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Il Presidente Ance Claudio De Albertis, in un’ampia intervista al Quotidiano Immobiliare, racconta le forti motivazioni che lo hanno spinto a rimettersi in gioco e a tornare alla guida dell’Associazione. Dall’entusiasmo di rinsaldare la rete, alla consapevolezza che la ripresa è possibile puntando su soluzioni innovative e scelte aziendali vincenti

Archivio, Comunicazione e media

De Albertis: innovazione e sostenibilità sono le sfide del futuro

12 Ottobre 2015
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CLAUDIO DE ALBERTIS E IL GRANDE RITORNO IN ANCE
Le strategie del neo presidente in un`intervista esclusiva
 
di Guglielmo Pelliccioli
 
Claudio De Albertis è Claudio De Albertis. Per il mondo delle costruzioni è l`uomo che più di ogni altro rappresenta quell`istituzione che si chiama Ance, l`associazione di categoria, un riferimento preciso per tutte le imprese visto che è radicata capillarmente sul territorio nazionale. Non sei un costruttore edile se non sei iscritto all`Ance e viceversa.
L’Ance è come la Settimana Enigmistica quando vuoi fare un rebus o le parole crociate: se in edicola te ne danno un`altra non è la stessa cosa, sa di riciclato. L’Ance è stata molto potente in termini di numero di adesioni e, soprattutto, di forza contrattuale con le istituzioni. Ora lo è molto meno ma non solo per colpa della crisi economica. Una crisi più sottile ha minato le sue fila e i suoi aderenti togliendo a molti quello spirito innovativo e imprenditoriale che è sempre stato la sua forza. Per questo è tornato in campo Claudio De Albertis. Perché è Claudio De Albertis. Non uno democratico, non uno accomodante, non uno facile: perché i capi sono così o li ami o li ami. L`appuntamento per la nostra intervista è alla Triennale di Milano, struttura di cui è presidente da due anni.
 
Un costruttore a capo di un`istituzione artistica e culturale. Che è successo, sta cambiando il mondo?
Mi rendo conto che la cosa può destare sorpresa ma devo dirti che per me è vitale venire qui In questo luogo io respiro il mondo, le correnti artistiche, le idee più ardite, qui ogni giorno succede qualcosa di rivoluzionario che potrebbe segnare il nostro futuro. Non puoi capire la forza che ti dà stare dentro questo clima in continua effervescente rivoluzione.
 
Ho grande stima di Claudio De Albertis da almeno venticinque anni. Essendo coetanei da quando eravamo praticamente ragazzi. Ma lui, già allora, era presidente di due o tre cose e `star` dei convegni dove si doveva confrontare con i primi pivelli che parlavano di real estate. Mi piacevano i suoi attacchi che immancabilmente partivano con lo stesso incipit “io vorrei provare a fare qualche ragionamento”. E da lì partiva un`analisi mai banale e sempre profonda dell`argomento condita da almeno un paIo di provocazioni forti. Tempo fa mi fece arrabbiare per non essere venuto a ritirare un premio che gli avevamo assegnato a il Quotidiano Immobiliare e scrissi di lui che la mia stima era molto grande, ma inversamente proporzionale alla sua verso di me. In fondo era il peggior complimento che si meritava.
 
Caro Claudio sono passati venticinque anni e adesso qualcuno ti chiama “vecchio saggio”. Dimmi la
verità, la cosa ti fa un pò girare le scatole?
Beh, i miei due figli mi prendono in giro abbastanza, c`è anche un mio socio americano che me lo ripete alla sua maniera “vecio saggio”. No, non mi da fastidio, sai ogni fase della vita ti porta a identificarti con qualche figura caratteristica. Se è inteso come uomo di esperienza, di relazione, di conoscenze direi che è
anche gratificante. “Nel mondo del privato la crisi è stata pesantissima, dalle 850.000 transazioni immobiliari del 2006, siamo arrivati alle 440 del 2014 e il nostro Centro studi stima che nel 2017 saranno circa 520. Per tornare ai livelli di mercato prima della crisi ci vorranno almeno 10 anni”.
 
