[www.fiscooggi.it – 10/11/2011 – di r.fo.]
Immobili imprese abruzzesi. Fiscalità come “da norma”
Contributi irrilevanti. Spese di riparazioni deducibili nel limite del 5% oppure come maggiori quote di ammortamento, a seconda della modalità di contabilizzazione
Nessuna indicazione
ad hoc per le spese di riparazione dei beni strumentali, danneggiati dal terremoto che ha colpito l’Abruzzo il 6 aprile 2009. La modalità di deduzione – come maggiore quota d’ammortamento oppure nel limite del 5% del costo dei beni ammortizzabili – dipende da come l’onere è stato contabilizzato (a incremento o meno del costo del cespite a cui si riferisce).
La precisazione è arrivata con la
circolare n. 50/E del 10 novembre.
L’agenzia delle Entrate ritorna così sulle regole che governano la ripresa degli adempimenti fiscali per i contribuenti dentro e fuori “cratere”, dopo che l’anno scorso (circolare n. 44/E del 13 agosto 2010) il tema era stato già affrontato, con l’indirizzo per cui “per la definizione delle componenti rilevanti ai fini della determinazione del reddito d’impresa vanno utilizzate le regole ordinarie”.
Ciò che, probabilmente, aveva creato qualche dubbio applicativo era stata l’affermazione – contenuta nello stesso documento di prassi – in base alla quale i costi di riparazione di immobili, mobili e impianti, erano deducibili nel limite del 5 per cento. Un’affermazione questa che – si legge nella circolare n. 50/E – aveva semplicemente riportato la regola ordinaria fissata dall’articolo 102, comma 6, del Tuir. Norma che, di per sé, non chiude affatto alla partecipazione degli oneri in questione alla determinazione del reddito sotto forma di quote di ammortamento, quando in bilancio, “sussistendone le ragioni contabili”, gli stessi – identificati come di manutenzione straordinaria – siano stati capitalizzati; portati, cioè, a incremento del costo del bene strumentale.
Il contributo segue le spese
La circolare si sofferma poi su natura, contabilizzazione e fiscalità dei contributi. Compresi quelli concessi per la ricostruzione e la riparazione degli immobili diversi da quelli abitativi che, sebbene irrilevanti dal punto di vista Irpef, Ires e Irap (dl 39/2009, articolo 3), non mancano di avere effetti “tributari”, sotto forma di variazioni in diminuzione da operare in dichiarazione.
La rotta tracciata dall’agenzia delle Entrate porta – in mancanza di specifiche indicazioni sulla finalità, contenute nella singola legge agevolativa – a far discendere la natura fiscale del contributo dal trattamento contabile delle spese di riparazione:
– spesa portata a incremento del costo del bene-contributo in conto impianti;
– spesa non portata a incremento del costo del bene – contributo in conto capitale.
Una classificazione da cui derivano differenti trattamenti tributari (e prima ancora contabili). Mentre, infatti, per i contributi in conto impianti la regola fiscale di partecipazione al reddito “copia” quella civilistica, i contributi in conto capitale rientrano fra le sopravvenienze attive, tassabili per cassa (tutte nell’esercizio di incasso oppure in quote costanti in un massimo di cinque anni).
Tra le due categorie, la prima è sicuramente la più interessante, anche dal punto di vista, per così dire, didattico.
Come prescrive il documento contabile Oic 16 (Le immobilizzazioni materiali), la rilevazione a conto economico delle somme erogate dallo Stato e da altri enti a imprese per la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, alla riattivazione e all’ampliamento di immobilizzazioni materiali, può avvenire con due metodi di contabilizzazione:
– rilevare l’intero contributo (voce A5 del conto economico – “Altri ricavi e proventi”) e rinviare al futuro la quota non di competenza, attraverso l’iscrizione di risconti passivi (la quota di competenza del contributo è “proporzionale” a quella di ammortamento);
– portare il contributo a diretta riduzione del costo del bene strumentale a cui si riferisce, di modo che la partecipazione al reddito avvenga sotto forma di quote d’ammortamento più basse.
Il documento di prassi illustra i due metodi, avvalendosi di tabelle numeriche che evidenziano la partecipazione diretta o indiretta del contributo al reddito di periodo. Ciò che, però, più va rimarcato è la situazione in cui si trova “un’ipotetica” impresa che ha sostenuto le spese di riparazione, poi capitalizzate, nel 2009, ricevendo il contributo l’anno dopo, nel 2010. In tale ipotesi (e a prescindere dal metodo di contabilizzazione del contributo), l’impresa nel 2010 avrebbe dovuto rilevare una sopravvenienza attiva “straordinaria” (voce E20 del conto economico), pari alla quota di contributo maturata l’anno precedente; cioè, quella riferibile agli ammortamenti eseguiti nel 2009.
Per gli immobili non abitativi, tutto quanto sinora illustrato, dal punto di fiscale, resta sulla carta o quasi. Dal momento che, come anticipato, l’articolo 3, comma 1, lettera l), del decreto legge 39/2009 prevede “la non concorrenza dei contributi e degli indennizzi erogati alle imprese ai sensi del presente comma ai fini delle imposte sui redditi e della imposta regionale sulle attività produttive (…)”. Una ricaduta in ambito tributario (anche questo già anticipato) c’è comunque, ed è legata alle variazioni in diminuzione dal reddito che il contribuente deve effettuare in dichiarazione per sterilizzare gli effetti – positivi – della contabilizzazione del contributo sull’utile d’esercizio.