In relazione all’iter del disegno di legge recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”” (
DDL 2156-B/S ed abb.) all’esame, in terza lettura, dell’Aula del Senato, l’Associazione è tornata ad evidenziare alle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Giustizia, come già alla Camera dei Deputati, (al riguardo, si vedano precedenti
del 13 settembre 2011,
del 20 settembre 2011 e
del 4 giugno 2012), le proprie proposte di modifica sui contenuti del provvedimento.
In particolare, l’Associazione è intervenuta sulla disposizione, relativa all’istituzione presso ogni prefettura delle c.d. “white list“, con la quale vengono definite le attività nelle quali, secondo l’esperienza comune, si verifica maggiormente l’infiltrazione malavitosa e che, pertanto, richiedono un controllo continuo, attraverso verifiche periodiche da parte delle Prefetture.
La costituzione, nell’ambito di dette attività, di elenchi di operatori economici non soggetti a rischio di ingerenza mafiosa costituisce una garanzia per le imprese appaltatrici di lavori che nell’ambito di quegli elenchi possono scegliere i propri subcontraenti in tutta sicurezza, per tale motivo l’Associazione ha espresso la necessità di prevedere l’obbligatorietà dell’iscrizione negli elenchi, ai fini dell’esercizio dell’attività stessa e rendere, così, realmente operative le white list.
Infatti, le white list costituite su base volontaria risultano del tutto inefficaci. Inoltre, l’obbligatorietà dell’iscrizione consentirebbe di estendere il controllo sistematico delle Prefetture a tutti gli investimenti in costruzioni, sia pubblici che privati.
Inoltre, con riferimento alla norma con la quale si consente alle stazioni appaltanti di prevedere nei bandi di gara che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità costituisce causa di esclusione dalla gara, l’Associazione – pur valutando positivamente la disposizione in quanto rende più stringenti i controlli antimafia sui lavori pubblici – ha evidenziato che i predetti protocolli fanno normalmente riferimento all’obbligo delle amministrazioni di valutare, in sede di stipulazione del contratto di appalto o di autorizzazione al subappalto (ovvero ai fini del recesso dal contratto stipulato o di revoca dell’autorizzazione assentita), le cd. “informazioni prefettizie atipiche”.
Si tratta delle comunicazioni che i prefetti possono inoltrare alle amministrazioni, ai sensi dell’art. 1-septies del D.L. 6 settembre 1982, n. 629, concernenti “elementi di fatto ed altre indicazioni utili alla valutazione” di cui le amministrazioni stesse possono tener conto nell’emanare provvedimenti di carattere discrezionale.
Tali informazioni, per propria natura, si basano su elementi puramente indiziari, prescindendo dalla sussistenza di un quadro completo e significativo dal quale possa dedursi, con ogni logica conseguenza, il tentativo di ingerenza della criminalità organizzata, elemento che, invece, deve caratterizzare le informazioni tipiche ex art. 10 D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252. Si tratta, in altri termini, di un sistema nel quale non è garantita alcuna certezza agli operatori economici, né rispetto all’azione dell’amministrazione procedente, né rispetto ai reali pericoli di venire in contatto con le organizzazioni di stampo mafioso. Tale istituto rimette all’amministrazione procedente decisioni delicate ed impegnative, quali l’esclusione di un’impresa dalle gare o la rescissione di un contratto, sulla base di elementi che non hanno consentito neppure all’Autorità di pubblica sicurezza un giudizio completo (altrimenti sarebbe stata emessa un’informazione interdittiva e, dunque, tipica).
L’Associazione, per le suddette ragioni, ha espresso la necessità che le comunicazioni di cui all’art. 1 septies del D.L. n. 629/1982 (informazioni atipiche) non possano, di per se stesse, costituire causa di esclusione dalle gare, né causa ostativa alla stipulazione del contratto o dell’autorizzazione al subcontratto.
Le proposte dell’ANCE sono state sostanzialmente condivise e saranno oggetto di valutazione nel prosieguo dell’iter formativo del provvedimento.