[Il Sole 24 Ore – 13/03/2012 – di Giuseppe Latour]
La denuncia dell`Ance. L`86% delle imprese denuncia ritardi nei pagamenti
All`edilizia mancano 30 miliardi
Trenta miliardi di euro. Spalmati in maniera uniforme sulle aziende di tutta Italia e distribuiti su diverse tipologie di stazione appaltante, senza distinzione di collocazione geografica: Comuni, Regioni, ministeri. La piaga dei ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione colpisce le imprese di costruzioni con una violenza finora sconosciuta. Le situazioni patologiche stanno diventando ordinaria amministrazione: secondo gli ultimi dati dell`Ance, l`86% delle imprese denuncia ritardi.
La fotografia della preoccupante situazione italiana, a partire proprio da questi tremila milioni che il settore pubblico deve alle imprese di costruzioni, è stata scattata ieri nel corso di un incontro presso l`Associazione dei costruttori romani. E il risultato, guardando sia al caso laziale che allargandosi al resto d`Italia, è sconfortante. «Le amministrazioni – spiega Alessandro Cardellini, presidente dei giovani imprenditori dell`Acer – ormai si confrontano con bilanci che non stanno più in piedi».
La sensazione diffusa è che il problema del Patto di stabilità non sia più la questione centrale. E il caso romano spiega bene questo punto. In molti territori, infatti, ci sono enti pubblici che hanno in pancia risorse che non riescono a spendere. In molti altri, però, queste risorse non ci sono neppure, ormai in modo strutturale, e l`allentamento di qualche vincolo potrebbe risolvere ben poco.
Il Comune di Roma, ad esempio, ha chiuso le sue pendenze per il 2011 dopo una trattativa lunghissima con le imprese. E adesso, per il 2012, serpeggia pessimismo. «Abbiamo grossi dubbi su quello che accadrà», dice Cardellini. Il timore diffuso è che si fermi tutto, dal momento che sono stati annunciati tagli orizzontali nei bilanci che rischiano di prosciugare la voce “appalti pubblici””. E la Regione Lazio è riuscita a fare qualcosa solo grazie a un accordo sottoscritto con Sace per la certificazione dei crediti vantati dalle imprese. Hanno aderito 150 aziende del settore edile, riuscendo a recuperare 130 milioni di euro. A parte queste misure straordinarie, la via ordinaria oggi è parecchio difficile da percorrere. E lo stesso vale in tutta Italia. Segnalazioni simili arrivano, infatti, dalla Campania, dalla Lombardia, dalla Sardegna, dal Veneto. Ai Comuni, storicamente “cattivi pagatori””, si stanno affiancando sempre più le amministrazioni centrali. «Le risorse statali in bilancio – racconta Antonio Gennari, direttore del Centro studi Ance – sono diminuite del 43% negli ultimi anni: questo influisce sui pagamenti». E gli istituti di credito non riescono a svolgere la loro funzione di cuscinetto. Anzi, schiacciano ancora di più le imprese. L`accordo tra Abi e Cassa depositi e prestiti sulla cessione pro soluto di crediti alle banche, sottoscritto nei giorni scorsi, lascia tutti perplessi. «Non servirà a nulla», dicono molti degli imprenditori presenti. «Da parte degli istituti di credito c`è una fortissima ritrosia a mettere in atto la cessione “pro soluto», racconta ancora Gennari. Ma le banche, dal canto loro, scaricano ogni responsabilità. «A livello di vigilanza continua a passare il concetto che il credito dato a una Pmi è più rischioso di un derivato. In questo modo, però, si colpiscono soprattutto quei sistemi, come il nostro, fondati sui rapporti con le imprese. In Italia il 60% delle linee di credito va verso le Pmi; in Gran Bretagna questa percentuale, al massimo, è al 60 per cento», spiega Francesco Fanti, responsabile per il centro Italia del Monte dei Paschi di Siena. Molte colpe, nella sua lettura, sono da attribuire ai vincoli di bilancio imposti dagli accordi di Basilea, che impongono criteri di patrimonializzazione troppo rigidi.
Spiegazioni che non soddisfano le imprese di costruzioni. Lorenzo Sette, presidente dei giovani di Ance Lazio, dice: «Quando si parla di crediti delle pubbliche amministrazioni le risposte delle banche sono sempre le stesse, vengono declinate le responsabilità e ci viene detto di migliorare il flusso informativo». I rubinetti del credito, però, non si aprono.