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Il cartello di cantiere deve essere esposto e ben visibile e non va tolto quando i lavori sono momentaneamente sospesi (Cass. pen. 13963/2016). La violazione di tale obbligo può comportare l’applicazione anche di sanzioni penali

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Cartello di cantiere: obbligo punito anche penalmente

11 Maggio 2016
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L’obbligo di esposizione del cartello di cantiere sussiste non solo all’inizio dell’attività edilizia ma anche quando i lavori sono sospesi. Così si espressa la III sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 13963 del 7/4/2016 ritenendo configurabile il reato previsto dal D.P.R. n. 380/2001, art. 44, lett. a) che sanziona, con la pena dell’ammenda, l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal titolo IV del Testo unico edilizia, in quanto applicabili, l’inosservanza delle disposizioni dei regolamenti edilizi, l’inosservanza di prescrizioni contemplate dagli strumenti urbanistici e l’inosservanza delle prescrizioni fissate dal permesso di costruire.
 
La circostanza che il cartello fosse presente all’inizio dei lavori non esclude la configurabilità del reato, in quanto ciò che rileva è che lo stesso non fosse esposto al momento del controllo da parte del personale di vigilanza, in quanto funzione del cartello è proprio quella di rendere edotti gli organi di vigilanza sull’esistenza di lavori edilizi, al fine di consentire l’espletamento di tutte quelle attività di verifica dell’osservanza della normativa edilizia e di corrispondenza dell’assentito al realizzato (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 30 aprile 2014, n. 28123). Inoltre, la finalità cui assolve l’obbligo di apposizione del cartello, deve ritenersi che sia anche quella di indicare i soggetti responsabili, nel caso in cui durante lo svolgimento delle attività di cantiere derivino danni a terzi (Cass. Pen., Sez. III, 22 maggio 2012, n. 40118). Da ciò consegue che l’esposizione del cartello protrarsi in maniera continuativa durante tutta la fase di esecuzione dei lavori compresi i periodi di momentanea sospensione, risultando irrilevante la causa di quest’ultima (nel caso di specie inattività del cantiere dovuta al ritardo nei pagamenti da parte del committente).
 
Quanto, infine, ai soggetti responsabili di tale violazione, si legge nella sentenza, l’art. 29, comma 1, D.P.R. n. 380 del 2001 non consente di differenziare le responsabilità del costruttore e del direttore dei lavori dei lavori da quella del committente, tanto meno sotto il profilo temporale dell’adempimento dell’obbligo di esposizione del cartello indicante gli estremi del titolo abilitativo.
 
Anche in passato la giurisprudenza si è occupata in varie occasioni delle conseguenze derivanti dalla mancata esposizione del cartello di cantiere. Ad esempio, è stato ritenuto applicabile l’art. 44 del TU Edilizia anche in caso di omissione della data di inizio dei lavori o dell’indicazione della ditta esecutrice delle opere, dati, questi ultimi, rientranti tra quelli indicati nel permesso di costruire (Cass. pen., Sez. III, sent. 23 febbraio 2012, n. 7070). Secondo la Cassazione, il cartello non solo deve essere esposto, ma deve essere anche ben visibile (Cass. pen., Sez. III, sent. 11 ottobre 2012, n. 40118).
 
 
 
In allegato la sentenza n. 13963 del 7/4/2016

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