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Evidenziate le azioni associative per promuovere l’etica d’impresa e combattere l’illegalità e la corruzione a tutela delle imprese sane.Illustrate, altresì, le proposte su white list obbligatorie e informativa antimafia anche per le imprese private, misure antiturbativa negli appalti e concorrenza nella gestione delle aziende confiscate alla mafia

Archivio, Governo e Parlamento

Commissione Antimafia: l’audizione dell’ANCE in Parlamento

22 Ottobre 2015
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Si è svolta il 22 ottobre l’audizione informale dell’ANCE presso la Commissione d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. 
Il Geom. Gabriele Buia, Vice Presidente Vicario ANCE, che ha guidato la delegazione associativa, ha evidenziato, in premessa, che il sistema delle imprese di costruzioni vuole cogliere l’occasione, offerta dalla presente Audizione, per sottolineare il proprio impegno per un contrasto generalizzato alla corruzione e alle infiltrazioni criminali nell’economia.
Ha, quindi, sottolineato l’orgoglio di rappresentare migliaia di imprese associate che lavorano quotidianamente nel rispetto delle regole e che vengono penalizzate dai comportamenti scorretti di alcuni che gettano discredito su tutta la categoria a cui appartengo.
Ha, poi, ringraziato, per aver offerto all’Associazione la possibilità di esprimere i propri impegni e le proprie idee in merito alle regole e ai comportamenti necessari a contrastare l’illegalità.
E’ un’azione che l’Associazione porta avanti, da anni, nella convinzione che sia necessario affermare con forza i valori dell’etica d’impresa, rifiutando tutti quei comportamenti temerari che, oltre ad aprire le porte a contaminazioni criminali più strutturate, determinano sempre un vantaggio competitivo scorretto, che va a danneggiare chi, invece, opera nel rispetto delle regole
E’ quello che il Presidente dell’ANAC, Raffaele Cantone, afferma quando parla di “stigmatizzazione sociale” dei comportamenti illeciti, che in Italia, purtroppo, è ancora ad un livello pericolosamente basso.
Su questo, l’Associazione sta lavorando, per diffondere nel proprio sistema associativo il valore di una mentalità etica, unica strada per favorire comportamenti trasparenti, affidabili e competitivi. 
Questo processo deve articolarsi su diversi fronti.
In primo luogo è necessario adottare politiche che facciano emergere la qualità delle imprese nei confronti di pseudo-operatori, che spesso agiscono ai limiti della legalità. A tal fine è opportuno introdurre un sistema di requisiti per l’accesso alla professione edile, al momento non previsto, e parallelamente, per il settore dei lavori privati, un meccanismo in grado di accertare l’idoneità dell’imprenditore rispetto all’opera da eseguire.
L’Ance supporta da tempo la necessità di introdurre tali criteri anche nel mercato privato, finalizzati ad assicurare la qualità dell’operatore prima ancora di quella del processo e del prodotto.
Occorre, poi, incentivare le imprese ad adottare comportamenti virtuosi nel rispetto delle regole. Con questo obiettivo, l’Ance sta portando avanti un’azione ad ampio raggio.
Un primo strumento, che ha coinvolto tutte le componenti del Sistema associativo, è quello del Codice Etico Ance, approvato il 22 luglio 2014, che prevede l’allontanamento dei soggetti che si siano resi colpevoli di comportamenti gravi e incompatibili con i principi in esso contenuti.
E’ un codice etico tra i più rigorosi nel mondo associativo, che anticipa all’avvio dell’azione penale l’iter di valutazione dei comportamenti delle imprese e dei vertici dell’Associazione, proprio per chiarire l’assoluta estraneità delle logiche illecite dai principi di base dell’Associazione.
Un secondo obiettivo che l’Ance intende perseguire è la piena diffusione, presso le imprese associate, del Codice di comportamento ai sensi del d.lgs 231/2001, già realizzato dall’Ance e validato dal Ministero della Giustizia il 20 dicembre 2013, che definisce i modelli organizzativi che le imprese dovrebbero adottare per difendere il regolare comportamento dell’attività aziendale da un’ampia – e crescente – fattispecie di reati.
Un ulteriore strumento che l’Ance sta promuovendo presso le imprese associate è il rating di legalità, di cui al D.L. 1/2012, che ha l’obiettivo di far crescere nelle imprese l’esigenza di dotarsi di un sistema di governance e di controllo delle scelte aziendali, orientato a rafforzare i presidi di legalità.
Inoltre, l’Ance intende promuovere l’utilizzo delle white list relative alle attività a maggior rischio di infiltrazione criminale.
