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La responsabilità solidale fiscale rappresenta "un pesante ostacolo nella gestione delle commesse, che sta causando il blocco dei pagamenti sia negli appalti pubblici che in quelli privati". Lo ha dichiarato il presidente dell'Ance Paolo Buzzetti, in un'intervista, chiedendo l'immediata soppressione della norma inserita nel dl crescita

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Buzzetti : dalla responsabilità solidale fiscale pesanti ostacoli all’attività d’impresa

17 Dicembre 2012
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[affaritaliani.it – 14/12/2012]

 
Fatti & Conti
La responsabilità solidale fiscale?
Un ostacolo per il comparto costruzioni
 
L’articolo 13-ter del decreto crescita (Dl 83/2012) ha introdotto un meccanismo di responsabilità solidale fiscale dell’appaltatore con il suo subappaltatore nel caso in cui quest’ultimo non versi all’Erario le ritenute fiscali sui lavoratori dipendenti e l’Iva relative all’appalto. Per evitare la responsabilità l’appaltatore deve chiedere al subappaltatore, prima di pagargli il corrispettivo, un documento, di cui non è mai stato specificato il contenuto, che attesti la regolarità di questi versamenti. Stessa cosa vale per il committente che deve richiedere all’appaltatore questa documentazione prima di pagarlo altrimenti rischia una pesante sanzione. Insomma, invece di snellire le procedure burocratiche, affidando a organismi statali il controllo degli avvenuti pagamenti da parte di tutti i soggetti coinvolti, si demanda ancora una volta alle imprese il compito di fare da “controllore”, rendendo l’iter ulteriormente appesantito. Partendo da questo spunto, abbiamo chiesto al presidente dell’Ance Paolo Buzzetti quale fosse la sua posizione in merito.
Dottor Buzzetti, che cosa pensa della responsabilità solidale fiscale?
L’introduzione di questa norma, che di fatto trasferisce alle imprese i compiti di “controllore” della regolarità fiscale dei soggetti coinvolti negli appalti, rappresenta un pesante ostacolo nella gestione delle commesse, che sta causando il blocco dei pagamenti sia negli appalti pubblici che in quelli privati. Già nel 2006 ci si era resi conto dell’inutilità di questa norma, che venne eliminata proprio per l’impossibilità di individuare le modalità di controllo.
Quali effetti immaginate avrete su un settore già in difficoltà come quello dell’edilizia?
Le recenti norme hanno aggravato la situazione, prevedendo la responsabilità solidale non solo per le ritenute sui redditi dei dipendenti, ma anche per l’Iva relativa ai lavori realizzati. Proprio in materia di Iva, il controllo non è tecnicamente possibile. La norma crea, quindi, solo un aggravio burocratico che non garantisce il risultato. Come Ance riteniamo indispensabile la sua immediata soppressione, quantomeno con riferimento all’Iva e, per il futuro, un ripensamento integrale anche delle disposizioni sulla responsabilità solidale retributiva e contributiva.
Che cosa pensate che sia giusto fare per garantire, al contempo, la legalità negli appalti e lo snellimento degli iter burocratici, che rischiano oltretutto di penalizzare ulteriormente gli appaltatori?
Su questi punti l’Ance si sta battendo da tempo e proprio in questa direzione ha proposto un pacchetto di modifiche normative, che mira a garantire maggiore trasparenza nelle procedure di gara per l’affidamento di appalti di lavori pubblici, incidendo sulla disciplina riguardante diversi istituti giuridici. L’obiettivo è quello di contenere il rischio di condizionamenti, pratiche collusive e comportamenti arbitrari che possano compromettere i principi di concorrenza. Le modifiche proposte riguardano: il criterio di aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa che, data la complessità, dovrebbe essere limitato ad appalti al di sopra di un certo importo, ad esempio 2,5 milioni di euro; l’individuazione dei membri della commissione aggiudicatrice, nominata in caso di offerta economicamente più vantaggiosa, mediante sorteggio in un elenco di esperti; il criterio dell’esclusione automatica delle offerte anomale, nell’ambito del quale andrebbero inseriti alcuni elementi di casualità, con l’obiettivo di evitare eventuali condizionamenti.
Indipendentemente da chi vincerà le prossime elezioni, quali pensate che debbano essere i passaggi fondamentali per riuscire a invertire la tendenza di un settore che sta vivendo un momento davvero difficile?
Come Ance abbiamo individuato una serie di proposte concrete non solo per ridare fiato alle imprese di costruzione, ormai stremate dalla crisi, ma anche per contribuire alla ripresa dell’economia e all’avvio di una crescita duratura. Per prima cosa pensiamo che sia necessario mettere mano a un piano di messa in sicurezza del territorio, che significa anche e soprattutto adeguare il patrimonio edilizio esistente, a partire da scuole e ospedali. Poi va rilanciato il mercato immobiliare, che vive una fase di pesante contrazione. Su questo punto noi proponiamo un “piano-salva casa”, che si basa sull’esperienza virtuosa fatta nel dopoguerra con le cartelle fondiarie. Fondamentale, in questo momento così difficile, è anche dare concretezza al Piano città, che l’Ance ha proposto e che ha trovato corpo nel primo decreto sviluppo. Bisogna cogliere questa opportunità e rafforzare il Piano anche con misure mirate e coraggiose sul fronte fiscale, che potrebbero costituire vere e proprie leve per stimolare l’interesse e gli investimenti dei privati. Non ultimi i pagamenti dovuti da parte della p.a. Le nostre imprese stanno morendo per mancanza di liquidità. All’estero non succede che si attenda addirittura fino a 2 anni per essere pagati dalla p.a. per lavori regolarmente eseguiti. In questo senso la decisione di recepire la direttiva Ue sui pagamenti è importante, ma vigileremo che non vi siano dubbi interpretativi sull’applicabilità anche al nostro settore.
Il crollo dei mutui e dei finanziamenti (-41% nell’ultimo anno) potrà essere arginato solo se…?
Innanzitutto bisogna dire con estrema chiarezza che la vera causa del ridimensionamento del mercato non è la fantomatica “bolla” che molti hanno profetizzato. La domanda nel nostro Paese è ancora molto forte: dal confronto tra abitazioni messe in cantiere negli ultimi anni e nuove famiglie risulta un fabbisogno potenziale di circa 600 mila unità. Quindi le difficoltà del mercato vanno individuate sotto altri aspetti: la forte incertezza dei cittadini dovuta alla crisi economica, il dimezzamento dei mutui, l’Imu che è stata la vera patrimoniale sulla casa. Un quadro complesso che richiede risposte efficaci. Di qui la nostra proposta, che accennavo prima, del piano “salva-casa”, ispirato a quello che, non a caso, proprio in queste ultime settimane sta mettendo in campo la banca centrale americana (Fed). In estrema sintesi la proposta prevede il coinvolgimento degli investitori istituzionali (Cassa Depositi e Prestiti, finanziarie regionali, fondi pensione) nell’acquisto delle obbligazioni a medio-lunga scadenza emesse dalle banche e finalizzate all’erogazione di mutui. Ad esempio, potrebbero essere finanziati mutui per acquisto prima casa, o dedicati alle giovani coppie e per abitazioni “verdi”. In questo modo si garantirebbe agli istituti di credito la disponibilità di funding a lungo termine (25-30 anni) per finanziare i mutui e al tempo stesso i benefici del minor costo della raccolta verrebbero trasmessi direttamente al cliente, sia in termini di minor tasso d’interesse, sia di maggior percentuale di finanziamento concesso.
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