Con la sentenza in oggetto, il Consiglio di Stato ha affrontato il problema della possibilità che la condanna per il reato di aggiotaggio possa comportare l`esclusione di un`impresa da una gara d`appalto, ai sensi dell`art. 38 del Codice dei contratti pubblici.
Al riguardo, dev`essere preliminarmente ricordato che l`art. 38, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, stabilisce che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, nè possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti, i soggetti “nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell`articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un`organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all`articolo 45, paragrafo 1, direttiva CE 2004/18 […]“.
In applicazione di tale norma, nella sentenza n. 2607/2012, il Consiglio di Stato, riformando la pronuncia del Tar Toscana, Sez. II, n. 1351/2011, ha ritenuto legittimo il provvedimento di diniego di aggiudicazione a favore di un`impresa il cui legale rappresentante aveva riportato una condanna, “patteggiata””, per il reato di aggiotaggio.
Più precisamente, la questione sottoposta in prima istanza al Tar concerneva la procedura per l`affidamento del servizio di pulizia presso il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze; l`impresa aggiudicataria dell`appalto aveva presentato ricorso per l`annullamento del diniego di approvazione del contratto e rimozione dell`aggiudicazione, adottato dal Ministero dell`Interno e dal Comando provinciale dei Vigili del Fuoco in virtù della condanna riportata dal legale rappresentante e dichiarata all`atto della partecipazione.
Il Tar adito aveva accolto il ricorso ed annullato il provvedimento di diniego di approvazione, ritenendo che la condanna per aggiotaggio del legale rappresentante dell`impresa aggiudicataria non presentasse alcuna attinenza, neppure indiretta, con l`attività di pulizia oggetto dell`affidamento e con l`attività della società.
Il Consiglio di Stato ha, invece, ribaltato l`orientamento del giudice di primo grado, ricordando innanzitutto che l`art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 è finalizzato ad evitare che l`Amministrazione contragga obbligazioni con soggetti che non abbiano una adeguata moralità professionale, e precisando che, perchè l`esclusione da una procedura di gara consegua ad una condanna, occorre valutare sia la gravità del reato che l`incidenza di quest`ultimo sulla moralità professionale.
In merito a tale ultimo aspetto, ha proseguito specificando che il giudizio operato dalla stazione appaltante deve concernere l`idoneità della condotta giuridica illecita posta in essere a minare i valori tipici delle procedure ad evidenza pubblica, che sono da ritenere inderogabili.
Sulla base di tali considerazioni, e soffermandosi sulla fattispecie sottoposta e sulla valutazione concretamente operata dalla stazione appaltante in merito alla rilevanza del reato di aggiotaggio, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il giudizio di quest`ultima, in cui si afferma il disvalore del reato in questione in relazione alle dinamiche fiduciarie dell`appalto, sia da ritenere congruo.
Secondo il giudizio del Collegio, infatti, poichè il reato di aggiotaggio altera il gioco normale fra domanda e offerta nel mercato (da cui la definizione di “market abuse””), non può non refluire sull`attività professionale di imprenditore e legale rappresentante di una società che deve garantire alla P.A. con cui aspiri a contrarre, l`affidabilità e l`assoluto rispetto delle regole e della concorrenza, che sono intaccate dall`aver riportato la condanna in questione.
Tanto basta, secondo i giudici di Palazzo Spada, a minare il rapporto fiduciario con la p.a., ed a supportare la verifica negativa dei requisiti ai sensi dell`art. 48 del Codice dei contratti, posta alla base del diniego di approvazione del contratto e del provvedimento di ritiro dell`aggiudicazione.
In allegato alla presente news il testo integrale della decisione.
6555-Sentenza aggiotaggio.pdfApri