Però quando ti hanno rieletto a presidente dell`Ance due mesi fa io ho scritto che tu eri un usato sicuro, aggiungendo pure che eri l`uomo giusto al posto giusto nel momento giusto.
Guarda, le motivazioni che hanno determinato la scelta di rimettermi in gioco e di tornare alla guida dell`Associazione sono essenzialmente due. La più grande ricchezza dell`Ance è quella di essere una rete capillare presente su tutto il territorio con un livello di fidelizzazione al sistema associativo che non ha eguali in nessuna altra associazione. Ultimamente mi sono accorto che, complice anche la crisi, stava venendo meno questo rapporto forte all`interno del sistema la rete stava rischiando di disgregarsi.
Per questo ho deciso di mettere in campo tutto il mio entusiasmo, la mia conoscenza e la consapevolezza
della grande ricchezza del nostro mondo per rinsaldare la rete e renderla ancora più compatta e competitiva.
La seconda motivazione forte è dettata dalla consapevolezza che, nonostante questa gravissima crisi,
alcune aziende sono riuscite a superarla brillantemente Ho cercato di analizzarne le ragioni, andando
anche a vedere i bilanci delle imprese. E ho capito che in Italia, a fronte di molti imprenditori che hanno
affrontato la crisi sedendosi, tanti altri hanno attivato i propri anticorpi mettendo in campo soluzioni innovative. Da queste analisi sono emersi alcuni modelli di impresa vincenti: c% chi ha internazionalizzato pochissimi ma l`hanno fatto – chi ha ingegnerizzato il processo di costruzione e chi ha internalizzato tutte
le lavorazioni. Una reazione quest`ultima in netta controtendenza con quanto era avvenuto negli anni
Settanta, quando di fatto le nostre imprese esternalizzando gran parte del processo avevano perso il
controllo di quello che avveniva nel cantiere.
 
E poi mi pare che il sistema delle costruzioni stia facendo anche uno sforzo in direzione della filiera?
Infatti, da ultimo ci sono le imprese che hanno creato legami con la filiera, creando un rapporto fidelizzato
con tutti i produttori e i subappaltatori dal progettista, all`impiantista, al produttore di serramenti. Si dà
sta, all`impiantista, al produttore di serramenti. Si dà vita in questo modo a una rete intelligente, capace
di rendere efficiente il processo di realizzazione e di mettere tutti nella condizione di crescere.
 
Quali sono secondo te le maggiori criticità che il sistema delle imprese Ance ha dovuto affrontare negli ultimi anni?
Queste scelte aziendali sono vincenti perché riescono a far fronte a diverse criticità che negli anni hanno messo in difficoltà il nostro settore Innanzitutto la perdita del know-how, un dramma avvenuto agli inizi degli anni Ottanta, quando l`impresa ha perso la centralità nel processo edilizio, e quindi il sapersi collocare là dove si crea valore aggiunto Altro grande dramma che ha comportato un cambiamento epocale nel saper fare impresa è stata, dal `92 in poi, la legislazione sui lavori pubblici, che ha influito pesantemente anche sui lavori privati con un effetto domino, perché nel momento in cui separi completamente la progettazione dalla costruzione commetti un errore madornale. Mio nonno mi raccontava che lui disegnava e progettava insieme al suo architetto. Oggi, abbiamo premiato i migliori padiglioni di Expo, è vero che si tratta più di allestimenti che di opere di costruzione, ma visto che si è dovuto far fronte ad un`emergenza, con tempi strettissimi, siamo stati in grado di fare sinergie, ottenendo ottimi prodotti. Purtroppo però, il legislatore e molto spesso anche le corporazioni, non capiscono l`importanza di questo processo virtuoso necessario a tutti gli attori del sistema.
 
Il terzo problema invece riguarda la cultura imprenditoriale e mi riferisco alla capacità di assumere un rischio consapevole e al fatto che bisogna dotarsi di una struttura manageriale all`altezza, non solo le grandi ma anche le piccole imprese Le complessità da affrontare sono tali che bisogna avere capacità diverse da quelle del passato.
 
Ritengo le associazioni i motori per il futuro ma attualmente fanno fatica a sviluppare idee. Perché?
Le associazioni esprimono il meglio di quello che rappresentano. Innanzitutto, perché quando si assume
una carica all`interno del sistema di rappresentanza, si ha il bisogno di fermarsi un momento e individuare
– confrontandosi anche con l`esterno – quali sono i principali obiettivi da raggiungere nell`interesse collettivo. Ma è vero che le strutture delle associazioni sono in crisi perché sono modellate e organizzate sulla base delle necessità delle aziende degli anni Cinquanta e Sessanta, ormai ampiamente superate. Quindi, vanno ripensati i modelli organizzativi, i sistemi di rappresentanza e i modelli contributivi. Confindustria l`ha fatto con una riforma e anche noi stiamo avanzando in questo senso, anche se con qualche differenza, dettata dal fatto che loro sono multidisciplinari a tutti gli effetti, mentre noi abbiamo un unico campo d`azione, anche se raggruppa diverse categorie. Sicuramente il modello associativo va ripensato dalle fondamenta, anche se il nostro ha fatto negli anni grandi passi avanti, forse anche più dei nostri padri. Questo è un momento di grande trasformazione non solo dei modelli di impresa ma anche del modello associativo.
 
