La Commissione Lavoro della Camera dei Deputati ha approvato un apposito documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla gestione dei servizi per il mercato del lavoro e sul ruolo degli operatori pubblici e privati.
Nello stesso vengono ripercorse le audizioni svolte e quindi illustrate alcune risultanze emerse dall’indagine. A quest’ultimo riguardo, in particolare, viene evidenziato che dagli interventi registrati nel corso dell’indagine conoscitiva sono state individuate tre questioni su cui concentrare l’attenzione: il rafforzamento dei centri per l’impiego; il coordinamento tra politiche attive e passive; il ruolo dell’intermediazione privata.
In merito al primo tema, è stata evidenziata da tutti i soggetti auditi la carenza degli organici di tali strutture. In particolare, dal raffronto internazionale emerge come tutti gli indicatori di spesa denotino l’inadeguatezza in termini quantitativi del personale addetto e delle risorse assegnate. Tale ridotto investimento economico si traduce in risultati insoddisfacenti in termini di intermediazione e incrementi di occupabilità. Al riguardo, viene sottolineato che mediamente i centri per l’impiego intermediano appena il 3,1 per cento della nuova manodopera, a fronte di una media del 10,9 per cento nell’Unione europea. Stante la difficoltà obiettiva di prevedere nuovi stanziamenti per l’assunzione di personale qualificato nei centri, in considerazione dell’esigenza di contenimento della spesa pubblica, occorrerebbe quindi indirizzare prioritariamente sui centri per l’impiego dipendenti in uscita da altre pubbliche amministrazioni qualificati nelle materie rientranti nelle competenze dei centri.
sul coordinamento tra politiche attive e passive, attualmente in capo, rispettivamente, alle Regioni e all’INPS, viene evidenziato che “solo se il soggetto che gestisce gli strumenti di sostegno al reddito è titolare, allo stesso tempo, di un interesse, istituzionalmente e finanziariamente vincolante, a ridurre al minimo la durata delle erogazioni, è possibile promuovere il rapido raggiungimento da parte del lavoratore di un obiettivo occupazionale”. A tal fine, viene rilevato che la legge delega 183/2014 sembra muoversi nella giusta direzione, prevedendo la costituzione di una Agenzia nazionale per l’occupazione alla quale sono attribuite competenze gestionali in materia di servizi per l’impiego e politiche attive (articolo 1, comma 4, lettera e)), con la specifica previsione di meccanismi di raccordo e di coordinamento delle funzioni tra l’Agenzia e l’INPS, sia a livello centrale che a livello territoriale, al fine di tendere a una maggiore integrazione delle politiche attive e delle politiche di sostegno al reddito. Occorre, infatti, rafforzare il governo su base nazionale del sistema pubblico/privato dei servizi per il lavoro, con una Agenzia nazionale che non prevede una devoluzione delle competenze, a livello locale, ma che si articola sul territorio con propri uffici periferici, con un elevato grado di autonomia nella scelta degli strumenti più appropriati per raggiungere gli obiettivi strategici fissati.
In relazione al ruolo dell’intermediazione privata, viene ricordato che la coesistenza di operatori pubblici e privati ha preso avvio a seguito del superamento del monopolio pubblico del collocamento e dell’apertura del mercato alla fine degli anni ’90, ma registra ancora risultati insoddisfacenti, con livelli di efficienza delle strutture ed efficacia dei servizi forniti molto diversificati sul territorio.
In particolare, circa il 26 per cento delle unità operative gestite da privati è collocata in Lombardia, circa il 14 per cento in Veneto, oltre il 13 per cento in Emilia – Romagna e circa il 10 per cento in Piemonte. Quattro regioni assorbono, quindi, circa il 60 per cento delle unità operative totali. In proposito viene evidenziata la doppia possibile lettura di tali dati: “per un verso, si riscontra una analoga distribuzione territoriale tra servizi pubblici e privati, che potrebbe indicare aree di sovrapposizione nell’offerta, mentre, per altro verso, può rilevarsi come nei territori in cui i centri per l’impiego operano in modo adeguato, la collaborazione con le Agenzie per il lavoro si rivela più proficua, secondo logiche di complementarietà, specializzazione e supporto”. Viene, al contempo, rilevato che tale distribuzione territoriale non è solo conseguenza di scelte imprenditoriali, essendosi da più parti sottolineato, in termini assai critici, come l’attuale sistema di selezione dei soggetti privati, basato sull’accreditamento a livello regionale, crei in alcuni casi grosse difficoltà all’attività delle Agenzie che si trovano costrette a possedere requisiti minimi diversi da regione a regione.
La formale parificazione tra operatori pubblici e privati fissata dalla legislazione nazionale sembrerebbe vanificata da talune normative regionali che frappongono barriere normative all’accesso al mercato. Al riguardo, si pone quindi l’esigenza di “superare l’attuale sistema di accreditamento regionale, rimettendo alla competenza del legislatore statale la definizione dei requisiti per l’esercizio di tutte le attività che le Agenzie sono autorizzate a svolgere”. L’identificazione di una disciplina unitaria a livello nazionale avrebbe, altresì, l’effetto di porre rimedio alla frammentazione del mercato del lavoro in una pluralità di mercati del lavoro regionali, assicurando l’uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale e agevolando l’attività degli operatori privati, chiamati a confrontarsi con un solo sistema regolatorio.
Un apposita riflessione è dedicata, inoltre, alla questione della formazione professionale, settore nel quale continuano a registrarsi inefficienze gestionali e sprechi di risorse pubbliche. Al riguardo viene sottolineata l’importanza di operare affinché l’obiettivo preminente della formazione sia sempre più il rafforzamento dei servizi offerti, da finalizzare a chiari obiettivi occupazionali, con il superamento dei corsi « a catalogo», “confezionati su esigenze che poco hanno a che fare con i reali fabbisogni professionali delle aziende e con concrete possibilità di collocazione o ricollocazione professionale del soggetto formato”. Anche su tale versante viene richiamato il ruolo dell’Agenzia nazionale per l’occupazione, che dovrebbe svolgere un ruolo propulsivo affinché la formazione professionale sia sempre più ricondotta all’interno di percorsi individuali di politica attiva. In particolare, potrebbe valutarsi l’opportunità di individuare forme di collegamento tra i finanziamenti erogati ai corsi di formazione e l’effettiva collocazione lavorativa di chi vi ha partecipato in un’ottica di collegamento al risultato.
Viene, altresì, ricordata l’attuazione della Youth Guarantee che pur avendo prodotto nei primi mesi della sua applicazione risultati per molti versi non rispondenti alle attese ha comunque avuto il merito di costringere i centri pubblici per l’impiego alla sperimentazione, sul campo, di modalità operative nuove, orientate agli obiettivi occupazionali e formativi, nonché di riattivare i processi istituzionali che presiedono alla prestazione dei servizi e delle politiche attive per il lavoro, in un’ottica di valutazione continua dei risultati raggiunti. Al riguardo, viene sottolineato che una delle caratteristiche peculiari della regolamentazione delle politiche attive del lavoro nel Paese è stata a lungo quella di un’assenza pressoché completa di strumenti di valutazione dei servizi offerti e dei risultati conseguiti, anche in funzione dell’attivazione di meccanismi premiali o sanzionatori.
In allegato il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva.
21445-Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva.pdfApri