Il DdL di Stabilità 2014, approvato al Senato e ora in attesa dell’esame della Camera dei Deputati, riscrive le disposizioni in tema di fiscalità immobiliare, in vigore dal 1° gennaio 2014.
Rispetto al testo originario, è stata introdotta una nuova Imposta Unica Comunale – cd. “IUC”- che si articola in 3 componenti:
1. l’IMU, che resta invariata e disciplinata dall’art.13 del D.L.201/2011 (ai fini IMU viene mantenuta l’esclusione dei fabbricati costruiti per la vendita, “beni merce” delle impese edili);
2. la TARI sulla gestione dei rifiuti urbani e assimilati, a carico del possessore/detentore di immobili (locale a o area scoperta a qualsiasi uso adibiti) idonei a produrre rifiuti urbani o assimilati. La tariffa è commisurata alla superficie calpestabile dell’unità immobiliare, già assoggettata all’attuale TARES (o TIA), con aliquota che verrà definita dal Comune con proprio regolamento;
3. la TASI sui servizi indivisibili dei Comuni, a carico del proprietario e, pro quota, dell’eventuale occupante dell’immobile (per una % variabile dal 10 al 30%, a seconda di quanto stabilito dal Comune con proprio regolamento). Tale componente si applica con aliquota base dell’1 per mille sul valore catastale degli immobili (aree e fabbricati, compreso il “magazzino” delle imprese edili), determinato con le stesse modalità vigenti ai fini IMU.
I Comuni possono variare tale aliquota:
• in diminuzione, sino ad azzerarla,
• in aumento, a condizione che la somma delle aliquote IMU e TASI non superi il 10,6 per mille .
Solo per il 2014, l’aliquota TASI non può superare il 2,5 per mille del “valore catastale” dell’immobile, calcolato con gli stessi criteri IMU (rendita catastale, rivalutata del 5% e moltiplicata per il relativo coefficiente, ad esempio 160 per le abitazioni).
Le componenti TARI e TASI, quindi, si applicano con presupposti impositivi diversi. Infatti, mentre la TARI è legata alla capacità del locale di produrre rifiuti, la TASI colpisce il mero possesso, o la detenzione, dell’immobile, a prescindere dal suo utilizzo effettivo.
Per un primo approfondimento sul tema, sono proposti in allegato alcuni esempi di confronto tra l’impatto del TRISE (previsto nel testo originario del DdL) e quello della IUC.
In ogni caso, sotto il profilo generale, ad una prima analisi, la nuova IUC appare sostanzialmente simile al TRISE. La differenza fondamentale sta nell’aliquota massima che, nel TRISE poteva arrivare sino all’11,6 per mille del “valore catastale”, mentre nella IUC può raggiungere il 10,6 per mille. Inoltre, per il 2014, l’aliquota IUC non potrà superare il 2,5 per mille.
Per quanto riguarda l’abitazione principale, resta ferma l’esclusione da IMU, mentre la stessa rimane assoggettata alle componenti della nuova Imposta Unica, ossia alla TARI (correlata alla gestione dei rifiuti) ed alla TASI (correlata ai servizi comunali), con aliquota che potrà variare tra l’1 per mille ed il 2,5 per mille. I Comuni, inoltre, hanno la facoltà di introdurre specifiche detrazioni, che possono portare all’annullamento della TASI sulla “prima casa” e, a tale scopo, è stato istituito un Fondo di 500 milioni di euro.
Preoccupano le conseguenze sugli investimenti immobiliari del nuovo impianto impositivo sugli immobili.
In particolare, infatti, su una seconda casa non locata, oltre all’IMU ed alla Tassa sui rifiuti, dal 2014 sarà dovuta anche la tassa sui servizi comunali (TASI). Inoltre, se la seconda casa non locata si trova nello stesso Comune nel quale è situata l’abitazione principale, i tributi dovuti sono ben 4, considerata la reintroduzione dell’IRPEF sulle case sfitte in misura pari al 50% del valore catastale (rendita rivalutata del 5% ed aumentata di 1/3).
La seconda casa locata non subisce variazioni impositive sostanziali con la nuova IUC, rispetto a quanto già pagato nel 2012 e nel 2013.
Inoltre, il tributo sui servizi comunali indivisibili (TASI) colpisce anche l’invenduto delle imprese edili (cd. “beni merce”), che subisce così un prelievo decisamente improprio.
Difatti, se da un lato i fabbricati costruiti o ristrutturati per la vendita, e non ancora ceduti né locati, non essendo utilizzati, non fruiscono di alcun servizio comunale, dall’altro le aree destinate all’utilizzo edificatorio già contribuiscono al finanziamento dei servizi comunali, attraverso gli oneri urbanistici e/o la realizzazione delle opere di urbanizzazione.
L’introduzione della TASI comporta, quindi, effetti deleteri su tutti i “beni merce” delle imprese edili, sui quali, dopo l’esclusione dalla tassazione IMU, viene sostanzialmente reintrodotta un’imposta patrimoniale, camuffata da imposta sui servizi, tra l’altro non fruiti da tali fabbricati, con aliquote che possono variare tra l’1 per mille e l’2,5 per mille per il 2014, sino ad arrivare al 10,6 per mille dal 2015.
Per quanto attiene alle aree, poi, la TASI si aggiunge all’IMU, con un’evidente duplicazione d’imposta.
È pertanto evidente la necessità di riconoscere espressamente l’esclusione dalla TASI per tutti gli immobili facenti parte del cd. “magazzino” delle imprese edili, ovverosia fabbricati di nuova costruzione o incisivamente ristrutturati per la successiva vendita ed aree edificabili. Ed è in tal senso che l’ANCE è già intervenuta e continuerà ad intervenire, sollecitando modifiche all’attuale impianto normativo, anche durante l’iter del provvedimento alla Camera dei Deputati.
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