La crisi continua a mordere il settore delle costruzioni. Anche per il 2012 si prevede un calo degli investimenti (-6,0%) superiore rispetto al 2011 (-5,3%) esuperiore rispetto alle stime previste (-3,8%) per quest’anno.
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In cinque anni, dal 2008 al 2012, il settore delle costruzioni avrà perso più di un quarto (-25,8%) degli investimenti, riportandosi ai livelli della metà degli anni ‘70. Soffrono tutti i comparti, a partire dalla produzione di nuove abitazioni, che nel quinquennio avrà perso il 44,4%, l’edilizia non residenziale privata, con una diminuzione del -27,9%, e i lavori pubblici, che registrano una caduta del 37,5%. In questo comparto la contrazione è iniziata nel 2005 e complessivamente la flessione raggiunge il -44,7%.
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Gli effetti sull’occupazione e sulle imprese sono pesantissimi: dall’inizio della crisi si stima che si siano persi 325.000 posti di lavoro nelle costruzioni, che salgono a 500.000 unità, considerando anche i settori collegati.
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Nel biennio 2009-2010 si è assistito alla fuoriuscita dal settore di 27.000 imprese di costruzioni.
Un ulteriore indicatore delle difficoltà è rappresentato dal dato delle imprese di costruzioni entrate in procedura fallimentare: 7.552 nel triennio 2009-2011.
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L’analisi del Bilancio dello Stato per il 2012 conferma il disimpegno del decisore pubblico nella spesa in conto capitale e, in particolare, in quella per lavori pubblici.
Anche nel 2012 si registra, infatti, una forte contrazione delle risorse per nuove infrastrutture (-15,3% in termini reali rispetto al 2011) che dal 2008 subiscono una riduzione del 44%.
Ancora una volta la necessità di garantire un miglioramento dei conti pubblici ha scaricato sulla componente in conto capitale, e in particolar modo sulla spesa per le infrastrutture, gli oneri maggiori.
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Il mercato immobiliare residenziale segnala un nuovo peggioramento. Nei primi mesi del 2012 le abitazioni compravendute registrano una riduzione rilevante, del 19,6%, rispetto allo scorso anno.
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In questo periodo però i prezzi medi delle abitazioni hanno manifestato solo lievi flessioni.
Fin dall’inizio della crisi economico-finanziaria, più di quattro anni fa, infatti, l’Ance aveva evidenziato che le condizioni del mercato immobiliare italiano non avrebbero portato allo scoppio di una bolla immobiliare.
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Uno dei fattori che ha contribuito a mantenere elevata la domanda di immobili e, quindi, i prezzi, è rappresentato dagli andamenti demografici.
Tra il 2004 e il 2010 le famiglie sono aumentate mediamente di circa 328.000 unità l’anno, mentre, invece, si è assistito a una progressiva riduzione della produzione di nuove abitazioni (245.000 in media l’anno).
Dal confronto tra abitazioni messe in cantiere e nuove famiglie, in questi anni, risulta pertanto un fabbisogno potenziale di circa 582.000 abitazioni.
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Molteplici sono le cause che influenzano la caduta del mercato immobiliare.
Prime fra tutte, la difficile situazione economica generale, la crescita dei tassi di interesse e, soprattutto, l’ulteriore stretta creditizia effettuata dalle banche.
I mutui erogati alle famiglie per l’acquisto di abitazioni in cinque anni (2007-2011) sono diminuiti del 21,5% e solo nel 2011 dell’11,8%.
L’elemento più critico è rappresentato dal fatto che sebbene i prezzi medi delle case siano calati di poco, la percentuale di finanziamento concesso dalle banche per l’acquisto della casa è invece crollata, passando da circa l’80% del prezzo dell’abitazione a circa il 50% con la conseguenza che sempre meno famiglie sono in grado di sostenere l’onere iniziale.
