L’art. 146 del D.lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali” disciplina il procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, di competenza della Regione o del comune delegato, nell’ambito del quale il soprintendente deve rendere, entro 45 giorni, un parere vincolante sulla conformità dell’intervento alle prescrizioni contenute nel piano paesaggistico o nel vincolo.
Il Codice prevede che “decorso inutilmente tale termine senza che il soprintendente abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente può indire una conferenza di servizi, alla quale il soprintendente partecipa o fa pervenire il parere scritto. La conferenza si pronuncia entro il termine perentorio di 15 giorni. In ogni caso decorsi 60 giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione” (art. 146, comma 9).
Si tratta di una norma di non facile applicazione pratica ed infatti sono numerose le pronunce dei giudici amministrativi su questo tema con interpretazioni diverse e discordanti.
Secondo un primo orientamento (Consiglio di Stato, sez. VI, 15/3/2013, n. 1561; TAR Puglia, Lecce, 24/7/2013, n. 1739; TAR Veneto, sez. II, 14/11/2013, n. 1295), una volta decorso il termine di 45 giorni per l’espressione del parere vincolante, il silenzio del soprintendente determina la possibilità della Regione o del comune di assumere in autonomia la decisione sulla domanda di autorizzazione paesaggistica. Di conseguenza il parere intervenuto con ritardo è da considerarsi privo dell’efficacia attribuitagli dalla legge e cioè privo di valenza obbligatoria e vincolante (vedi anche
Paesaggio: nullo il parere della Soprintendenza reso fuori termine).
Viceversa, secondo un altro orientamento del Consiglio di Stato (sez. VI, 4/10/2013, n. 4914), nel caso di superamento del termine di legge, il Codice non prevede né la perdita da parte del soprintendente del potere di rilasciare il parere, poiché il comma 9 dell’art. 146 consente all’amministrazione di indire una conferenza di servizi, né ipotesi di silenzio significativo (ossia silenzio assenso o silenzio rigetto).
Su questa linea anche una Circolare del Ministero dei Beni culturali (7 dicembre 2011, n. 27), in base alla quale il silenzio della soprintendenza non si configura come silenzio assenso, ma consente alla amministrazione di assumere la propria decisione, nulla vietando alla soprintendenza di pronunciarsi tardivamente.
Si possono quindi verificare due fattispecie:
– il comune, vista l’inerzia della soprintendenza, conclude il procedimento e in questo caso il parere tardivo è privo di effetti;
– il comune, nonostante l’inerzia del soprintendente, non ha ancora concluso il procedimento e il parere reso conserva la sua efficacia vincolante.
In allegato le sentenze del Consiglio di Stato 15/3/2013, n. 1561 e 4/10/2013, n. 4914
15601-Sentenza Consiglio di Stato 4914_2013.pdfApri
15601-Sentenza Consiglio di Stato 1561_2013.pdfApri