Si è svolta il 17 ottobre u.s. l’audizione formale dell’ANCE presso la Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza sismica in Italia.
La delegazione associativa, guidata dal Dott. Piero Torretta, Vicepresidente ANCE per la tecnologia e l’innovazione, ha ricordato, in premessa, come la pesante crisi economico -finanziaria vissuta dal Paese abbia colpito il settore delle costruzioni, illustrando i dati aggiornati sul calo degli investimenti, sulla perdita dei posti di lavoro, nonché sulla riduzione dell’offerta produttiva con la fuoriuscita dal settore di 28.000 imprese di costruzioni solo nel biennio 2009-2010 e sulla progressiva deindustrializzazione del settore (la crisi incide, infatti in modo prevalente sulle imprese più strutturate, con le maggiori professionalità e migliori capacità organizzative).
Al riguardo ha, quindi, evidenziato come per stimolare la ripresa e consentire una crescita che risponda alle aspettative di sicurezza, qualità della vita e competitività sia indispensabile sostenere la capacità produttiva del settore delle costruzioni e attuare una politica industriale più selettiva nel merito. Tale ripresa, anche in coerenza con le politiche del riuso e del risparmio del territorio recentemente varate dal Governo, dovrebbe trovare il suo motore sia nella riqualificazione e messa in sicurezza dai rischi (tra cui anche quello sismico) del patrimonio edilizio esistente, sia nella garanzia che gli interventi siano realizzati da soggetti in possesso delle competenze tecniche, professionalità e capacità organizzative necessarie per meglio assicurare il risultato e contenere il rischio.
Il Dott. Torretta si è poi soffermato sul quadro fornito dal Rapporto ANCE/Cresme sullo stato del rischio sismico e idrogeologico del territorio.
In particolare, il 44% del territorio, il 36% dei Comuni, 21.8 milioni di persone, 5.4 milioni di edifici, 10.7 milioni di abitazioni, 26 mila edifici pubblici strategici (ospedali e scuole), 95 mila capannoni produttivi si trovano nella condizione di elevato rischio sismico (zone 1, 2, 2A e 2B). Inoltre il 62% delle abitazioni esistenti, così come oltre il 60% dei 68.800 edifici ad uso scolastico, risulta costruito prima del 1974 (anno di introduzione della prima normativa quadro sulla sismica per le nuove costruzioni), quindi senza la garanzia di possedere le adeguate caratteristiche antisismiche.
Ha, altresì, rilevato come anche per gli edifici costruiti successivamente a tale data si ponga il problema della rispondenza ai criteri di sicurezza della vigente normativa sismica, essendo stata, nel frattempo, la mappa sismica più volte modificata, includendo, sulla base delle nuove conoscenze, sempre più territori nelle zone di rischio più elevato. Inoltre, oltre alla variazione del rischio sismico del territorio, sulla sicurezza degli immobili incidono altri fattori quali: lo stato di manutenzione dell’edificio; gli interventi di modifica effettuati negli anni che possono aver alterato la sicurezza strutturale dell’edificio stesso; gli interventi nell’area circostante che creano azioni e sollecitazioni sulle strutture portanti (scavi per linee metropolitane, parcheggi interrati ecc.).
Il Rapporto quantifica, inoltre, in 181 miliardi di euro il costo attualizzato complessivo dei danni provocati dai terremoti dal 1944 ad oggi, mentre dal 1968 ad oggi, gli stanziamenti statali complessivi per gli eventi sismici che hanno colpito il territorio – compresi il terremoto del 2009 in Abruzzo ed il recente sisma che ha colpito Emilia, Lombardia e Veneto – si possono stimare in oltre 110 miliardi di euro (pari al 61 per cento del costo complessivo).
Con riferimento alla normativa oggi vigente in materia di tecniche di costruzione (DM 14 gennaio 2008) che prevede che i progetti e le opere realizzate nelle zone a media/alta sismicità siano sottoposti a controllo progettuale preventivo ed obbligatorio da parte dell’Amministrazione Pubblica, che deve rilasciare l’autorizzazione per l’inizio dei lavori, il Dott. Torretta ha evidenziato – a fronte della complessità dei processi costruttivi e della pluralità degli operatori coinvolti – l’opportunità di introdurre progressivamente nuove metodologie di controllo, sia in fase di progettazione che di esecuzione, integrando le verifiche “tradizionali” con controlli affidati ad organismi “terzi” in possesso di determinati requisiti di competenza ed indipendenza.
