L’Aula del Senato ha approvato, in seconda lettura, il disegno di legge su “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea” (
DDL 2646/S, Relatore la Sen. Rossana Boldi del Gruppo parlamentare LNP), con alcune modifiche al testo trasmesso dalla Camera dei Deputati.
Tra le novità, in particolare, in materia di consultazione e partecipazione del Parlamento al processo decisionale europeo:
– il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari europei assicura il raccordo del Governo con il Parlamento e, in particolare, con le Commissioni parlamentari competenti per ciascuna materia, ai fini del tempestivo ed efficace adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’UE;
– le Camere, in coordinamento con il Governo, intervengono nella fase di fondazione delle normative e delle politiche, secondo quanto previsto dal Trattato sull’Unione europea e dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Il Governo assicura l’assistenza documentale e informativa della Rappresentanza dell’Italia presso l’Unione europea agli uffici della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica presso le istituzioni europee;
– il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero il Ministro per gli affari europei, trasmette tempestivamente alle Camere le relazioni e le note informative predisposte dalla Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione europea con riferimento sia a riunioni sia ad atti o progetti di atti adottati, iniziative e procedure di precontenzioso. Il Governo informa e consulta, altresì, periodicamente le Camere in merito al coordinamento delle politiche economiche e di bilancio e al funzionamento dei meccanismi di stabilizzazione finanziaria;
– il Governo informa tempestivamente le Camere di ogni iniziativa volta alla conclusione di accordi tra gli Stati membri dell’Unione europea che prevedano l’introduzione o il rafforzamento di regole in materia finanziaria o monetaria o comunque producano conseguenze rilevanti sulla finanza pubblica. L’Esecutivo deve, altresì, assicurare che la posizione rappresentata dall’Italia nella fase di negoziazione degli accordi suddetti tenga conto degli atti di indirizzo adottati dalle Camere, fornendo appropriate motivazioni della posizione assunta nel caso in cui non abbia potuto conformarsi agli atti di indirizzo;
– qualora il Governo partecipi ad una procedura di consultazione avviata dalle Istituzioni dell’Unione europea ne dà conto alle Camere trasmettendo tempestivamente i commenti inviati alle istituzioni europee;
– le Camere possono far pervenire alle istituzioni dell’unione europea e contestualmente al Governo ogni documento utile alla definizione delle politiche europee. I documenti tengono conto di eventuali osservazioni e proposte delle Regioni;
– in merito alla disciplina della riserva di esame parlamentare, secondo cui le Camere o il Governo stesso in sede di Consiglio dell’UE possono decidere di apporre una riserva d’esame sui progetti di atti comunitari ( per cui l’Esecutivo dovrà attendere la conclusione dell’esame parlamentare, prima di procedere alle attività di propria competenza per la formazione dei relativi atti dell’UE) viene previsto il termine di 30 giorni, anziché 20 per la conclusione dell’esame e la conseguente pronuncia parlamentare sull’atto.
Tra le altre novità si segnalano, altresì, le seguenti:
– in merito all’attività del Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE), che opera presso la presidenza del consiglio al fine di concordare le linee politiche del Governo nella processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti dell’Unione europea, viene precisato che deve essere garantita adeguata pubblicità dei lavori;
– in relazione alla legge di delegazione europea, prevista nel testo insieme alla legge europea per il periodico adeguamento dell’ordinamento nazionale all’ordinamento dell’UE, viene disposto che la stessa possa contenere, tra l’altro, disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa, dirette a modificare o abrogare disposizioni statali vigenti, limitatamente a quanto indispensabile per garantire la conformità dell’ordinamento nazionale ai pareri motivati indirizzati all’Italia dalla Commissione europea ai sensi dell’art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) o al dispositivo di sentenze di condanna per inadempimento emesse della Corte di giustizia dell’Unione europea. Inoltre, nel caso di ulteriori esigenze di recepimento di obblighi comunitari, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari europei, può presentare alle Camere, entro il 31 luglio di ogni anno, previo parere della Conferenza Stato-Regioni, un ulteriore disegno di legge di delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea (legge di delegazione europea, secondo semestre);
– in merito ai principi e criteri generali di delega per l’attuazione del diritto dell’Unione europea, viene precisato che gli atti di recepimento di direttive dell’Unione europea non possono prevedere l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, ai sensi dell’articolo 14, commi 24-bis, 24-ter e 24-quater, della L.246/2005 (sulla semplificazione e riassetto normativo);
– in casi di particolare importanza politica, economica e sociale, tenuto conto anche di eventuali atti parlamentari di indirizzo, viene disposto che il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli Affari europei, di concerto con il Ministro degli Affari esteri e con gli altri Ministri interessati, presenti alle Camere un apposito disegno di legge per dare attuazione o assicurare l’applicazione di un atto normativo dell’Unione europea riguardante le materie di competenza legislativa statale. Tale provvedimento non può contenere disposizioni di delegazione legislativa, né altre disposizioni, anche omogenee per materia, che non siano in diretta correlazione con l’attuazione o l’applicazione dell’atto normativo in recepimento, salvo che la natura o la complessità della normativa le rendano indispensabili;
– sulla disciplina degli aiuti pubblici concessi per calamità naturali, con una apposita norma viene previsto che gli stessi possono essere concessi a soggetti che esercitano un’attività economica, nei limiti del 100 per cento del danno subito, ivi comprese le somme dei versamenti a titolo di tributi, contributi previdenziali e premi assicurativi dovuti nel periodo di vigenza dello stato di emergenza, a condizione che:
– l’area geografica nella quale il beneficiario esercita la propria attività economica rientri fra quelle per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza;
– vi sia prova che il danno, nelle sue componenti di danno emergente e di lucro cessante, è conseguenza diretta dell’evento calamitoso;
– l’aiuto pubblico, anche se concesso da diverse autorità – di livello statale, regionale o locale – non superi complessivamente l’ammontare del danno subito;
– l’aiuto pubblico, cumulato con eventuali altri risarcimenti del medesimo danno, provenienti da altre fonti, non superi complessivamente l’ammontare del danno, maggiorato dell’importo dell’eventuale premio assicurativo pagato per l’anno in corso.
Le modalità di attuazione della disposizione sono demandate ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e nelle more dell’adozione dello stesso, la concessione degli aiuti è soggetta all’autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’art.108 del TFUE.
Il provvedimento, che rappresenta la nuova legge di sistema dei rapporti tra Italia e UE, abrogando la precedente legge in materia (L.11/2005, c.d. “Legge Buttiglione”), torna ora alla lettura della Camera dei Deputati.