[Il Sole 24 Ore – 13/03/2013 – di *Antonio Tajani]
L`intervento
Subito il piano per i debiti della Pa
Il 16 marzo scade il termine per l`attuazione della direttiva europea sui ritardi di pagamento che impone allo Stato di pagare i fornitori entro 30 giorni, pena interessi superiori all`8 per cento.
Tra le poche eccezioni, quella per il settore sanitario dov` è possibile pagare a 60 giorni sulla base di provate giustificazioni notificate alla Commissione europea. Vista la gravità della crisi, la Commissione ha chiesto di anticipare l`attuazione della direttiva. Alcuni Stati hanno risposto positivamente. Tra questi, l`Italia che l`ha attuata a partire dal 1° gennaio, seppure con alcune difformità che devono essere chiarite al più presto. Dal 17 marzo, la Commissione non farà sconti a nessuno. Saremo rigorosi, aprendo, se necessario, procedure d`infrazione. È un
segnale chiaro per ribadire che siamo dalla parte delle imprese e dell`economia reale.
La nuova normativa è rivoluzionaria, specie in Paesi, quali Italia o Grecia, dove la media dei pagamenti supera i 180 giorni, ben lontana dai 61 della Ue.
Queste disparità sono tra i principali ostacoli al funzionamento del mercato europeo. Difficile competere con chi è pagato in meno di un mese in Germania o Finlandia, per imprese che aspettano talvolta più di tre anni.
Alcuni Stati, anziché ridurre la spese e diventare più efficienti, hanno la pessima abitudine di finanziarsi sulla pelle delle imprese. Non solo con la pressione fiscale, ma anche ritardando i pagamenti dei fornitori. Oltre all`ingiustizia di uno Stato che chiede il pagamento tempestivo dei tributi mentre è inadempiente come debitore, vi è un effetto devastante su economia, occupazione e competitività. La restrizione del credito, particolarmente acuta proprio nei Paesi afflitti dai ritardi delle Pa, sta provocando una moria d`imprese senza precedenti.
Pagando in ritardo, lo Stato aggrava il problema, uccidendo migliaia d`imprese sane che non riescono più a pagare stipendi, fornitori e tasse. Secondo dati recenti, 1/3 delle imprese italiane chiude a causa dei ritardi di pagamento. Il paradosso è che spesso i ritardi sono giustificati col rispetto del Patto di stabilità.
Per le regole di contabilità italiane, ad esempio, il debito verso le imprese è contabilizzato solo a pagamento effettuato. Con l`incentivo a pagare il più tardi possibile per avere conti, almeno
formalmente, più in ordine. Una “furbizia” a dir poco fallimentare.
Ritardando i pagamenti si crea una spirale micidiale: chiusure d`imprese, licenziamenti, recessione, meno incassi per lo Stato, ulteriore peggioramento dei conti.
La spirale va spezzata. E la ricetta è quella che mi sforzo di promuovere da alcuni mesi. Bisogna evitare che l`obbligo di pagare dopo 30 giorni i nuovi debiti abbia l`effetto perverso di
allungare i pagamenti dei debiti precedenti. In linea con la ratio della direttiva che, pur lasciando discrezionalità sulla retroattività delle norme, chiede chiaramente agli Stati di essere puntuali, servono dei piani per pagare, possibilmente entro un anno, tutti i debiti pregressi. Alcuni paesi, come la Spagna, hanno imboccato la strada giusta pagando 27 miliardi di debiti
arretrati in 5 mesi. Purtroppo, invece, il tentativo italiano si è arenato su procedure farraginose
e rigidità del Patto di stabilità interno. È urgente e vitale per l`Italia, dove si concentra oltre la
metà dei circa 1.80 miliardi di euro che le Pa europee devono alle imprese, attuare un piano di
rientro efficace di questi debiti, quale prima misura per uscire dalla recessione.
Anche se il debito italiano dovesse aumentare a seguito di emissioni ad hoc per coprire gli arretrati, non credo che i mercati reagirebbero negativamente.
Questi debiti sono noti e già presi in conto nell`analisi del reale indebitamento del nostro Paese.
Al contrario, fare chiarezza sulla loro entità e sui tempi di pagamento alle imprese darebbe fiducia ai mercati che guarderebbero prima di tutto agli effetti positivi sulla crescita. Inoltre, il pagamento sarebbe “una tantum” e quindi fuori dalle dinamiche strutturali del debito.
Il Vertice europeo di giovedì e venerdì dovrà dare risposte su crescita e occupazione. È auspicabile introdurre maggiore flessibilità sul Patto di stabilità per favorire sia il pagamento degli arretrati che investimenti pubblici produttivi necessari al pari delle riforme e del consolidamento fiscale. Non sono più rinviabili interventi massicci da parte del bilancio Ue e della Banca europea per gli investimenti per favorire l`accesso al credito. La stessa Bce in un momento cosi drammatico deve assicurare la trasmissione della linfa vitale dal sistema bancario a quello produttivo per salvaguardare occupazione e crescita.
La crisi ci impone di uscire dai dogmi e dimostrare una forte volontà di cambiamento. Non si torna a crescere solo con azioni macroeconomiche: bisogna accendere i riflettori sui problemi
delle imprese. Serve una vera politica industriale europea: al Fiscal compact e al ruolo dell`Ecofin, va affiancato rapidamente un Industrial compact, con l`opportuno rafforzamento del Consiglio competitività.
*Vicepresidente Commissione Europea Responsabile per l`Industria e l`Imprenditoria