Il Consiglio dei Ministri ha approvato venerdì scorso lo schema di decreto legislativo che modifica ed integra il D. Lgs. n. 81/08, che dovrà pertanto seguire tutto l’iter procedurale previsto. Lo schema apporta sostanziali modifiche al citato decreto n. 81, come noto entrato in vigore il 15 maggio u.s.. Si rappresentano qui di seguito le principali osservazioni in merito alle novità che interessano il Titolo I ed il Titolo IV elaborate sulla base del testo entrato in Consiglio dei Ministri.
Un primo riscontro consente di apprezzare l’intervento del legislatore volto a modificare l’apparato sanzionatorio, prevedendo una consistente riduzione delle sanzioni amministrative e penali, attualmente in vigore, che vengono in gran parte dimezzate.
Tra le novità senz’altro apprezzabili nel senso della semplificazione, si evidenzia che la disposizione concernente la data certa del documento di valutazione dei rischi, in virtù del carattere dinamico dello stesso, è stata integrata dalla previsione che consente alle imprese di rendere operativo il documento anche mediante la sottoscrizione per presa visione del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (ferma restando la sua partecipazione attiva alla valutazione dei rischi) e del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza aziendale o territoriale, secondo le procedure che dovranno essere definite dalle parti sociali.
E’ stata poi inserita la previsione di condizionare la valutazione del rischio stress lavoro correlato alle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva. Questa disposizione, in pratica, consentirà alle imprese di avere delle indicazioni operative in merito alle modalità di effettuazione della suddetta valutazione, il cui termine, in base allo schema di decreto, è stato fissato in 180 giorni dall’emanazione delle suddette indicazioni.
è da rilevare, comunque, che tale disposizione dovrà essere armonizzata con quanto previsto dal c.d. decreto “milleproroghe” che ha fissato al 16 maggio p.v. l’entrata in vigore dell’adempimento in parola.
Con analoga soddisfazione deve essere accolto il recepimento della proposta avanzata dall’ANCE che consente alle imprese di scegliere alternativamente di far svolgere la formazione del preposto presso l’impresa, oppure presso gli organismi paritetici di cui all’art. 51, ove presenti.
Si ritiene positiva, inoltre, la previsione che accoglie quanto più volte sostenuto dall’Ance e successivamente recepito dalla Direttiva Sacconi del 18 settembre scorso in ordine alla programmazione dell’attività di vigilanza che dovrà tener conto della presenza degli enti bilaterali, riservando prioritariamente una particolare attenzione alle situazioni che sono totalmente esenti da controllo o verifica preventiva.
Tra le principali novità, in riferimento al Titolo IV, si evidenziano le numerose modifiche che ha subito l’art. 90, anche a seguito delle criticità emerse dalla sentenza della Corte di Giustizia europea del luglio 2008, nonchè in riferimento alla semplificazione degli adempimenti burocratici per i piccoli lavori, introdotta dal comma 11, che legava lo snellimento al titolo abilitativo.
La previsione di legge novellata introduce un nuovo comma al fine di tener conto degli aspetti critici menzionati: infatti il comma 5 bis esonera il committente dall’obbligo di redazione del PSC (Piano di Sicurezza e Coordinamento) e dalla nomina del coordinatore in fase di progettazione nel caso di cantieri la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini giorno e in assenza dei rischi particolari di cui all’allegato XI. Rimane invece la nomina del coordinatore in fase di esecuzione che, oltre ai suoi compiti, deve in questi casi redigere il fascicolo di cui all’art. 91, comma 1, lettera b).
Al comma 5 bis sono legate tutte le modifiche che salvaguardano lo snellimento degli adempimenti formali riportati al comma 9 per i piccoli lavori, confermando comunque per tutti i soggetti coinvolti nell’appalto l’obbligo di presentare il DURC, salvo quanto previsto dall’art. 16 bis, comma 10, della legge n. 2 del 2009, relativo all’acquisizione d’ufficio del documento da parte delle stazioni appaltanti pubbliche.
Un’importante e positiva novità consiste nella modifica dell’art. 96, co. 2, in cui è stato inserito il concetto, più volte ribadito dall’Ance, che, in presenza del PSC e del POS (Piano Operativo di Sicurezza) non sussiste l’obbligo di stimare ed evidenziare i costi derivanti dalle interferenze poiché gli stessi sono già contenuti all’interno del PSC.
La modifica riportata all’art. 97 comma 1 – obblighi del datore di lavoro dell’impresa affidataria – in cui il legislatore ha sostituito il concetto di vigilanza sulla sicurezza dei lavori da parte dell’impresa affidataria con il concetto più generico di verifica delle condizioni di sicurezza, ha dei risvolti operativi importanti relativi al ruolo fondamentale della stessa impresa nella gestione della sicurezza dei lavori affidati.
