Il grave ritardo infrastrutturale del nostro Paese impone un intervento finanziario che, in un momento di congiuntura fortemente negativa quale quello attualmente in atto, assume una duplice valenza. Il ricorso all`intervento dello Stato a sostegno degli investimenti pubblici in infrastrutture costituisce infatti un valido strumento per contrastare i drammatici effetti della crisi per l`economia nazionale ed in particolare per il settore delle costruzioni.
Fin dalla fine del 2008, il Governo ha accolto tale impostazione inserendo tra le priorità del suo piano anticrisi la realizzazione di un programma di opere che “generi commesse e dunque posti di lavoro””.
Fino ad oggi però, le azioni concrete a sostegno di tale disegno sono state inefficaci e totalmente prive degli effetti annunciati: non vi è stata quasi nessuna ricaduta del Piano Cipe sul mercato delle nuove opere pubbliche (solo una minima parte, lo 0,25% degli 11,3 miliardi del Piano, si è trasformata in cantieri).
L`attivazione delle risorse avviene in tempi inadeguati rispetto alla crisi, tempi che non consentono di garantire un reale sostegno anticongiunturale al settore. In particolare, gli interventi medio-piccoli sono quelli che ricevono conferme di finanziamento con più ritardo.
Ai tempi lunghi della decisione politica, quelli ad esempio della conferma delle risorse da parte del Cipe (ad oggi il 67% degli 11,3 miliardi del Piano Cipe del 26 giugno 2009 sono stati assegnati e circa 3,7 miliardi di euro rimangono da assegnare), si aggiungono infatti i tempi biblici delle procedure amministrative, nelle pieghe delle quali si nasconde talvolta la volontà di rallentare l`utilizzo delle risorse per contenere la spesa.
Ma la volontà di contenere fortemente la spesa del programma infrastrutturale “anticrisi”” del Governo emerge in modo più evidente dalla totale assenza di programmazione delle risorse di cassa destinate all`attuazione del programma. Le delibere Cipe di assegnazione delle risorse, infatti, non indicano previsioni di cassa e si limitano a recitare la formula sibillina “Il finanziamento sarà erogato secondo modalità temporali compatibili con i vincolidi finanza pubblica correlati all`utilizzo delle risorse“.
Il rischio è che l`assenza di una ragionevole certezza sull`importo delle risorse realmente disponibili per aprire i cantieri vanifichi del tutto l`intervento del Governo.
Di fatto, per queste ragioni, le imprese di costruzioni aspettano da mesi di vedere concretizzarsi le decisioni assunte in materia di politica infrastrutturale. Occorre quindi sbloccare le risorse per infrastrutture ed accelerare la spesa.
Di fronte allo stallo in cui versano tutti i programmi infrastrutturali fino ad oggi approvati, appare opportuno sbloccare tutti quei provvedimenti, fermi da mesi, senza i quali i fondi disponibili restano inutilizzabili.
Per il futuro, poi, occorre trovare da subito una soluzione per evitare che il disimpegno finanziario dello Stato impedisca perfino il coinvolgimento delle risorse private.
Si dia corso, quindi, alla verifica prevista dal decreto legge 78/2010 degli interventi non ancora concretamente attivati e si utilizzino le relative risorse per rifinanziare il Fondo Infrastrutture.
Allo stesso modo, appare opportuno concludere la ricognizione delle risorse della programmazione 2000-2006 dei fondi strutturali e dei fondi FAS ancora inutilizzate al fine di un loro rapido ed efficace impiego a favore di interventi, anche infrastrutturali, da realizzare in tempi certi e a costi definiti.
Inoltre, si ritiene fondamentale accelerare l`attuazione dei programmi dei fondi strutturali e del fondo per le aree sottoutilizzate relativi al periodo 2007-2013 senza procedere ad una loro riprogrammazione che provocherebbe un sostanziale blocco della spesa ed un ulteriore ritardo di almeno un anno in procedure.
Occorre in particolare approvare rapidamente i programmi FAS regionali 2007-2013 che prevedono già ingenti investimenti infrastrutturali (11 miliardi per infrastrutture e costruzioni nel sud). Molti programmi hanno concluso l`iter istruttorio da più di un anno ma il Governo non li ha ancora formalmente approvati.
Per quanto riguarda i fondi strutturali, occorre inoltre prevedere l`esclusione dei cofinanziamenti nazionali spesi nell`ambito di programmi comunitari dall`applicazione delle regole del Patto di stabilità interno.
Sempre con riferimento al Patto di Stabilità, occorre infine individuare con urgenza strumenti in grado di garantire alle imprese creditrici le risorse ad esse spettanti, eventualmente prevedendo il coinvolgimento di strutture pubbliche quali la SACE e la Cassa Depositi e Prestiti, a garanzia dei prestiti anticipati pro-soluto alle imprese.
In allegato è disponibile la nota del Centro Studi dell`Ance nella quale viene fatto il punto sullo scarso livello di utilizzo delle risorse destinate alla realizzazione di infrastrutture, sulle difficoltà riscontrate dalle imprese per effetto del Patto di stabilità interno e dei ritardati pagamenti della P.A.