Nella scelta delle controparti a cui affidare forniture e prestazioni nelle attività indicate dalla normativa antimafia, le imprese associate saranno invitate a scegliere tra le imprese presenti negli elenchi prefettizi, non solo nel comparto dei lavori pubblici, ma anche nel mercato privato, per il quale, al momento, non è previsto alcun obbligo.
Le white list sono uno strumento che l’Ance ha fortemente voluto, proprio per bonificare il mercato da quegli operatori più rischiosi che innescano pericolosi processi di “contagio” a danno delle imprese con le quali vengono a contatto.
E’ una catena che ha prodotto danni enormi al tessuto industriale delle costruzioni, perché determina una presunzione di contiguità che provoca conseguenze economiche molto gravi, come la rescissione di contratti pubblici e privati e l’opportunità di sottoscriverne di nuovi.
Inoltre, al fine di migliorare l’efficacia di tale strumento, l’Ance chiede al Governo e al Parlamento un intervento di armonizzazione della disciplina delle white list, che chiarisca, una volta per tutte, che nell’ambito dei lavori pubblici, l’iscrizione alle liste è obbligatoria.
E’ necessario, infatti, superare l’indeterminatezza contenuta nel Regolamento attuativo delle white list, di cui al DPCM 18/4/2013, in cui ancora si parla di facoltatività dell’iscrizione.
Ma un vero salto culturale si avrebbe rendendo l’iscrizione alle white list una condizione necessaria per l’esercizio delle attività a rischio: in questo modo il controllo sistematico delle attività rischiose riguarderebbe anche i lavori privati che, è il caso di ricordarlo, rappresentano più dell’80% del mercato delle costruzioni.
Peraltro, il problema delle informazioni tra imprese risulta fortemente aggravato dall’impossibilità, per un soggetto privato, di richiedere informazioni antimafia in merito alla controparti commerciali.
Le imprese rischiano, ogni giorno, di entrare in contatto con soggetti potenzialmente in grado di provocare conseguenze gravissime, fino all’accusa di concorso nel reato mafioso, senza aver avuto alcuna possibilità di conoscere la reale situazione penale della controparte.
E’ necessario, quindi, un intervento normativo che ripristini forme di controllo anche tra privati.
Ha, altresì, sottolineato che l’Ance vuole sostenere concretamente l’impegno delle Istituzioni nella lotta alla corruzione e alle infiltrazioni criminali, a tutela anche delle imprese che rappresenta, e per questo si ritiene necessario superare la logica di una normazione basata sull’emotività. Occorre affermare quella razionalità necessaria a garantire, insieme, legalità e corretto funzionamento del mercato.
Non sempre è stato così.
La legislazione antimafia, infatti, ha visto, negli ultimi venti anni, il susseguirsi di numerosi interventi legislativi, spesso dettati dall’emergenza di un’attività criminale di stampo mafioso sempre più pervasiva nel tessuto economico e sociale di tutto il Paese, e non solo di alcune sue parti.
Un processo del tutto analogo ha interessato la normativa sui contratti pubblici, la cui struttura è stata conformata al contrasto – spesso inefficace – ai fenomeni corruttivi, tralasciando gli effetti distorsivi sul regolare funzionamento del mercato.
Ciò può aiutare a comprendere la natura, spesso disorganica e poco coordinata, delle legislazioni in materia che, in molti casi, peraltro, si sono rivelate inefficaci rispetto alle stesse motivazioni che ne hanno determinato l’introduzione.
Sul fronte della corruzione, il ripetersi e l’intensificarsi dei fenomeni corruttivi ha portato alla sostituzione dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici con l’Autorità Nazionale Anticorruzione, proprio come presidio e controllo del mercato.
Peraltro, il disegno di legge delega per il recepimento delle nuove Direttive comunitarie in materia di appalti e concessioni, costituisce un’occasione importante per superare il caos normativo che contraddistingue il settore, e che ha allargato, invece di restringere, le possibilità di illecito.
Per il contrasto alla corruzione, l’Ance  ha proposto specifiche misure, molte delle quali hanno trovato piena corrispondenza all’interno del disegno di legge delega per il recepimento delle nuove direttive UE.
In primo luogo è necessaria una semplificazione normativa, per superare l’attuale caos legislativo, che ha giustificato il frequente ricorso al meccanismo delle deroghe e dei commissari straordinari. I poteri “extra ordinem” andrebbero invece utilizzati solo per far fronte a vere emergenze, impreviste ed imprevedibili, come quelle dovute alle calamità naturali.
Alla semplificazione del quadro regolatorio deve, poi, accompagnarsi una revisione ed un rafforzamento dei momenti di controllo procedurale.
 
