La rivalutazione dei beni immobili d’impresa (introdotta dall’art. 15, commi 16-23 del D.L. 185/2008, convertito con modificazioni in Legge 2/2009) può essere effettuata anche sugli impianti e i macchinari infissi al suolo, ossia quelli che non possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo, senza alterarne l’originaria funzionalità.
Inoltre, qualora si possegga un diritto reale di godimento diverso dalla proprietà, su un bene immobile, su quest’ultimo si potrà effettuare la rivalutazione, a condizione che risulti iscritto nello Stato Patrimoniale tra le immobilizzazioni materiali (voce B. II).
In particolare, viene definito l’ambito di applicazione della rivalutazione dei beni immobili d’impresa, facendo espressamente richiamo all’art. 812 del codice civile, che considera immobili “gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo”.
Ne consegue, quindi, che anche gli impianti e i macchinari infissi al suolo
[1] possono essere oggetto di rivalutazione, qualora risultino iscritti nel bilancio in corso al 31 dicembre 2007.
Resta ferma l’impossibilità, per l’impresa, di procedere alla rivalutazione delle aree fabbricabili (ai sensi dell’art. 15, comma 16, del D.L. 185/2008), intendendo per tale l’area “utilizzata a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dell’adozione di strumenti attuativi del medesimo” (art. 36, comma 2, del D.L. n. 223/2006, convertito, con modificazioni, nella Legge 4 agosto 2006, n.248).
In sostanza, ai fini della disciplina esaminata, qualora l’area sia considerata edificabile, in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, entro l’esercizio in corso al 31 dicembre 2008 (nel quale la rivalutazione deve essere effettuata), su di essa non potrà essere effettuata la rivalutazione, a meno che, alla medesima data, la destinazione non sia mutata ad opera dello strumento urbanistico Regionale.
Inoltre, si ricorda che, come precisato dall’art. 15, comma 17, del D.L. 185/2008, la rivalutazione deve avvenire nel bilancio o rendiconto successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, e non può essere eseguita per singoli cespiti, ma deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea.
In particolare, il comma 17 dell’art. 15 del D.L. 185/2008, individua due categorie di immobili in base alle quali effettuare la rivalutazione:
– beni ammortizzabili;
– beni non ammortizzabili.
A tal proposito, la C.M. 22/E/2009 ha precisato che l’appartenenza dell’immobile, oggetto di rivalutazione, alla categoria dei beni ammortizzabili piuttosto che a quella dei beni non ammortizzabili deve essere verificata sulla base della qualificazione fiscale del bene.
La rivalutazione può essere effettuata anche in riferimento alle aree edificate, che dovranno essere assoggettate nella categoria dei beni non ammortizzabili, a differenza del fabbricato soprastante che, qualora classificato come immobile strumentale, verrà ricompreso nella categoria degli immobili ammortizzabili.
Inoltre, nella medesima circolare l’Agenzia delle Entrate ha poi precisato che, qualora si intende rivalutare sia il fabbricato sia l’area edificata, sarà necessario determinare due distinti valori di rivalutazione “sulla base di una perizia di stima o di altro metodo che individui distinti valori correnti dei beni o sulla base di una valutazione degli amministratori che individui distinti valori interni”, a prescindere dal fatto che il fabbricato e l’area risultino o meno unitariamente iscritti in bilancio.
Ciò in quanto i valori iscritti in bilancio, a seguito della rivalutazione, non devono in alcun caso superare i valori effettivamente attribuibili ai beni in base al loro “valore corrente” o al “valore interno”
[2].
Ulteriore precisazione viene poi effettuata con riferimento alle cave, le quali, secondo l’Agenzia delle Entrate, sono da ricomprendersi nella categoria omogenea degli immobili ammortizzabili, in quanto “il maggior valore attribuito in sede di rivalutazione incrementa l’ammontare dell’importo fiscalmente deducibile”.
Per quanto concerne, invece, le modalità di esecuzione della rivalutazione, la C.M. 22/E/2009, ribadendo quanto disposto dall’art. 5 del D.M. 162/2001, prevede tre metodi alternativi:
- rivalutazione contestuale del costo storico del cespite unitariamente alla rivalutazione del relativo fondo di ammortamento;
- la sola rivalutazione del costo storico del cespite;
- la riduzione del fondo di ammortamento.
Come già chiarito nella C.M. 11/E/2009, la rivalutazione di tutti i beni appartenenti a ciascuna categoria omogenea va eseguita utilizzando un unico criterio di valutazione (“valore corrente” o “valore interno”), ferma restando la possibilità di utilizzare, all’interno della medesima categoria, uno o più metodi di rivalutazione precedentemente illustrati.
A tal proposito, viene precisato che tali suddetti metodi possono essere utilizzati anche contestualmente, al fine di rivalutare lo stesso bene.
Di seguito verrà illustrato un esempio di calcolo del nuovo piano di ammortamento, a seguito della rivalutazione del bene effettuata utilizzando diversi metodi, prospettato dall’Agenzia delle Entrate.
Esempio
Costo storico del bene immobile ammortizzabile = 1.000
Aliquota di ammortamento 3%
Anno di acquisto 2004
Valore di mercato alla fine del 2008 = 1.400
Piano di ammortamento originario
Anno
|
Quota ammortamento
|
Fondo
|
2004
|
15
|
15
|
2005
|
30
|
45
|
2006
|
30
|
75
|
2007
|
30
|
105
|
2008
|
30
|
135
|
2009
|
30
|
165
|
Valore residuo dell’immobile = 865 (1.000 – Fondo 135).
Rivalutazione max = 535 (Valore di mercato 1.400 – valore residuo 865).