Si segnala poi il coordinamento dell’art. 117 con l’articolo 83 e con l’allegato IX, che lascia discrezionalità al datore di lavoro nel caso di svolgimento di lavori in prossimità di parti attive (linee elettriche o impianti elettrici), consentendo comunque di far riferimento ai valori tabellati, riportati nell’allegato IX.
Suscitano invece molte perplessità gli interventi che hanno interessato il provvedimento sospensivo, che subisce importanti modifiche in ordine alle cause che determinano l’applicazione dello stesso e ai riflessi interdettivi che ne conseguono.
L’ampliamento della casistica dell’allegato I e la previsione che introduce, in sostituzione della reiterazione, le violazioni plurime, peggiorano il provvedimento per questa fattispecie.
Infatti, la contestuale realizzazione di almeno 3 gravi violazioni sulla base dei casi elencati nell’allegato I, riguarda in particolare ipotesi proprie dell’edilizia, in quanto destinatario principale del suddetto allegato è il comparto delle costruzioni.
Al riguardo, risulterà necessario, laddove tale versione restasse immutata, chiarire anche l’aspetto della contestualità delle tre gravi violazioni, evitando che interpretazioni sulla norma possano condurre alla conclusione che la suddetta contestualità non si riferisca ad un’unica impresa ma alla somma delle violazioni commesse da più imprese coinvolte nel medesimo appalto.
Più agevolativa, appare invece l’ulteriore previsione che, diversamente dalla reiterazione intesa come ripetizione di condotte illecite “gravi” nell’arco temporale dell’ultimo quinquennio, fissa in un biennio il termine perché si verifichi la ripetizione di una stessa grave violazione propedeutica alla sospensione.
Si evidenzia inoltre che, nonostante i numerosi solleciti in sede istituzionale, non è stata ancora definita la questione relativa al finanziamento del Fondo di cui all’art. 52. Si tratta in particolare di dare certezza ad una previsione che necessariamente deve escludere dalla partecipazione al Fondo tutte quelle realtà imprenditoriali in cui siano presenti forme di rappresentanza per la sicurezza dei lavoratori, sia aziendale che territoriale.
Occorre poi approfondire ulteriormente la previsione che introduce la certificazione dei modelli di organizzazione e gestione della salute e della sicurezza sul lavoro da parte delle Università e degli enti bilaterali, richiamati dall’art. 76, comma 1, lettere a) e c) del d. lgs. n. 276/03.
Inoltre si segnala che, durante la fase di approvazione dei correttivi, era stata introdotta una modifica al D. Lgs. n. 231/01, di cui all’art. 300 del TU, che prevedeva una riduzione delle sanzioni a carico delle imprese nell’ipotesi di responsabilità amministrativa per i casi di omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme antinfortunistiche (misura pari a mille quote). Nella versione uscita dal Consiglio dei Ministri tale modifica non sembra aver trovato un positivo riscontro.
Infine, si segnala la nuova previsione relativa all’art. 302 ed in particolare alla definizione delle contravvenzioni punite con la sola pena dell’arresto. Risulta, allo stato, comunque cancellata la lettera c) dell’art. 55, comma 2, del citato decreto n. 81, concernente la omessa o incompleta valutazione dei rischi che, pertanto, non contempla più la pena esclusiva dell’arresto.
Il legislatore ha circoscritto la conversione dell’arresto in ammenda esclusivamente alle restrizioni che non superino i dodici mesi, escludendola in modo assoluto quando la violazione abbia contribuito a causare un infortunio mortale o con lesione personale che abbia comportato l’incapacità del lavoratore per un periodo superiore ai 40 giorni.
Dopo l’approvazione in sede preliminare da parte del Consiglio dei ministri, l’iter di approvazione dello schema di decreto legislativo prevede che il testo sia sottoposto al vaglio della Conferenza Stato – Regioni per far ritorno poi al Consiglio dei ministri che, in via definitiva, sottoporrà all’approvazione del Parlamento il testo del provvedimento di attuazione dell’art. 1 della legge 3 agosto 2007, n.123.
Si fa riserva di aggiornare tempestivamente sulle novità che interesseranno il provvedimento durante la suddetta fase di approvazione, anche a seguito degli interventi emendativi che l’ANCE sta effettuando presso le sedi istituzionali. Si evidenzia, tra l’altro, che ad oggi non sono ancora disponibili gli allegati tecnici che rappresentano parte integrante del provvedimento e che risultano essere stati anch’essi modificati.
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