozione di concorrenza, di derivazione comunitaria, include in sè sia interventi mirati a ridurre gli squilibri attraverso la creazione delle condizioni per la instaurazione di assetti concorrenziali (strumenti di liberalizzazione dei mercati), sia misure di garanzia del mantenimento di mercati già concorrenziali.
Sotto questo profilo vengono in considerazione tutti quegli aspetti della disciplina dei contratti nei quali si rende necessaria l`adozione di procedure e criteri uniformi, in modo da garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza.
Avendo riguardo a tale obiettivo, le procedure di qualificazione e selezione dei concorrenti, le procedure di affidamento, i criteri di aggiudicazione (ivi compresi quelli che devono presiedere all`attività di progettazione ed alla formazione dei piani di sicurezza), nonchè i poteri di vigilanza sul mercato degli appalti, rientrano nell`ambito della tutela della concorrenza.
b) Per altri aspetti della disciplina, invece, la competenza statale trova legittimazione nella connessione con la materia dell“`ordinamento civile””: si tratta delle fasi relative alla stipulazione ed esecuzione dei contratti, ivi comprese quelle della direzione dell`esecuzione e direzione lavori, contabilità e collaudo. Si tratta di aspetti che ineriscono a rapporti di natura privatistica (pur con elementi di specialità dovuti alla natura sostanzialmente pubblica di uno dei contraenti), in relazione ai quali sussiste l`esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire uniformità di trattamento, nell`intero territorio nazionale.
In questa categoria rientra anche il subappalto, istituto tipico del rapporto di appalto e come tale disciplinato dal codice civile.
c) Infine, rientra nella competenza esclusiva dello Stato, in relazione alle materie della giurisdizione e della giustizia amministrativa, il contenzioso cui pure fa riferimento il comma 3 dell`art. 4 in esame.
2. La competenza concorrente
Le Regioni hanno proposto impugnazione anche avverso il comma 2 dell`art. 4, che individua le materie oggetto di legislazione concorrente (nelle quali le regioni legiferano nel rispetto dei principi fissati dal codice), ritenendole, invece, oggetto di competenza regionale esclusiva.
La Corte rigetta anche tale impugnazione, ritenendo che talune delle materie elencate (programmazione, organizzazione amministrativa e compiti del responsabile del procedimento) non vanno intese unitariamente, nel loro complesso; la norma si riferisce, in vece, esclusivamente a quei procedimenti programmatori e quegli aspetti organizzativi preordinati all`esecuzione di opere che rientrano nella competenza ripartita Stato-Regioni, ai sensi dell`art. 117, comma 3 Cost. (porti e aeroporti, grandi reti di trasporto e di navigazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell`energia). Interpretata in questo senso la disposizione risulta costituzionalmente legittima.
Per quanto riguarda poi l`approvazione dei progetti ai fini urbanistici ed espropriativi, pure ricompresa nell`art. 4, comma 2 del codice, si tratta effettivamente di un`attività rientrante nella materia concorrente del “governo del territorio””.
3. La potestà regolamentare dello Stato
La Corte si esprime, poi, in favore della legittimità costituzionale anche della disposizione dell`art. 5 del codice, secondo cui lo Stato detta con regolamento la disciplina attuativa del codice stesso, applicabile, limitatamente alle materie di competenza statale, a tutte le amministrazioni.
Infatti, il comma 6 dell`art. 117 Cost. prevede la potestà regolamentare dello Stato nelle materie di propria legislazione esclusiva e ciò vale anche per le materie di tipo “trasversale”” come la tutela della concorrenza.
Peraltro, la Corte censura il comma 2 dell`art. 5, nella parte in cui fa riferimento alle province autonome, rendendo applicabile alle stesse, nei settori indicati dal comma 3, le disposizioni regolamentari. Ciò perchè nei confronti delle province autonome opera il meccanismo di cui all`art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, secondo il quale l`emanazione di norme statali non determina una diretta abrogazione delle leggi provinciali preesistenti, ma solo un obbligo di adeguamento.
A maggior ragione, dunque, una norma di rango regolamentare non può incidere direttamente sulla normativa provinciale.
La disposizione viene pertanto dichiarata illegittima, limitatamente al riferimento alle province autonome.
4. Ulteriori disposizioni impugnate
Come precedentemente ricordato, sono state impugnate numerose altre disposizioni del codice, relative a specifici istituti, nel presupposto che esse invadano la competenza regionale, sotto il profilo di un`indebita ingerenza nella materia dell`organizzazione amministrativa.
La maggior parte di tali censure sono state respinte. In alcuni casi perchè le disposizioni incidono direttamente sulle modalità di scelta del contraente e, dunque, l`uniformità di disciplina è garanzia della parità di trattamento (è questo il caso dell`art. 48, sulla verifica a campione dei requisiti dichiarati dai concorrenti; dell`art. 75, comma 1 sulla cauzione provvisoria; dell`art. 88 sulla verifica ed esclusione delle offerte anomale). Altre disposizioni impugnate sono state ritenute legittime, in quanto attinenti alla materia dell`ordinamento civile (art. 113 in tema di cauzione definitiva) ovvero al sistema del contenzioso rientrante nell`ambito della competenza legislativa esclusiva statale (art. 204 sull`accordo bonario).
