Con l’allegata nota il Ministero del Lavoro torna nuovamente sul tema del lavoro intermittente così come disciplinato, da ultimo, dalla L. n. 92/2012.
Nel premettere che si tratta di una particolare tipologia di lavoro subordinato, caratterizzata dall’espletamento di prestazioni a carattere discontinuo o intermittente, il Dicastero ha evidenziato che, a tal fine, deve sempre esserci una o più interruzioni tra una prestazione e un’altra di lavoro, di modo che la durata del contratto non coincida con la durata della prestazione.
Il Ministero, inoltre, ha ribadito i diversi casi in cui ora è possibile ricorrere al lavoro intermittente e, in particolare:
1) per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo e saltuario secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative ovvero per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese, dell’anno;
2) con soggetti con più di 55 anni e con soggetti con meno di 24 anni fermo restando che le prestazioni lavorative devono svolgersi entro il 25° anno di età.
Per ciò che riguarda il requisito soggettivo dell’età è stato precisato che:
1) i lavoratori non devono aver compiuto 24 anni;
2) i lavoratori devono avere almeno 55 anni, anche se pensionati;
3) in base a quanto disposto dal D.M. 23 ottobre 2004, in relazione alle attività elencate nella tabella approvata con il R.D. n. 2657/1923.
Il dicastero ha ribadito che spetterà alla contrattazione collettiva, oltre che l’individuazione delle esigenze, anche l’individuazione dei periodi predeterminati, precisando che rimettere quest’ultima alla contrattazione individuale vorrebbe dire rendere vane le altre ipotesi giustificatrici del lavoro intermittente.
Non è inoltre possibile ricorrere al lavoro intermittente nei seguenti casi:
1) sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
2) salva diversa disposizione di accordi sindacali, nelle unità produttive dove si sia proceduto nei sei mesi precedenti a licenziamenti collettivi, sospensione dei rapporti o riduzione dell’orario di lavoro con integrazioni salariali, comunque per lavoratori adibiti alle medesime mansioni;
3) nel caso di aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.
Il contratto può prevedere la corresponsione dell’indennità di disponibilità nel caso in cui il lavoratore assuma l’obbligo alla risposta della chiamata del datore di lavoro nel rispetto del termine di preavviso non inferiore ad un giorno lavorativo (art. 35, D.Lgs. n. 276/2003). La misura di tale indennità, se non stabilita dalla contrattazione collettiva, è fissata dal D.M. 10 marzo 2004 in misura non inferiore al 20% della retribuzione.
In virtù dell’abrogazione dell’art. 37 del D.Lgs. n. 276/2003, l’indennità di disponibilità, a decorrere dal 18 luglio 2012, se pattuita, va sempre riconosciuta per i periodi predeterminati, anche per i contratti stipulati anteriormente a tale data.
La Riforma ha previsto importanti novità anche in merito agli obblighi di comunicazione alla Dtl delle prestazione di lavoro intermittente o anche di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, mediante fax o posta elettronica e, in via di definizione, è anche la modalità di comunicazione attraverso sms.
La comunicazione deve avvenire, se pur il giorno dell’inizio della prestazione, comunque sempre prima della stessa. La comunicazione dell’annullamento o la modifica della stessa deve essere effettuata sempre prima della prestazione e, laddove il lavoratore non si presenti, entro le 48 h successive.
Il Ministero ha fornito precisazioni sulla corretta interpretazione della norma riguardante le comunicazioni. In particolare, ha precisato che il riferimento ai 30 giorni deve essere connesso ai giorni di chiamata complessivi di un lavoratore, in un arco temporale, pertanto, anche superiore ai trenta giorni.
Nel caso in cui poi un lavoratore sia chiamato a svolgere prestazioni lavorative continuative o frazionate di durata superiore a 30 giorni, dovranno effettuarsi più comunicazioni.
Il Ministero ha ribadito che, a decorrere dal 18 luglio 2012, non potranno concludersi contratti di lavoro intermittente secondo la previgente normativa e quelli già esistenti termineranno di produrre effetti trascorsi 12 mesi dall’entrata in vigore della Riforma.
Anche al fine di istruire il personale ispettivo, il dicastero ha ribadito che, in mancanza delle condizioni di legge richiamate, i rapporti di lavoro si considereranno a tempo pieno e indeterminato.
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