Dopo mesi di attesa è stata depositata lo scorso 27 giugno la decisione n. 164/2012 della Corte Costituzionale che ha deciso sui ricorsi presentati dalle Regioni Valle d’Aosta, Toscana, Liguria, Emilia Romagna e Puglia contro le norme del Decreto Legge n. 48/2010 che hanno riscritto l’articolo 19 della legge n. 241 del 1990 introducendo la segnalazione certificata di inizio attività al posto della dichiarazione di inizio attività.
Con la stessa sentenza la Corte ha deciso anche sull’ulteriore questione di legittimità costituzionale promossa dalla sola Emilia Romagna sulla norma di interpretazione autentica inserita nel Decreto Legge n. 70/2011 che ha confermato l’applicabilità della Scia alla materia edilizia.
La Corte, nelle motivazioni che hanno portato poi a dichiarare l’infondatezza di tutte le questioni sollevate dalle Regioni, ha evidenziato che la SCIA “si pone in rapporto di continuità con l’istituto della DIA, che dalla prima è stato sostituito.” “Scopo dell’istituto era quello di rendere più semplici le procedure amministrative indicate nella norma, alleggerendo il carico degli adempimenti gravanti sul cittadino. In questo quadro s’iscrive anche la SCIA, del pari finalizzata alla semplificazione dei procedimenti di abilitazione all’esercizio di attività per le quali sia necessario un controllo della pubblica amministrazione”.
Sul punto, nei motivi di ricorso, le Regioni, hanno contestato le disposizioni impugnate, ove ritenute applicabili anche al settore dell’edilizia e violando così le competenze in materia di “governo del territorio” che, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione terzo comma è attribuita alla potestà legislativa concorrente. Peraltro ponendo la regola che stabilisce dopo quanti giorni dalla presentazione della segnalazione (nessuno, in questo caso) sarebbe possibile iniziare l’attività, il legislatore statale non si limiterebbe a fissare regole di principio, ma interverrebbe a disciplinare i dettagli della materia.
Sostengono ancora le Regioni che non risulta corretto annoverare la disciplina della Scia tra le voci di legislazione esclusiva statale sotto la voce “tutela della concorrenza”. Né può dirsi che tale disciplina serva a garantire un livello essenziale delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale.
In più, mentre nel settore commerciale “l’immediato inizio di attività in assenza dei presupposti richiesti non sarebbe particolarmente grave, in quanto l’attivazione del potere inibitorio e di rimozione degli eventuali effetti dannosi medio tempore cagionati potrebbe essere idoneo a tutelare gli interessi protetti dalle normative, l’attività edilizia determina immediatamente una materiale alterazione del territorio, anche se gli interventi potrebbero essere poi rimossi. Tuttavia, il ripristino della situazione pregressa non sempre sarebbe possibile”.
Le argomentazioni delle Regioni non hanno convinto la Corte che ha ritenuto di non accogliere le doglianze manifestate ma ha piuttosto ribadito l’attinenza della disciplina sulla Scia alla determinazione dei livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che come tali devono essere garantiti su tutto il territorio, compreso quello delle Regioni a statuto speciale. Non può dubitarsi inoltre che le esigenze di semplificazione e di uniforme trattamento sull’intero territorio debbano valere anche per l’edilizia che rientra però nella materia del “governo del territorio” . Tuttavia, a prescindere dal rilievo che, spetta comunque allo Stato dettare i principi fondamentali (nel cui novero va ricondotta la semplificazione amministrativa), è vero del pari, secondo la Corte, che “si è in presenza di un concorso di competenze che, nella fattispecie, vede prevalere la competenza esclusiva dello Stato”.
In Allegato sentenza n. 164 del 20/6/2012
7024-Sentenza n. 164 del 20 giugno 2012.pdfApri