Due sole questioni sono state ritenute fondate:
a) i commi 2, 3, 8 e 9 dell`art. 84 dettano norme sulle funzioni, sulla composizione, e sulle modalità di nomina dei componenti della commissione giudicatrice nell`ipotesi di aggiudicazione con il criterio dell`offerta economicamente più vantaggiosa. Tali disposizioni non attengono alla “tutela della concorrenza”” in quanto non incidono direttamente sui criteri e modalità di scelta dei contraenti. Attengono, invece, specificamente alla organizzazione amministrativa e, dunque, rientrano nella legislazione esclusiva regionale. Devono, pertanto, essere dichiarati incostituzionali, nella parte in cui non prevedono il proprio carattere suppletivo e cedevole rispetto ad una divergenza normativa regionale antecedente o successiva;
b) il comma 2 dell`art. 98 stabilisce che l`approvazione dei progetti definitivi da parte del consiglio comunale costituisce variante urbanistica a tutti gli effetti: la disposizione afferisce al “governo del territorio””, materia rientrante nella competenza ripartita Stato-Regioni. In tale ambito, pertanto, lo Stato ha solo il potere di fissare i principi, mentre la norma in esame ha contenuto precettivo puntuale e non lascia alcuno spazio alla normativa regionale: è perciò costituzionalmente illegittima.
5. Gli appalti sotto soglia
Vale la pena di sottolineare che la sentenza della Corte costituzionale chiarisce definitivamente un equivoco in cui sono spesso incorse le Regioni e cioè che le disposizioni relative agli appalti sotto soglia comunitaria non afferirebbero alla materia della “tutela della concorrenza””. E ciò per la rilevanza economica assai modesta dei contratti stessi.
La Corte ricorda come la nozione di concorrenza sia di derivazione comunitaria ed in proposito la Corte di giustizia CE e la stessa direttiva n. 2004/18 (al secondo considerando) prescrivono che, pur in presenza di un appalto sotto soglia, siano rispettati i principi del Trattato in tema di parità di trattamento, trasparenza e pubblicità al fine di garantire l`assetto concorrenziale del mercato.
Da ciò consegue che il valore economico dell`appalto non è elemento discriminante ai fini della connessione della relativa disciplina con la materia della concorrenza e, quindi, della legittimazione statale.
CONCLUSIONI E PROSPETTIVE
Come si è visto la sentenza della Corte costituzionale conferma sostanzialmente tutto l`impianto del Codice dei contratti pubblici, lasciando uno scarso margine di intervento alla normativa regionale.
L`ANCE esprime soddisfazione non soltanto sotto il profilo della condivisione giuridica di questa importante sentenza, ma anche sotto il profilo dei suoi effetti sul piano pragmatico. Infatti, il settore degli appalti pubblici è quello a più alto tasso di mobilità nel contesto della nostra economia, visto che anche imprese di modeste dimensioni concorrono ad appalti su tutto il territorio nazionale, per cui una decisione che avesse sancito la legittimità di una frammentazione di discipline a seconda della Regione in cui si opera avrebbe inciso negativamente sulla possibilità di sviluppo dell`imprenditoria edile.
Si pone ora il problema dei rapporti tra il Codice dei contratti pubblici e le numerose leggi regionali che disciplinano la materia in modo difforme da esso.
La questione è facilmente risolvibile per le leggi regionali emanate antecedentemente all`entrata in vigore del codice: in questo caso la disciplina difforme da quella statale si deve ritenere implicitamente abrogata in forza del principio della successione delle leggi nel tempo. In tal senso si è espresso il Tar per la Puglia in una controversia avente ad oggetto una disposizione della legge regionale pugliese n. 13/2001 che regola la partecipazione alle gare di importo inferiore alla soglia comunitaria in maniera difforme dalla legge statale (Tar Puglia, II sez. 26 gennaio 2007, n. 1887).
Maggiormente complessa si presenta la questione delle leggi regionali che, successivamente all`entrata in vigore del Codice, hanno disciplinato le materie rientranti nella competenza legislativa statale in modo contrastante con le disposizioni del Codice.
Occorre precisare che molte di esse sono state impugnate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e pertanto formeranno oggetto di un nuovo giudizio della Corte costituzionale che, presumibilmente, condurrà all`annullamento delle disposizioni invasive della competenza statale. Fino ad allora, però, le leggi continuano a sussistere nell`ordinamento.
Tuttavia, ad avviso dell`Ance, la pronuncia sulla legittimità costituzionale della ripartizione di competenze attuata dall`art. 4 del Codice, non può non produrre l`inapplicabilità delle disposizioni di leggi regionali che, nelle materie di competenza legislativa statale indicate nell`art. 4, siano contrastanti con le corrispondenti disposizioni del codice: infatti le amministrazioni che sarebbero astrattamente tenute ad applicare le norme regionali, non potranno non tener conto del “principio di competenza”” accertato dalla Corte costituzionale, che opera in favore della legge statale e dovranno, pertanto, applicare quest`ultima.
è da augurarsi che alla stessa conclusione pervenga anche l`autorità giurisdizionale, ove dovesse essere chiamata a giudicare un caso concreto, comportante l`applicabilità della legge statale anzichè di quella regionale, decidendo per la disapplicazione, in via interpretativa, di quest`ultima, senza necessità di ricorrere nuovamente alla Corte costituzionale.
4445-Sent. n. 401 2007.pdfApri