Con ordinanza del 23 giugno 2015, n. 3167 il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità dell’art. 14, comma 16, lett. f) del decreto legge 78/2010 (convertito dalla legge 122/2010) che ha dato copertura legislativa al contributo straordinario di urbanizzazione istituito dal Comune di Roma Capitale.
L’art. 14, comma 16, lett. f) del decreto legge 78/2010 prevede che il Comune di Roma possa adottare un “contributo straordinario nella misura massima del 66 per cento del maggior valore immobiliare conseguibile, a fronte di rilevanti valorizzazioni immobiliari generate dallo strumento urbanistico generale, in via diretta o indiretta, rispetto alla disciplina previgente per la realizzazione di finalità pubbliche o di interesse generale, ivi comprese quelle di riqualificazione urbana, di tutela ambientale, edilizia e sociale. Detto contributo deve essere destinato alla realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale ricadenti nell’ambito di intervento cui accede, e può essere in parte volto anche a finanziare la spesa corrente, da destinare a progettazioni ed esecuzioni di opere di interesse generale, nonché alle attività urbanistiche e servizio del territorio. Sono fatti salvi, in ogni caso, gli impegni di corresponsione di contributo straordinario già assunti dal privato operatore in sede di accordo o di atto d’obbligo a far data dall’entrata in vigore dello strumento urbanistico generale vigente”.
La norma, secondo i giudici, violerebbe, tra l’altro, i seguenti articoli della Costituzione:
- art. 23 che in base al quale “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”; considerato che si è in presenza di una prestazione patrimoniale imposta, dell’art. 14, comma 16, lett. f) del decreto legge 78/2010 pone criteri vaghi ed imprecisi, non idonei a delimitare la discrezionalità del comune nell’esercizio del potere impositivo;
- art. 23 in combinato disposto con l’art. 3 (principio di uguaglianza) e l’art. 97 (principio di buon andamento della p.a.); la norma sarebbe incostituzionale nella parte in cui consente di destinare promiscuamente il gettito derivante dal contributo straordinario non solo alla realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale ricadenti nell’ambito di intervento cui accede, ma anche al finanziamento della spesa corrente;
- art. 53 in base al quale “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”; secondo la giurisprudenza costituzionale il tributo deve colpire una capacità contributiva in atto e non futura come fa l’art. 14, comma 16, lett. f) del decreto legge 78/2010;
- art. 53 in combinato disposto con l’art. 3 (principio di uguaglianza); la disposizione differenzia tra titolari di aree valorizzate “rilevantemente” e titolari di aree edificabili valorizzate anche se “non rilevantemente”, sottoponendo solo i primi a gravosa imposizione patrimoniale.
Il rinvio alla Corte Costituzionale può costituire un importante e positivo precedente nei confronti di quanto introdotto dal Decreto legge 133/2014 che ha aggiunto ai criteri già previsti per la determinazione degli oneri di urbanizzazione, anche quello di valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d’uso (art. 16, comma 4, lett. d-ter Dpr 380/2001).
In allegato l’ordinanza del Consiglio di Stato 3167/2015