Modificate le soglie di punibilità e le pene per i reati tributari, introduzione di nuove fattispecie criminose e revisione del sistema sanzionatorio penale-tributario.
Queste alcune delle novità contenute nello schema di decreto legislativo ATTO n.183, attuativo delle Delega fiscale (legge 23/2014), approvato dal Consiglio dei Ministri del 26 giugno 2015, in materia di sanzioni penali tributarie[1].
Tale schema è stato trasmesso alle Commissioni competenti di Camera e Senato, che dovranno esprimere i relativi pareri al Governo entro il 27 luglio 2015. Una volta resi tali pareri, lo schema tornerà al Governo per l’approvazione definitiva.
Con riferimento all’applicabilità del Provvedimento, in via preliminare, sembra utile evidenziare l’anomalia giuridica che grava su tale decreto, in quanto ne viene prevista una vigenza temporanea dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017.
Ora, non si può non osservare come un’applicazione del decreto, così limitata nel tempo, sia contraria da un lato agli stessi principi che sono dettati nella delega fiscale (e che dovrebbero essere recepiti nel presente decreto) che prescrivono un intervento di riforma definitiva in tale ambito e, dall’altro lato, contrasta con il principio cardine del sistema penale e tributario del favor rei[2], ossia la retroattività della legge penale meno severa.
In sostanza, vista la decorrenza del nuovo decreto dal 1° gennaio 2016, ci si chiede se, ad esempio, l’omesso versamento dell’IVA avvenuto nel 2015 per un importo pari a 60.000 euro (superiore al limite di 50.000 euro), costituisca un’ipotesi di reato, anche a seguito dell’entrata in vigore di tale decreto che in realtà aumenta la soglia di non punibilità (più favorevole per il contribuente) a 250.000 euro.
Sul punto, è auspicabile che, a seguito dei pareri che le Commissioni parlamentari dovranno fornire entro il 27 luglio 2015, le suddette criticità vengano definitivamente risolte.
Di seguito, una breve sintesi dei principali contenuti dello schema di decreto legislativo in esame:
- Omesso versamento dell’IVA (art. 8):vieneconfermata la rilevanza penale, ma con una soglia di punibilità più alta, che passa dagli attuali 50.000 euro a 250.000 euro.
A tal riguardo, in base al nuovo art. 10-ter del D. Lgs. 74/2000, sarà punito, sempre con la reclusione da sei mesi a due anni, chiunque non versi l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale (entro il termine di versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo), per un ammontare superiore a 250.000 euro per periodo d’imposta.
Resta fermo che, al di sotto di tale soglia di punibilità, si continueranno ad applicare le sanzioni amministrative previste dall’art. 13 del D.lgs. 471/1997[3].
- Dichiarazione infedele (art.4),ai fini delle imposte dirette ed IVA, viene:
– innalzata la soglia di punibilità da 50.000 euro a 150.000 euro di imposta evasa, nonché quella legata all’ammontare degli elementi attivi sottratti all’imponibile, anche mediante l’indicazione di elementi passivi fittizi, che viene elevata da 2 milioni a 3 milioni di euro (art. 4, D.Lgs. 74/2000);
– introdotto il principio secondo cui non si deve tener conto di errori relativi alla non corretta classificazione in bilancio di elementi attivi e passivi esistenti; alle violazioni dei criteri di inerenza e competenza, nonché della non deducibilità di elementi passivi (nuovo comma 1-bis, art. 4, D.Lgs. 74/2000);
– stabilito che non danno luogo a fatti punibili a titolo di dichiarazione infedele le valutazioni che, singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette (nuovo comma 1-ter, art. 4, D.Lgs. 74/2000);
· Omessa dichiarazione (art. 5) ai fini delle imposte dirette ed IVA.
In particolare, riscrivendo l’art. 5 del D.Lgs. 74/2000, viene:
– aumentata la reclusione, da 1 anno e 6 mesi a 4 anni (anziché da 1 anno a 3 anni), nelle ipotesi di mancata presentazione delle dichiarazioni (IVA e dei redditi), quando l’imposta evasa è superiore a 50.000 euro (anziché 30.000 euro);
– introdotta, altresì, l’omessa dichiarazione come fattispecie delittuosa anche per il sostituto d’imposta, prevedendo la reclusione da 1 a 3 anni, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore a 50.000 euro.
· Frode fiscale (art. 3, dello schema che riscrive l’art. 3 del D.Lgs. 74/2000):
– si verifica quando il contribuente mette in atto operazioni simulate per ostacolare l’attività di accertamento o si avvale di documenti falsi, fatture false o altri mezzi fraudolenti, quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti ai fini di prova nei confronti dell’Agenzia delle Entrate;
– viene rivista la soglia di punibilità relativa all’ammontare complessivo dei ricavi non dichiarati che deve essere superiore ad 1,5 milioni di euro (anziché 1 milione);
– il reato si configura anche quando l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie che vengono portate in diminuzione dell’imposta, è superiore al 5% dell’imposta complessiva o comunque a 30.000 euro.
Per tutte le suddette ipotesi la pena rimane quella attualmente prevista della reclusione fino a 6 anni;
· Indebita compensazione (art. 9): sostituendo integralmente l’art. 10-quater del D.Lgs. 74/2000, viene modificato l’attuale reato laddove prevede la medesima sanzione per l’utilizzo in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del D.lgs. 241/1997, di crediti indebiti a prescindere dal fatto che siano inesistenti o non spettanti.
Infatti, mentre resta invariata la pena (reclusione da 6 mesi a 2 anni) per l’utilizzo in compensazione di crediti non spettanti, viene triplicata la sanzione, da 18 mesi a 6 anni, nell’ipotesi di crediti inesistenti di ammontare annuo superiore a 50.000 euro.
Rivisitata interamente anche la disciplina delle sanzioni amministrative tributarie che, in attuazione del principio di proporzionalità, rimodula il sistema sanzionatorio in materia di imposte dirette, IVA e riscossione dei tributi, tenendo conto del grado di “disvalore” dei singoli comportamenti illeciti[4].
Per semplicità di lettura, si allega uno schema riepilogativo che mette a confronto le differenze fra le soglie di punibilità e le pene applicabili ad alcuni dei reati fiscali individuati nel presente schema di decreto legislativo e l’attuale disciplina contenuta del D.Lgs. 74/2000.
Si precisa, infine, che l’impianto sanzionatorio, così come delineato nel presente Atto n. 183, potrebbe subire modifiche a seguito della definitiva approvazione del Provvedimento da parte del Governo.
[2] Come noto, il principio del favor rei, di matrice penale, è stato esteso anche al settore tributario, con la previsione contenuta nell’art. 3, co. 3, del D.Lgs. n. 472 del 1997, secondo cui “se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo“.
[3]D.Lgs. 18-12-1997 n. 471
(omissis)
Art. 13. Ritardati od omessi versamenti diretti
1. Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al primo periodo, oltre a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. Identica sanzione si applica nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi dell’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. (64)
2. Fuori dei casi di tributi iscritti a ruolo, la sanzione prevista al comma 1 si applica altresì in ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto.
3. Le sanzioni previste nel presente articolo non si applicano quando i versamenti sono stati tempestivamente eseguiti ad ufficio o concessionario diverso da quello competente.
(omissis)
[4]In particolare, lo schema di decreto prevede una rimodulazione delle attuali sanzioni, previste nelle ipotesi di omessa dichiarazione, che sia proporzionata al ritardo nell’adempimento da parte del contribuente.
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