Si è tenuta il 18 settembre scorso l’audizione informale dell’ANCE presso le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia del Senato in merito al disegno di legge recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” (
DDL 2156-B/S).
La delegazione associativa, guidata dall’Ing. Vincenzo Bonifati, incaricato per i rapporti con le istituzioni preposte al controllo del territorio, prendendo in considerazione gli aspetti del disegno di legge di maggior interesse per l’Ance, ha espresso apprezzamento per la disposizione che prevede l’obbligo delle amministrazioni appaltanti di pubblicare nei propri siti istituzionali gli elementi rilevanti degli appalti quali, l’oggetto, l’elenco degli operatori invitati a presentare l’offerta, l’aggiudicatario, l’importo di aggiudicazione, i tempi di completamento dell’opera, l’importo delle somme liquidate. La disposizione è da valutare positivamente nell’ottica della trasparenza. Inoltre tali informazioni consentono di effettuare un controllo sull’andamento dei lavori, in particolare di quelli aggiudicati con ribassi molto elevati.
L’Ing. Bonifati ha quindi richiamato l’attenzione sulla disposizione concernente la possibilità per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi di gara il rispetto dei protocolli di legalità quale causa di esclusione dalle gare, fornendo in tal modo un fondamento normativo alla vincolatività di tali protocolli. L’aspetto preoccupante, ad avviso dell’Ance, riguarda il fatto che molto spesso i protocolli fanno riferimento, come motivo di recesso dal contratto di appalto o di revoca della autorizzazione al subappalto, alle cd. informazioni prefettizie atipiche.
Si tratta di un istituto che non presenta sufficienti garanzie per gli operatori economici che ne siano oggetto, in quanto la decisione dell’amministrazione appaltante viene presa sulla base di elementi puramente indiziari che vengono comunicati dalla prefettura, ma talmente incompleti che non hanno consentito l’emanazione di una informazione prefettizia interdittiva.
L’Ing. Bonifati, ha poi nuovamente evidenziato, come già alla Camera dei Deputati, che le white list rappresentano lo strumento di presidio più idoneo, da affiancare al complesso sistema di controlli già esistente, nella lotta alle infiltrazioni criminali nell’ambito imprenditoriale.
Tale convinzione nasce dalla constatazione che l’infiltrazione malavitosa, più che i contratti principali, riguarda i sub-contratti, soprattutto quelli relativi a specifiche attività economiche che sono espressione del controllo del territorio esercitato dalle organizzazioni criminali. Si tratta delle attività, a valle dell’aggiudicazione degli appalti, che interessano, in maniera particolare, il ciclo delle cave, del calcestruzzo e del bitume, i cottimi, i noli a caldo e a freddo e lo smaltimento in discarica. Tali ambiti sono stati individuati dalla Direttiva del Ministro dell’Interno del 23 giugno 2010 e quindi ripresi nell’articolo 13 del provvedimento.
Al riguardo, l’Associazione, pur riconoscendo l’importanza dell’individuazione delle attività a rischio operata dalla norma, ha ribadito la necessità che nel testo venga esplicitato chiaramente che l’iscrizione alle white list delle imprese operanti nei settori a rischio sia una condizione necessaria per l’esercizio della stessa attività.
Tale obbligatorietà di iscrizione trova fondamento in due ordini di motivi: l’esperienza relativa alle previsioni legislative di white list non obbligatorie, ma facoltative ed, in particolare, quella concernente la ricostruzione in Abruzzo (art. 16 DL 39/2009, convertito dalla L.77/2009) non ha prodotto risultati rilevanti in termini di imprese richiedenti l’iscrizione, che viene percepita come un’ulteriore complicazione; inoltre, l’obbligatorietà dell’iscrizione consentirebbe di estendere il controllo sistematico delle Prefetture a tutti gli investimenti in costruzioni, sia pubblici che privati. Infatti, circoscrivere l’applicazione delle white list ai soli contratti sottoscritti per appalti pubblici lascia al di fuori del controllo sistematico delle Prefetture la grande maggioranza degli investimenti in costruzioni, costituiti per l’83% da interventi di natura privata.
Si allegano i documenti ANCE consegnati agli atti delle Commissioni.
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