Si è svolta il 17 settembre c.m. l’audizione dell’ANCE presso la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sulle misure per fronteggiare l’emergenza occupazionale, con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile.
Il Presidente dell’ANCE, Ing. Paolo Buzzetti, che ha guidato la delegazione associativa ha evidenziato, in premessa, che il settore delle costruzioni si trova, a partire dal 2008, in una situazione di forte crisi che in sei anni ha prodotto una riduzione degli investimenti in costruzioni di circa il 30%. La profondità e la lunghezza della recessione, tuttora in atto nelle costruzioni, hanno avuto notevoli ripercussioni sull’occupazione. Le costruzioni, dall’inizio della crisi hanno perso 446.000 posti di lavoro, che salgono a 690.000 se si considerando anche i settori collegati.
I dati relativi all’indagine Istat sulle forze di lavoro rilevano un quadro occupazionale fortemente compromesso per il settore delle costruzioni, con una significativa accelerazione della caduta nei primi mesi dell’anno in corso. Il numero di occupati nelle costruzioni, pari a circa 1.754.000 unità nel 2012, dopo aver subito un calo dell’11,7% tra il 2008 e il 2012, registra una significativa flessione tendenziale del 12% nella prima metà del 2013. Anche i dati delle Casse Edili che, rispetto ai dati Istat (Ateco 2007), tengono conto di una platea di lavoratori molto più circoscritta, confermano la gravità della crisi, con flessioni tendenziali, nel primo trimestre 2013, del 16,3% del numero di ore lavorate, del 13,1% del numero di operai e del 10,7% delle imprese iscritte. Tali diminuzioni seguono già un quadriennio 2009-2012 di forti cali (ore lavorate -34,1%; operai -31,2%; imprese -26,6%). Se si prende in considerazione l’anno 2008, ad oggi l’edilizia ha perso il 50% delle ore lavorate.
Al riguardo, ha, inoltre, evidenziato che a risentire della crisi sono state, in modo particolare, le nuove generazioni. Secondo l’Istat, nel 2012 per gli occupati nel settore di età inferiore ai 35 anni (pari al 30,5% del totale occupati nel settore) la flessione, rispetto al 2008, raggiunge il 26,5%, a fronte di un calo del 3,1% degli occupati di età superiore ai 35 anni (-11,7% il calo complessivo per il settore). Anche i dati forniti dalla CNCE (Commissione nazionale paritetica per le Casse Edile) relativi esclusivamente agli operai, di età compresa tra i 17 e i 25 anni, operanti nel settore dell’industria dell’edilizia in senso stretto e relativi all’anno 2012, confermano una riduzione, rispetto all’anno precedente, del 24% circa.
A fronte di tale situazione, ha ricordato l’importanza dell’istituto del contratto di apprendistato quale canale preferenziale per l’occupazione giovanile in grado, attraverso l’attivazione di percorsi educativi e formativi di qualità, di realizzare un incontro dinamico tra i fabbisogni educativi/formativi dei giovani e quelli professionali delle imprese. Tuttavia, l’Apprendistato, la cui disciplina ha subito numerose modifiche, ad oggi, ha contribuito in modo marginale all’inserimento dei giovani nel settore. Risulta, infatti, dai dati elaborati dalla CNCE che gli operai, sia italiani che stranieri, assunti con tale tipologia contrattuale e che risultano dalla banca dati dell’Ape, sono stati nel 2012 circa 26.000, pari a circa il 5,3% del totale degli operai. Inoltre, dall’elaborazione Ance sui dati Istat, emerge che il numero nei lavoratori dipendenti assunti con tale tipologia contrattuale, nel settore delle costruzioni, è stato nel 2012 pari a circa 23.000. L’utilizzo di tale istituto ha trovato, probabilmente, un freno nell’eccessiva stratificazione degli attuali provvedimenti normativi in materia di apprendistato nonché l’accavallarsi con le normative regionali spesso diverse tra loro oltre alla contrattazione collettiva di categoria. Pertanto, ha evidenziato la necessità di prevedere un’ulteriore semplificazione normativa in materia di apprendistato, al fine di agevolarne il ricorso quale canale preferenziale di accesso nel mercato del lavoro per i più giovani.
