Si trasmette il testo consegnato in data 5 ottobre u.s. da Confindustria, nell’ambito dell’audizione per “Mercato del lavoro tra dinamiche di accesso e fattori di sviluppo”, promossa dalla XI Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.
Il programma di indagine avviato dalla suddetta Commissione è orientato principalmente all’esplorazione di tre aspetti fondamentali, quali la mancata rispondenza della forza lavoro alle professionalità richieste dal mercato (skill mismatches), nonché l’obsolescenza professionale della stessa (skill gap), la formazione professionale e l’inserimento lavorativo dei giovani, con particolare attenzione alle forme contrattuali flessibili.
Obiettivo di tale indagine è definire i fattori che possano contribuire all’incremento delle condizioni di occupabilità dei lavoratori, nonché all’inserimento lavorativo degli stessi, ed individuare gli strumenti attraverso i quali intervenire per arginare i numerosi fattori che rallentano il rilancio dell’occupazione.
A tal proposito, Confindustria ha evidenziato, in primo luogo, gli elementi considerati causa del rallentamento della crescita occupazionale, quali il sottoutilizzo della forza lavoro e il mutamento delle caratteristiche di domanda e offerta, arginabili tramite un più attento e flessibile approccio al mercato del lavoro in quanto il miglioramento di quest’ultimo è cruciale per il consolidamento della ripresa e per sostenere i consumi.
Il primo argomento ha interessato l’obsolescenza professionale, skill gap, sia con riferimento alla manodopera nazionale che a quella straniera.
Oltre alla mancata rispondenza tra le richieste del mercato e le effettive competenze offerte dall’attuale forza lavoro, che nel 40,9% dei casi è attribuibile alla carenza di formazione/preparazione, nel testo è stato messo in luce il possibile fenomeno di depauperamento del capitale umano, con particolare riferimento ai disoccupati di lungo periodo, non più aggiornati sul piano tecnologico.
Il timore espresso è, infatti, che i meccanismi di riorganizzazione del comparto produttivo, innescati dalla crisi degli ultimi anni, abbiano determinato un cambiamento delle risorse umane richieste ed impiegate.
A tal proposito, sarà necessario ridefinire il funzionamento dei servizi pubblici per l’impiego e individuare le giuste responsabilità da attribuire ai soggetti privati già operanti nel mercato del lavoro.
L’analisi realizzata a opera della Confindustria ha poi interessato la formazione professionale, con particolare riferimento all’importante ruolo svolto dalle parti sociali in collaborazione con le istituzioni pubbliche territoriali.
Dalla stessa, è emersa la necessità di creare un raccordo tra la formazione e il mercato del lavoro, al fine di consentire un miglioramento del sistema produttivo e favorire la crescita anche occupazionale, tramite una più attenta valorizzazione delle esperienze di alternanza scuola-lavoro ( laboratori, stage, borse di studio ecc.).
A tal riguardo, nell’evidenziare la necessità di costituire degli “Osservatori” locali compartecipati dalle Istituzioni competenti e dalle Parti sociali, in grado di orientare le azioni di politica attiva nell’ambito della formazione, è stato sottolineato l’importante ruolo, già svolto in materia, dai Fondi professionali.
Tali fondi, ed in particolare Fondimpresa, dovranno pertanto continuare ad avere come oggetto sociale la formazione continua dei lavoratori, conformemente a quanto richiesto dalle imprese.
L’ultimo argomento oggetto di indagine ha riguardato l’inserimento lavorativo dei giovani, con particolare riferimento alle forme contrattuali flessibili e alle difficoltà di partecipazione femminile al lavoro.
Nell’elencare le sostanziali criticità che riguardano i giovani e nel descrivere la loro difficoltà, rispetto ai coetanei degli altri paesi europei, di collocarsi tempestivamente ed adeguatamente nel mondo del lavoro, è emersa una eccessiva rigidità del nostro sistema lavorativo.
E’ stato pertanto ribadito il proposito di dar vita ad uno Stato Sociale (Welfare State) universale, efficace, equo e in grado di coniugare le politiche passive con le politiche attive del lavoro.
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