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Tutte queste condizioni fanno si che nonostante ci sia ancora un forte bisogno di casa, l’acquisto è diventato più difficoltoso. Inoltre, la crisi economica ha influenzato il portafoglio delle famiglie italiane che hanno dovuto stringere di più la cinghia per sostenere le spese.
La percentuale delle famiglie italiane che riesce a risparmiare, infatti, scende dal 47,2% del 2011 al 38,7% di quest’anno.
L’effetto più drammatico di questa situazione riguarda le fasce sociali più deboli. Immigrati, giovani, famiglie meno abbienti che hanno un forte bisogno di casa che vedono sempre più difficile da soddisfare.
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In tal senso, Francia e Germania hanno adottato misure che hanno raggiunto il doppio obiettivo di dare una efficace risposta alla domanda sociale e di incoraggiare la ripresa del settore residenziale.
In particolare in Germania, dove si registrano significativi aumenti del Pil, gli investimenti in costruzioni a partire dal 2010 sono aumentati per effetto anche degli incentivi rivolti al mercato privato residenziale e a maggiori investimenti nelle infrastrutture.
In Francia, invece, sono state attuate una serie di misure volte a sostenere il comparto residenziale (cd. dispositivo “Scellier”), che hanno determinato nel 2011 una crescita degli investimenti in abitazioni; le attese per il 2012 sono di un’ulteriore conferma della dinamica positiva del settore.
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Queste misure, in particolare quelle mirate al mercato residenziale, determinano importanti effetti economici ma anche sociali soprattutto con le misure rivolte a migliorare la qualità del luogo in cui si abita (disabili, anziani, famiglie con bambini) ed al contenimento energetico degli edifici.
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Al quadro di gravissima crisi appena descritto si aggiungono una serie di ostacoli alla ripresa.
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Primo fra tutti l’inaccettabile fenomeno dei ritardati pagamenti dei lavori da parte della Pubblica Amministrazione. Nel secondo semestre 2011 i tempi medi di pagamento dei lavori pubblici hanno raggiunto gli 8 mesi, con punte di ritardo superiori ai 24 mesi.
Un fenomeno che estende i suoi effetti devastanti su tutta la filiera, creando i presupposti per l’insolvenza di migliaia di imprese.
Col D-Day (dove D sta per Decreto ingiuntivo) del 15 maggio scorso, l’Ance ha avviato una campagna di raccolta dei crediti che le imprese di costruzione vantano nei confronti della PA che hanno raggiunto quota 19 miliardi. Di questi già oltre un miliardo può essere trasformato in titoli esecutivi per ottenere il pagamento. Il governo si è quindi attivato per trovare una soluzione al problema varando alcuni decreti per velocizzare le procedure dei pagamenti. Per l’edilizia è stato istituito un tavolo tra Abi e Ance affinché si individui un iter ad hoc per le costruzioni che tenga conto delle specificità del settore.
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Ad aggravare la situazione contribuisce il blocco, da parte del sistema bancario, dei finanziamenti per il settore. Un credit crunch che, unito ai ritardati pagamenti, sta letteralmente stritolando il tessuto produttivo del settore, mettendo a rischio la sopravvivenza di moltissime imprese.
I dati del razionamento, confermati dalla stessa Banca d’Italia, descrivono un progressivo disimpegno del sistema creditizio nei confronti delle costruzioni: in quattro anni, i finanziamenti per l’edilizia residenziale sono diminuiti del 38,2%, mentre quelli per l’edilizia non residenziale si sono sostanzialmente dimezzati(-45%).
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Un’ulteriore criticità è rappresentata dalla lentezza dell’utilizzo delle risorse già approvate dal CIPE per le infrastrutture.
Le decisioni assunte dal CIPE negli ultimi sei mesi, infatti, hanno assegnato circa 20,7 miliardi di euro per investimenti infrastrutturali da avviare nei prossimi mesi. Secondo la stima dell’Ance, però, meno del 30% di queste risorse sono disponibili in termini di cassa nel 2012.
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