Si segnala che sulla Gazzetta ufficiale Serie generale n. 280 del 29 novembre 2013, è stato pubblicato il D.P.R. 30 ottobre 2013, che definisce il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da AGI nel 2011 e finalizzato a contestare la legittimità di diversi articoli del Regolamento generale (D.P.R. n. 207/2010) in materia di qualificazione.
In particolare, l’AGI ha contestato le disposizioni del Regolamento Generale che impediscono all’impresa appaltatrice, in possesso di qualificazione in una categoria di lavorazione generale (OG), di poter eseguire direttamente anche le lavorazioni delle categorie specialistiche nonché “superspecialistiche” previste nel bando come scorporabili (artt. 107, comma 2, 109, comma 2 e Allegato A).
La questione nasceva dal fatto che la gran parte delle categorie specializzate menzionate nell’Allegato A del Regolamento sono indicate come categorie a qualificazione obbligatoria, con la conseguenza che l’affidatario privo della relativa specifica qualificazione non può eseguirle in via diretta, ma deve necessariamente subappaltarle ad un soggetto idoneamente qualificato (art. 109, comma 2).
Inoltre, alcune delle categorie del Regolamento, ed in particolare quelle elencate all’art. 107, comma 2, sono definite come “superspecializzate” e per esse vale un regime ancora più rigido, considerato che, laddove siano di importo superiore al 15% dell’appalto, possono essere subappaltate solo nel limite del 30%, con conseguente obbligo per il concorrente privo della relativa qualificazione, di costituire un’ATI verticale obbligatoria con l’impresa specialistica (art. 37, comma 11, codice appalti).
Tale impostazione della normativa vigente, secondo AGI, finisce per vanificare il principio, pur contenuto nell’ambito del Regolamento Generale (art. 109, comma 1), secondo il quale, in linea di massima, l’affidatario dei lavori in possesso della qualificazione nella categoria generale dovrebbe poter eseguire anche le lavorazioni complementari e necessarie per completare quello che è l’intervento che costituisce l’oggetto principale della sua qualificazione.
In sostanza, il dato quantitativo legato al numero eccessivo di categorie definite dal Regolamento “a qualificazione obbligatoria” (si tratta di 46 categorie su 52 complessive, delle quali ben 24 sono “superspecializzate”, con conseguente parziale divieto di subappalto) determina, di fatto, una inversione del rapporto tra regola ed eccezione, con l’effetto, illogico e contraddittorio, di imporre, ai fini dell’esecuzione, il ricorso pressoché generalizzato alle competenze delle imprese specialistiche.
L’Agi ha poi contestato anche l’attuale articolo 85, comma 1, lett. b), nn. 2 e 3 del Regolamento, nella parte in cui prevede un limite all’utilizzabilità, ai fini della qualificazione nella categoria scorporabile, dei lavori affidati in subappalto, se questo ha superato il 30% dell’importo della categoria scorporabile a qualificazione non obbligatoria, ovvero il 40% nel caso di categoria a qualificazione obbligatoria.
Tali contestazioni, già condivise dal Consiglio di Stato (Commissione Speciale) che ha emesso il parere n. 3014/2013 (cfr. news Ance del 9 luglio 2013, n. 12290), sono state accolte dal Presidente della Repubblica, con conseguente annullamento delle relative previsioni normative.
Si evidenzia che l’effetto abrogativo delle norme sarà operativo decorsi quindici giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del D.P.R. (ossia a far data dal 14 dicembre p.v.), stante l’ordinario termine di vacatio legis del provvedimento presidenziale.
Sono state, invece, respinte le censure volte a far valere l’illegittimità:
– dell’art. 79, comma 19, nella parte in cui prevede l’obbligo, ai fini della qualificazione nelle categorie specializzate, di presenza in organico di operai dotati di patentino certificato. La norma, infatti, secondo il Consiglio di Stato, non si pone in contrasto con la normativa comunitaria in quanto la richiesta di una specifica qualificazione professionale dei lavoratori comporta una valorizzazione e non una contraddizione del requisito di qualificazione comunitario relativo all’organico medio.