Forse siamo fuori dalla crisi, ma questo non può nascondere che ci sono molte cose da cambiare?
Nel mercato delle infrastrutture e delle opere pubbliche, otto anni fa gli stanziamenti annuali erano circa 22 miliardi, oggi sono solo 14-15 miliardi. È indubbio, quindi, che gli stanziamenti debbano essere aumentati perché non è più possibile che la spesa corrente decolli e gli investimenti in conto capitale vengano drasticamente ridotti. Ma aumentare gli stanziamenti non basta. Perché i meccanismi di spesa sono inceppati e lo sono anche quelli decisionali: dal momento in cui penso di fare un`opera pubblica a quando
si aggiudica la gara passano dai 4 ai 6 anni. E’ evidente che un problema esiste.
Nel mondo del privato la crisi è stata pesantissima, dalle 850.000 transazioni immobiliari del 2006, siamo arrivati alle 440 del 2014 e il nostro Centro studi stima che nel 2017 saranno circa 520. Per tornare ai livelli di mercato prima della crisi ci vorranno almeno 10 anni. li mercato è cambiato, la domanda è diventata molto più consapevole e selettiva Il prodotto è sempre più industriale, con una data di fabbricazione e una di scadenza in cui si deve assicurare un costo di gestione e manutenzione. Questo porterà a una grande selezione anche al nostro interno, perché vanno governati i fattori della produzione in modo assolutamente più consapevole. Qualche segnale di ripresa c`è, bisogna essere confidenti. La chiave di volta è la tassazione immobiliare, perché il patrimonio degli italiani è enorme e, di questo, una larghissima fetta è costituita dal patrimonio immobiliare. Se ci sentiamo colpiti nella nostra ricchezza non consumiamo più. È vero che abbiamo un buon andamento delle esportazioni, ma se non facciamo ripartire i consumi interni non ci sarà ripresa. Serve un segnale forte come l`abbattimento della Tasi, che avrà un doppio effetto, diminuire le tasse e, se fatto in modo permanente, darà un segnale importante alle famiglie “il vostro patrimonio è al sicuro, ora potete consumare”. Questo può far ripartire l`economia. Poi ci sono provvedimenti normativi che possono , orientare il mercato e delineare una precisa politica industriale. Noi abbiamo lanciato delle proposte fiscali legate all`acquisto di case ad alta efficienza energetica, per raggiungere un duplice obiettivo: sostituire il patrimonio obsoleto ed energivoro e allo stesso tempo attuare una vera politica industriale, spingendo le imprese a puntare su processi innovativi. Quindi, sono sufficientemente speranzoso che il mercato possa dare segnali positivi. Non torneremo ai livelli del 2006, ma l`inversione di tendenza è importante e penso che l`anno prossimo sarà piuttosto positivo
 
Recupero e ristrutturazione sono i temi centrali per la vostra categoria…. c`è un patrimonio privato da ricostruire, un`Italia da ricostruire?
Dobbiamo lavorare sul patrimonio costruito innanzitutto perché, molto banalmente, si trova nei luoghi migliori delle città= centrali e serviti da mezzi pubblici. Oggi questi sono elementi che incidono pesantemente sul giudizio delle persone. Quindi è nel nostro interesse lavorare sul patrimonio consolidato, non ho alcun dubbio, non tanto per questioni ideologiche, ma per interesse. Che in questo caso coincidono.
 
 
Le vostre aziende e quasi tutte quelle italiane sono strutturalmente e finanziariamente deboli, poco patrimonializzate. E purtroppo si rivolgono al mondo bancario come unico interlocutore…
Si deve agire su due fronti. Se parliamo di casa, che rappresenta gran parte del mercato, le famiglie hanno un problema, quello del loan to value. Un tempo il rapporto tra reddito familiare e mutuo concesso era 1 a 4, oggi è sotto l’1 a 3, significa che se anche è diminuito il valore della casa, la parte in contanti necessaria per acquistare la casa è esplosa e per le giovani famiglie questo è un ostacolo spesso insormontabile. Ovviamente la decisione delle banche di cambiare le condizioni di concessione di un mutuo risponde a una linea precisa dettata dall`Europa che, paradossalmente, considera l`immobiliare a rischio, quando invece il livello di insolvenza dei prestiti alle famiglie è molto basso, rispetto anche ad altri Paesi. Un altro problema è che l`operatore che una volta faceva quattro operazioni oggi ne fa a stento una. Questo perché prima le faceva con il 5-10% di equity, mentre oggi le banche, molto più attente, dicono che ne devi avere il 30-40%, ed è difficilissimo farsi finanziare l`acquisto di un`area, anzi la devi già avere Per avere una consistenza patrimoniale maggiore bisogna, dunque, o cercare alleanze e svolgere il ruolo di service e generai contractor con questi fondi e operatori che sono sul mercato, oppure è necessario trovare modi diversi di far affluire forme di equity. Bisogna dunque costruire meccanismi di garanzia, perché oggi chi ha i soldi e vuole fare un investimento immobiliare ha molta aleatorietà e ha bisogno perciò di cautele e garanzie che noi possiamo offrirgli.

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