Per dare rilievo alla rivalutazione massima consentita per un importo pari a 535, il contribuente può, ad esempio, ridurre il fondo ammortamento per un importo pari a 135 ed incrementare contemporaneamente il costo storico del cespite per un importo pari a 400.
In questo caso il limite economico della rivalutazione è rispettato in quanto alla fine del 2008 il costo storico rivalutato e il valore residuo del bene immobile, che in questo caso coincidono, sono in linea con il valore di mercato.
Nuovo piano di ammortamento civilistico
Anno
|
Quota ammortamento
|
Fondo
|
2004
|
15
|
15
|
2005
|
30
|
45
|
2006
|
30
|
75
|
2007
|
30
|
105
|
2008
|
30
|
135
|
2009
|
42
|
42
|
Si ricorda, inoltre, che per espressa previsione normativa (art. 15, commi 20-21, D.L. 185/2008), gli effetti fiscali della rivalutazione, ai fini delle imposte sul reddito (IRES/IRPEF) e dell’IRAP, decorrono:
– dal quinto esercizio successivo a quello in cui è stata effettuata la rivalutazione (in sostanza, dal 2013), per il riconoscimento del maggior valore di tali beni, ai fini dell’ammortamento fiscale;
– dal sesto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita (in sostanza, dal 2014), ai fini del calcolo della plusvalenza imponibile nell’ipotesi di cessione degli immobili.
Infine, nell’ipotesi in cui la rivalutazione venga effettuata solo ai fini civilistici, si ricorda che il saldo attivo non costituisce riserva in sospensione d’imposta, con la conseguenza che lo stesso verrà tassato solo in caso di distribuzione in capo al socio, concorrendo alla formazione del reddito di quest’ultimo:
– in misura pari al 49,72 per cento del suo ammontare in caso di partecipazione qualificata (ai sensi del combinato disposto dall’art.47 del D.P.R. 917/1986 e dall’art.1 del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 2 aprile 2008), ovvero verrà assoggettato alla ritenuta a titolo d’imposta del 12,5 per cento in caso di partecipazione non qualificata (art.27 del D.P.R. 600/1973), se il socio è una persona fisica e la partecipazione è detenuta al di fuori di un’attività d’impresa ;
– in misura pari al 49,72 per cento del suo ammontare, se il socio è una persona fisica e la partecipazione è detenuta nell’ambito di un’attività d’impresa (ai sensi del combinato disposto dall’art.59 del D.P.R. 917/1986 e dall’art.1 del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 2 aprile);
– in misura pari al 5 per cento del suo ammontare, se il socio è un soggetto IRES (art.89 del D.P.R. 917/1986).
[1] La C.M. 38/E dell`11 aprile 2008 specifica che “
gli impianti e il macchinario identificano beni strumentali, fissi o mobili, aventi fisica esistenza, compresi gli stabilimenti industriali tecnicamente organizzati e gli opifici industriali, considerati sia nella loro aggregazione funzionale (vale a dire, come una pluralità di beni coordinati per l`attività produttiva) sia anche singolarmente nella loro individualità fisica e giuridica.
Rientrano tra i beni in questione sia gli impianti generici (quali impianti di produzione e distribuzione energia, officine di manutenzione, raccordi e materiale rotabile, mezzi per traino e sollevamento, centrali di conversione, parco motori, pompe, impianti di trasporto interno, servizi vapore, riscaldamento e condizionamento, impianti di allarme) che gli impianti specifici ed altri impianti (quali ad esempio, forni e loro pertinenze), nonchè i beni individuabili quali “macchinario””, automatico e non automatico.
è utile ricordare che nel concetto di “impianti””, in senso lato, si individuano […] anche i fabbricati e i manufatti stabilmente incorporati al suolo, nonchè le aree su cui insistono i fabbricati e quelle accessorie“.
[2] Art. 36, D.L. 4 luglio 2006, n. 223
«Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all`evasione fiscale»
«omissis»
7. Ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili il costo complessivo dei fabbricati strumentali è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza. Il costo da attribuire alle predette aree, ove non autonomamente acquistate in precedenza, è quantificato in misura pari al maggior valore tra quello esposto in bilancio nell`anno di acquisto e quello corrispondente al 20 per cento e, per i fabbricati industriali, al 30 per cento del costo complessivo stesso. Per fabbricati industriali si intendono quelli destinati alla produzione o trasformazione di beni
7-bis. Le disposizioni del comma 7 si applicano, con riguardo alla quota capitale dei canoni, anche ai fabbricati strumentali in locazione finanziaria. Per la determinazione dell`acconto dovuto ai sensi del comma 34 non si tiene conto della disposizione del periodo precedente
8. […] le norme di cui ai precedenti commi 7 e 7-bis si applicano a decorrere dal periodo d`imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto anche per le quote di ammortamento e i canoni di leasing relativi ai fabbricati acquistati o acquisiti a partire da periodi d`imposta precedenti. In tal caso, ai fini della individuazione del maggior valore indicato al comma 7, si tiene conto del valore delle aree esposto nell`ultimo bilancio approvato prima della entrata in vigore della presente disposizione e del valore risultante applicando le percentuali di cui al comma 7 al costo complessivo del fabbricato, risultante dal medesimo bilancio, assunto al netto dei costi incrementativi capitalizzati e delle rivalutazioni effettuate. Per ciascun fabbricato il residuo valore ammortizzabile è pari alla quota di costo riferibile allo stesso al netto delle quote di ammortamento dedotte nei periodi d`imposta precedenti calcolate sul costo complessivo.
«omissis»
1359-Circolare Ministeriale n. 22-E del 6 maggio 2009.pdfApri