Sulla questione della agibilità degli edifici ha, poi, evidenziato che una volta rilasciata non è sottoposta ad alcuna verifica nel tempo. Al riguardo, ha rilevato che uno strumento utile è rappresentato dal fascicolo di fabbricato le cui caratteristiche essenziali, per essere facilmente disponibili alle autorità pubbliche ed agli utenti per le valutazioni e decisioni del caso, potrebbero essere registrate al catasto urbano in grado di identificare in modo inequivocabile ogni singolo edificio o porzione dello stesso.
Un ulteriore aspetto su cui si è soffermato il Dott. Torretta attiene all’aggiornamento e alla qualificazione professionale degli operatori la cui attività ha una rilevante incidenza sulla qualità e conformità dei beni e degli interventi realizzati. In merito ha segnalato che, prescindendo dalle professioni tecniche “ordinamentali” per le quali sono già previsti percorsi formativi di aggiornamento obbligatori, per le altre figure impegnate nel ciclo produttivo, soprattutto nella fase realizzativa, ad oggi nulla è richiesto. Pertanto, ha evidenziato l’importanza di sottoporre tutto il processo produttivo, anche quello svolto in cantiere, per la parte che impatta sulla sicurezza strutturale, ad un più incisivo monitoraggio delle varie fasi ed attività e che tutte le maestranze impegnate nelle lavorazioni delle opere strutturali, sia con funzioni di coordinamento che con funzioni meramente esecutive, siano in possesso di una specifica ed obbligatoria qualifica professionale certificata e siano soggette a formazione ed aggiornamento continuativo.
Alla luce di tale quadro, il Dott. Torretta è, quindi, passato ad illustrare le proposte ANCE per un piano di messa in sicurezza degli edifici esistenti. Si tratta, in particolare, delle seguenti:
– Mappatura sul territorio del patrimonio edilizio esistente
Occorre individuare le priorità di intervento, rilevato che non esiste un sillogismo tra “zona altamente sismica” e “rischio sismico” degli edifici e delle infrastrutture che su di esso insistono;
– Agibilità nel tempo
Occorre prevedere che l’agibilità, una volta rilasciata, sia sottoposta nel tempo a verifiche di conferma delle condizioni di sicurezza strutturale dell’edificio a scadenze prefissate;
– Risorse
È necessario sviluppare e sostenere la cultura della gestione del rischio, l’informazione sulla utilità della conoscenza dello stato di rischio dei beni utilizzati per soddisfare le esigenze primarie delle persone. Considerando che la diagnosi di sicurezza sismica e gli eventuali interventi di messa in sicurezza, hanno costi che non sempre i proprietari sono disposti o sono nelle condizioni di sostenere, occorre estendere anche alle diagnosi ed agli interventi di mitigazione del rischio sismico forme di incentivazioni fiscali, come quella del 55% prevista per le riqualificazioni energetiche;
– Coerenza
Occorre coerenza nelle disposizioni legislative che, nel medio/lungo termine, regolamentano l’agibilità e l’uso del bene, la sua commerciabilità e la sua locazione, qualora non si disponga delle necessarie informazioni sullo stato di “rischio” dell’edificio (ad oggi solo per le strutture progettate con le Norme Tecniche del 2008 è dichiarata la vita nominale; per tutte le altre, sarà necessario definire i criteri di valutazione);
– Controlli e qualificazione professionale
E’ necessario introdurre progressivamente, ad iniziare dalle opere pubbliche, nuove metodologie di controllo, sia in fase di progettazione che di esecuzione, integrando le verifiche “tradizionali” con controlli affidati ad organismi “terzi” in possesso di determinati requisiti di competenza ed indipendenza, facendo riferimento alla norma UNI 10721:2012 sui “Servizi di controllo tecnico applicati all’edilizia e alle opere di ingegneria civile”;
– Patto di stabilità
Nell’ottica del ruolo “esemplare” della Pubblica Amministrazione, è indispensabile trovare rapidamente soluzioni efficaci per assicurare che gli enti locali possano destinare risorse, nei loro bilanci, per gli investimenti necessari a garantire la sicurezza, la qualità della vita, l’accessibilità ai beni pubblici da parte dei cittadini. In questo contesto una priorità è quella di escludere dal Patto le spese per la messa in sicurezza degli edifici strategici (scuole, ospedali) e gli interventi di riassetto dei territori.
Si allega il documento con le proposte ANCE consegnato agli atti della Commissione.
8384-Documento consegnato con le proposte ANCE.pdfApri