Le nuove norme devono puntare, altresì, ad una maggiore qualificazione e responsabilizzazione di tutti gli attori coinvolti nella realizzazione delle opere:
•        la pubblica amministrazione va riorganizzata con la creazione di centrali di committenza, opportunamente dimensionate, e va riqualificata attraverso un programma di formazione dei funzionari, sia dal punto di vista etico che sotto il profilo tecnico;
•        i progettisti devono essere maggiormente qualificati e responsabilizzati, poiché una progettazione ben fatta elimina qualsiasi occasione di accordo corruttivo finalizzato a far lievitare i costi delle opere;
•        si deve prevedere una più incisiva qualificazione delle imprese esecutrici, basata su elementi qualitativi, quantitativi e reputazionali.
Infine, l’Ance ha proposto specifiche misure volte a prevenire il rischio di turbative e condizionamenti dei risultati di gara che riguardano:
•        i meccanismi di nomina delle commissioni aggiudicatrici, i cui componenti dovrebbero essere sorteggiati da un albo nazionale di esperti, tenuto dall’ANAC;
•        le limitazioni all’utilizzo del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, caratterizzato da eccessiva discrezionalità di valutazione delle offerte,
•        il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, con esclusione automatica delle offerte anomale, che dovrebbe essere perfezionato attraverso un meccanismo che scoraggi eventuali accordi collusivi tra concorrenti.
Il Vice Presidente Buia è passato, poi, ad illustrare la questione della gestione delle aziende sequestrate e confiscate, attualmente oggetto del DDL 1138/C e abb. in esame presso la Commissione Giustizia.
Sul tema, abbiamo più volte messo in luce il rischio che le proposte normative relative al processo di reinserimento di tali aziende nel circuito economico possano incidere sul corretto funzionamento del mercato.
Il rischio, infatti, è che un’eccessiva tutela riservata a tali imprese determini un’equivalente penalizzazione delle altre imprese operanti nei medesimi territori, già fortemente provate da anni di crisi economica e dalla concorrenza di quelle stesse imprese appartenenti al sistema economico illegale.
Su tale aspetto appare opportuno segnalare l’emendamento 8.10 del Relatore, che delega il Governo ad adottare, entro quattro mesi dall’entrata in vigore della legge, un decreto legislativo che preveda facilitazioni a favore delle imprese sequestrate e confiscate sottoposte ad amministrazione giudiziaria.
Destano preoccupazione alcuni principi richiamati per la delega, per le loro conseguenze sul regolare funzionamento del mercato, come quello che prevede che, nei contratti di appalto, siano preferite, a parità di condizioni, le imprese sequestrate o confiscate o le cooperative che le hanno rilevate, al fine di creare opportunità per i lavoratori.
Il criterio sopra richiamato, infatti, oltre ad essere chiaramente in contrasto con i principi di libera concorrenza e parità di trattamento, rischia di alimentare forme di tutela che, nel recente passato, hanno generato corruzione e malaffare.
In questi anni, infatti, il sistematico ricorso a deroghe rispetto alle norme ordinarie ha impedito processi decisionali trasparenti e creato condizioni favorevoli al dilagare della corruzione, compromettendo il regolare funzionamento del mercato.
La stessa preoccupazione emerge dalle parole del Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, nel corso dell’audizione sullo stesso DDL del 15 aprile u.s..
Il Procuratore ha affermato, infatti: “Sappiamo qual è il nostro male per quanto riguarda, purtroppo, la farraginosità e il mancato rispetto delle procedure d’appalto e l’opacità di queste procedure. Ne abbiamo ogni giorno nuovi esempi. Io non vorrei che, introducendo questo «privilegio» [per le imprese sequestrate e confiscate], si possa aggravare il quadro complessivo dell’opacità delle procedure di appalto”.
Appare opportuno evidenziare, inoltre, ulteriori principi della delega che possono produrre effetti distorsivi sul mercato, quali:
•        l’esclusione del limite di fatturato di 2 milioni di euro o una semplificazione delle procedure di accesso al rating di legalità a favore delle imprese sequestrate o confiscate;
•        l’applicazione di un regime IVA agevolato a favore di chiunque usufruisca di lavori, servizi o forniture erogati dalle aziende sequestrate o confiscate, fino alla loro destinazione definitiva;
•        la preferenza, nell’attribuzione di contributi e incentivi previsti dalla legge, alle cooperative costituite da dipendenti di aziende sequestrate o confiscate, purché munite dei requisiti previsti dalla legge.
Appare, invece, positivo il principio che attribuisce agevolazioni contributive alle imprese che assumono con contratto a tempo indeterminato i lavoratori di imprese sequestrate o confiscate alla mafia.
In conclusione, ha evidenziato che la gestione dell’impresa sequestrata o confiscata, da parte dell’amministrazione giudiziaria, deve essere un’attività temporanea, limitata al tempo necessario per il ritorno in bonis dell’impresa, per il successivo affidamento, tramite procedure ad evidenza pubblica, a soggetti imprenditoriali in grado di proseguire la gestione delle aziende e di salvaguardare posti di lavoro.
Naturalmente, a tale scopo è fondamentale rafforzare l’analisi preliminare, come peraltro previsto nel provvedimento in esame in Parlamento, per comprendere il legame tra l’imprenditore, rispetto al quale siano state adottate misure di prevenzione patrimoniale, e l’impresa, al fine di valutare l’opportunità di proseguire, o meno, l’attività d’impresa o preferire la sua liquidazione.
 
 
 In allegato il Documento con il dettaglio della posizione ANCE consegnato agli atti della Commissione.
 

Si veda il precedente del 21 ottobre 2015.

22434-Audizione Ance Commissione Antimafia.pdfApri
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