– dell’ art. 79, comma 20, nella parte in cui prevede, per la qualificazione nelle categorie OS 13, OS 18-A, OS 18-B, e OS 32, l’obbligo di dimostrare di disporre di un adeguato stabilimento industriale specificamente adibito alla produzione dei beni oggetto della categoria. La norma non risulta in contrasto con la normativa comunitaria, che si riferisce all’attrezzatura, al materiale e all’equipaggiamento tecnico di cui l’imprenditore dispone per eseguire l’appalto. Infatti, lo stabilimento industriale si risolve, di fatto, in un insieme di attrezzature, materiali ed equipaggiamenti tecnici fisicamente collocati all’interno di una struttura logistica adibita alla produzione.
– dell’art. 79, comma 17, nella parte in cui prevede che, per la qualificazione nella categoria OS 12-A, ai fini del collaudo, l’esecutore debba presentare una certificazione del produttore dei beni oggetto della categoria attestante il corretto montaggio e la corretta installazione degli stessi. La norma, infatti, non risulta irragionevole, essendo finalizzata a prevedere una garanzia aggiuntiva che si traduce, per l’impresa, in un onere proporzionato rispetto al fine dell’interesse pubblico con essa perseguito.
– degli articoli 83, comma 4 e 86, comma 1 del Regolamento, impugnati nella parte in cui non consentono il riconoscimento, nei certificati di esecuzione lavori, di alcune lavorazioni non previste dal bando, con conseguente limitazione della qualificazione degli operatori. Il motivo di impugnazione è ritenuto infondato. Infatti, le lavorazioni in questione sono quelle che, avendo un importo inferiore al 10% dell’appalto o a 150.000 euro, non vengono indicate nel bando, rimanendo assorbite nella categoria prevalente. La scelta normativa appare legittima, ad avviso del Consiglio di Stato, in quanto mossa da un evidente intento antielusivo e moralizzatore, consistente nell’evitare il rilascio di certificati di esecuzione non totalmente corrispondenti ai lavori realmente eseguiti
– dell’articolo 92, comma 2, in tema di requisiti minimi e quote di esecuzione nelle ATI, impugnato nel presupposto che possa essere interpretato nel senso di imporre alla mandataria e alle mandanti una percentuale minima di partecipazione, e non solo di qualificazione, nell’ambito dell’ATI. Il motivo è infondato, secondo il Consiglio di Stato, che chiarisce quale debba essere la corretta interpretazione della norma, alla luce del principio, elaborato dalla giurisprudenza, sulla necessaria corrispondenza tra quote di qualificazione, quote di partecipazione e quote di esecuzione. La disposizione deve essere interpretata nel senso che, in linea di principio, l’impresa mandataria deve essere in possesso di una qualificazione superiore al 40% cento dei lavori, così come le mandanti devono essere in possesso di una qualificazione superiore al 10% dei lavori. Queste percentuali minime, tuttavia, non devono necessariamente essere spese in gara, potendo le imprese raggruppate decidere liberamente di partecipare al raggruppamento per una quota anche inferiore.
– articolo 357, comma 12, impugnato nella parte in cui detta una specifica disciplina transitoria per la validità delle attestazioni SOA, limitando la validità di alcune attestazioni rilasciate nella vigenza della precedente disciplina. Relativamente a tale motivo, il Consiglio di Stato ha dichiarato improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. La norma, infatti, è mutata nel corso del giudizio, per effetto del decreto legge n. 70/2011, convertito nella legge n. 106/2011, che ha differito la cessazione di validità delle specifiche attestazioni SOA dal 180° al 365° giorno successivo all’entrata in vigore del Regolamento.
Si fa riserva di eventuale/ulteriore approfondimento.
13947-DPR 30 ottobre 2013.pdfApri