Ha, poi, sottolineato il ruolo importante per l’integrazione formazione/lavoro rivestito dal sistema bilaterale di settore, da sempre punto di riferimento per imprese e lavoratori nonché un esempio importante per gli altri comparti produttivi. Il settore delle costruzioni vanta, infatti, la presenza di un articolato sistema della bilateralità, costituito da circa 300 enti diffusi sul territorio, Casse Edili, Scuole Edili e Comitati paritetici per la sicurezza, che fanno capo a 3 Enti nazionali di coordinamento (Cnce, Formedil, Cncpt). Tuttavia, il costo di tale sistema grava quasi interamente sulle imprese e, pertanto, rischia di divenire un vero e proprio boomerang soprattutto nell’attuale situazione di grave crisi che ha travolto il settore. Il forte calo del numero di operai, di imprese e di massa salari a cui stiamo assistendo sta esponendo gli enti a forti criticità finanziarie che necessitano, pertanto, di soluzioni urgenti a breve termine, soprattutto in tema di costo del lavoro.
Sul piano della formazione ha rilevato che negli ultimi anni sono stati raggiunti numerosi obiettivi che hanno coinvolto molti giovani del settore, tra cui i corsi di 16 ore per i lavoratori di primo ingresso nel settore, il Progetto strutturale Mics per la formazione degli operatori delle macchine complesse, la Borsa Lavoro, quale istituto fondamentale per una gestione ottimale dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, nonché la BDFC-Banca dati Formazione Costruzioni, finalizzata alla raccolta strutturata dei risultati conseguiti dagli utenti delle attività formative.
Ha, inoltre, evidenziato, a fronte della prolifica azione del sistema bilaterale di settore, interamente finanziato sul territorio dalle imprese, la necessità di destinare agli Enti bilaterali l’aliquota contributiva a carico delle imprese pari allo 0,30%, versato per legge all’Inps per la formazione continua, laddove non destinato a Fondimpresa, con lo scopo di far confluire al settore risorse utili per una formazione mirata e tarata sulle esigenze delle imprese. In edilizia, infatti, è presente un sistema bilaterale strutturato che dedica circa 100 enti alla formazione mirata degli operatori di settore.
Al fine di dare un nuovo slancio, nel breve periodo, all’occupazione, in particolare, giovanile, ha, poi, espresso l’auspicio che vengano adottate, anche in via sperimentale, misure urgenti volte a creare nuove possibilità per le imprese di formulare offerta di lavoro nell’ottica di una maggiore flessibilità. In particolare, ha illustrato le seguenti proposte:
–non calcolare le nuove assunzioni ai fini delle base di computo prevista dalla normativa vigente;
–prevedere la libera recedibilità dai contratti a termine già oggi imbrigliati in una normativa complicata e gravosa da applicare per le imprese;
–abolire il contributo addizionale per le assunzioni a termine nonché il contributo previsto per i licenziamenti, forme queste che rappresentano dei veri e propri oneri per l’impresa dinanzi all’utilizzo di strumenti già dettagliatamente normati per la tutela dei lavoratori.
–ridurre il costo del lavoro in edilizia, anche per equipararlo ai diversi settori dell’industria, tenuto conto del fatto che le imprese di costruzioni sono gravate da un costo del lavoro, caratterizzato dal maggior gettito contributivo, superiore di circa 10 punti percentuali rispetto agli altri settori produttivi. Basti pensare al contributo cassa integrazione guadagni ordinaria, pari al 5,20% in edilizia contro il 1,90% – 2,20% negli altri settori. Al riguardo, secondo gli ultimi dati in possesso dell’Ance, la gestione edilizia della CIG presso l’Inps presenta un saldo attivo, relativo al decennio 2002 – 2011, pari a quasi 4.000 milioni di euro, con punte di avanzo di esercizio annuale superiori ai 500 milioni di euro.
– alla luce dell’attuale crisi economica del settore che sta favorendo l’esercizio dell’attività pseudo autonoma a causa delle più favorevoli aliquote contributive, equiparare gradualmente le aliquote contributive tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, diminuendo quelle per il lavoratore subordinato, con la conseguente riduzione della forbice dei costi tra chi esercita l’attività edile in forma di impresa e chi la esercita come lavoratore autonomo. In termini di aliquote contributive previdenziali, il peso contributivo Inps a carico di un’impresa edile (fino a 15 dipendenti) per un lavoratore subordinato è, infatti, del 34,98% a fronte dell’attuale 21,75% del lavoratore autonomo.
Si allega il documento con le proposte ANCE consegnato agli atti della Commissione.