L’ANCE è stata ascoltata il 18 dicembre c.m. presso la Commissione Territorio e Ambiente del Senato, nell’ambito di un ciclo di audizioni informali sulle “problematiche connesse al consumo del suolo”. Tali temi sono trattati dalla Commissione “in senso generale” non essendo connessi a provvedimenti legislativi alla stessa assegnati.
La delegazione associativa ha illustrato, in premessa, alcune considerazioni generali sul rapporto tra territorio e paesaggio, rilevando che oggi il territorio è tornato al centro dell’agenda politica in seguito all’emergere di una serie di problematiche legate ad eventi, eccezionali e non, che ne hanno evidenziato la fragilità. La causa di questa fragilità viene generalmente riconosciuta nell’eccessivo consumo del suolo – cioè la riduzione di superficie naturale per effetto di interventi di urbanizzazione ed impermeabilizzazione ad opera dei comuni – che porta ad invocarne il blocco in modo generalizzato ed incondizionato (cosiddetta “opzione zero”).
Tale approccio comporterebbe però il rischio di norme che, oltre a non permettere di perseguire l’obiettivo di un uso ragionato del suolo, potrebbero determinare lo stallo economico, tra l’altro, senza tener conto delle specificità locali. Si rischierebbe, quindi, di determinare una situazione di “sviluppo zero”, incompatibile con l’esigenza, sempre più attuale, di riqualificare e modernizzare i centri urbani.
Ad avviso dell’ANCE occorrerebbe, invece, ripensare in chiave organica al rapporto fra urbanistica, paesaggio/beni culturali e ambiente, ognuno dotato, a monte di propri strumenti di pianificazione e, a valle, di propri atti autorizzativi degli interventi edilizi. Allo stato attuale tra le varie tipologie di piano non c’è interazione e manca un coordinamento effettivo che permetta di determinare univocamente le regole per la gestione del territorio. Tali problemi di interazione si pongono anche tra i titoli abilitativi degli interventi edilizi, mentre sarebbe necessario un coordinamento efficace in nome della valorizzazione del territorio.
Ha evidenziato, altresì, che la gestione sostenibile del territorio passa necessariamente anche attraverso la messa in sicurezza del territorio dai problemi di dissesto idrogeologico che oggi affliggono fortemente il Paese.
Al riguardo, ha rilevato, in particolare, la necessità di cambiare radicalmente approccio e modalità d’intervento al problema: occorre prevenire i rischi e non solo agire a contenimento del danno avvenuto, intervenendo con una programmazione di lungo periodo all’interno di una vera e propria politica strategica del territorio, basata sì sul contenimento del consumo del suolo e del suolo agricolo in particolare, considerata la sua funzione di soddisfacimento dei bisogni alimentari e di prevenzione dei dissesti idrogeologici, ma anche e soprattutto sulla riqualificazione dell’esistente, legandola anche a temi oggi più che mai attuali quali il contenimento energetico, la sicurezza sismica, la sostenibilità ambientale.
Ha sottolineato, al riguardo, la disponibilità in quest’ambito di strumenti innovativi di gestione del territorio come la compensazione urbanistica che potrebbe risultare utile proprio ai fini della delocalizzazione/rilocalizzazione di manufatti ubicati in aree a rischio idrogeologico.
Ha, inoltre, chiarito che il cambio di approccio dovrebbe avvenire nel quadro di una definizione organica delle regole e di una programmazione unitaria delle risorse.
Ha, quindi, sviluppato più nello specifico il tema del rapporto tra la riduzione del consumo del suolo e riqualificazione urbanistica, affermando in particolare, l’importanza del passaggio da un modello di sviluppo territoriale incentrato non più solo sull’espansione e sulla nuova costruzione, quanto sulla rigenerazione urbana in generale, nella consapevolezza che il territorio rappresenta una risorsa esauribile e non rinnovabile.
In quest’ottica, gli obiettivi del contenimento del consumo del suolo e del recupero dell’edificato dovrebbero andare di pari passo ed essere accompagnati dalla previsione di meccanismi giuridici, economici e fiscali che permettano di attuare realmente una politica in tal senso.
Passando ad esaminare i profili fiscali della materia, ha, quindi, rilevato che nell’ambito della revisione degli strumenti urbanistici, il tema della fiscalità urbanistica ed immobiliare assume un ruolo centrale.
In particolare, ad avviso dell’Associazione, occorre pervenire ad un riordino e revisione delle imposte relative alle fasi di produzione, recupero e trasferimento immobiliare, in grado di favorire, attraverso l’alleggerimento degli attuali vincoli fiscali, le iniziative di trasformazione urbanistica ed edilizia.
Nello specifico, ha esaminato, in particolare, tre ambiti di priorità: l’alleggerimento del “costo fiscale” dell’investimento nella fase intermedia dell’attività edile, la cessione di aree ed opere di urbanizzazione a scomputo; la rottamazione dell’usato.
In particolare, ha sottolineato la necessità di riconoscere la permanenza nell’ordinamento dei regimi agevolativi applicabili ai trasferimenti di immobili diretti all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale, in deroga alle previsioni del D. Lgs. 23/2011 che ne prevede, invece, l’abrogazione dal 1° gennaio, estendibili a tutti i programmi urbanistici, anche non residenziali, nonché la detassazione, con l’aliquota del 20%, delle plusvalenze realizzate dai privati nella fase di cessione delle aree edificabili.
Ha, altresì, rilevato che occorre mantenere in vigore del regime agevolativo (Registro fisso, pari a 200 euro) applicabile ai trasferimenti di aree o opere di urbanizzazione effettuati nei confronti dei Comuni a scomputo di contributi di urbanizzazione o in esecuzione di convenzioni di lottizzazione (irrilevanti ai fini IVA, ai sensi dell’art.51 della legge 342/2000), in deroga alle previsioni del D.Lgs. 23/2011 che ne prevede l’abrogazione dal 1° gennaio 2014.
Ha, inoltre, chiarito la necessità di riconoscere l’applicabilità dell’imposta di registro pari all’1% e delle ipotecarie e catastali in misura fissa, ai trasferimenti aventi ad oggetto fabbricati “usati”, effettuati nei confronti di imprese, a condizione che le stesse trasferiscano in permuta abitazioni di nuova costruzione, o incisivamente ristrutturate, ad elevate prestazioni energetiche (classe A o B).
La delegazione associativa si è, infine, soffermata sulla necessità di rivedere la nozione di area edificabile a fini fiscali, prevedendo che tale qualifica, ai fini di tutti i tributi, sia applicabile solo dopo la definitiva approvazione dello strumento urbanistico (che consente, di fatto, la possibilità di ottenere il titolo abilitativo all’intervento edilizio), nonché sull’importanza di scongiurare ulteriori aumenti delle aliquote IVA, mantenendo, in particolare, quella ridotta al 4% oggi riconosciuta per l’acquisto o costruzione della prima casa. A quest’ultimo riguardo, l’eventuale riordino complessivo della disciplina IVA andrebbe inteso come frutto di un lavoro selezione e condivisione con tutte le categorie produttive, anche in considerazione del fatto che, in un’ottica di coesione sociale, la casa rappresenta un “bene primario”, da salvaguardare al pari degli interventi di incisiva riqualificazione, che tutto il territorio del Paese necessita con carattere d’urgenza.
In allegato il documento ANCE consegnato agli atti della Commissione.
14201-Audizione consumo del suolo.pdfApri