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Tra le novità: riscritto il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui all’art. 603-bis del c.p. con alcune specifiche aggravanti. Introdotta nel codice penale la confisca obbligatoria per i predetti delitti ed accolto al riguardo un ordine del giorno per circoscriverne l’applicazione nel settore edile.

Archivio, Governo e Parlamento

DDL contrasto al fenomeno del caporalato: approvato dal Senato in prima lettura

3 Agosto 2016
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L’Aula del Senato ha licenziato, in prima lettura, il disegno di legge recante “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura” (DDL 2217/S – Relatrice Sen. Maria Grazia Gatti del Gruppo parlamentare PD), con modifiche al testo approvato dalla Commissione Agricoltura.
 
Al provvedimento, di iniziativa governativa, nel corso dell’iter legislativo, sono state approvate numerose modifiche ed, in particolare:
 
-viene premesso un articolo aggiuntivo al testo, che sostituisce l’art. 603-bis del Codice penale (sull’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro), già oggetto di integrazioni da parte del provvedimento, prevedendo, in particolare, che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
·        recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
·        utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, in tali casi si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Vengono, altresì, definiti gli indici di sfruttamento, intendendo la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni: la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie; la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
Vengono, altresì, indicate come aggravanti specifiche che comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà: il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre; il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa; l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro;
 
–vengono modificate le norme del testo che introducono l’art. 603-bis.1 del Codice penale, sulla circostanza attenuante, prevedendo, in particolare, che per i delitti di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro la pena è diminuita da un terzo a due terzi (anziché da un terzo alla metà) nei confronti di chi, nel rendere dichiarazioni su quanto a sua conoscenza, si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l’individuazione o la cattura dei concorrenti o per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite. Nel caso di dichiarazioni false o reticenti si applicano le disposizioni dell’articolo 16-septies del DL 8/91, convertito dalla L.82/91 (richiesta di revisione della sentenza da parte del procuratore generale presso la corte d’appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunciata);
 
–vengono modificate le norme del testo che introducono l’art. 603-bis.1 del Codice penale, sulla confisca obbligatoria, prevedendo, in particolare, per i delitti di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, di cui all’art. 603-bis c.p., la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, è sempre obbligatoria, salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno (precisazione inserita dalla modifica). Ove essa non sia possibile è disposta la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità, anche indirettamente o per interposta persona (integrazione inserita dalla modifica), per un valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto del reato;
 
-viene introdotto un articolo aggiuntivo sul controllo giudiziario dell’azienda e rimozione delle condizioni di sfruttamento, in cui si prevede, tra l’altro, che nei procedimenti per i reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, qualora ricorrano i presupposti indicati nel comma 1 dell’articolo 321 del codice di procedura penale (sul sequestro preventivo), il giudice dispone, in luogo del sequestro, il controllo giudiziario dell’azienda presso cui è stato commesso il reato, qualora l’interruzione dell’attività imprenditoriale possa comportare ripercussioni negative sui livelli occupazionali o compromettere il valore economico del complesso aziendale.
Con il decreto con cui dispone il controllo giudiziario dell’azienda, il giudice nomina uno o più amministratori, scelti tra gli esperti in gestione aziendale iscritti all’Albo degli amministratori giudiziari di cui al D.Lgs 14/2010. L’amministratore giudiziario affianca l’imprenditore nella gestione dell’azienda ed autorizza lo svolgimento degli atti di amministrazione utili all’impresa, riferendo al giudice ogni tre mesi, e comunque ogniqualvolta emergano irregolarità circa l’andamento dell’attività aziendale.
 
Nel corso dell’esame in Aula, con riferimento alle predette misure sulla “confisca obbligatoria”, è stato, in particolare, accolto dal Governo un ordine del giorno che come auspicato dall’ANCE (si vedano al riguardo le notizie di “Interventi” del 28 luglio, del 22 giugno e dell’8 marzo u.s.) è volto a circoscrivere l’ambito di applicazione della norma per il settore edile. Al riguardo, infatti, erano state presentate – sia in Commissione che in Aula –  apposite proposte emendative, in ordine alle quali la Relatrice in Assemblea ne ha chiesto il ritiro nonché, nell’evidenziare di “rendersi conto del valore del problema che pongono”, la loro trasformazione in un ordine del giorno, sul quale in accordo con il Governo ha espresso parere favorevole.
E’, quindi, stato accolto l’ordine del giorno G 2.202 (a firma “bipartisan” dei firmatari delle proposte emendative) nelle cui “premesse” viene, in particolare, evidenziato che:
– “si condivide appieno la necessità di un rigoroso contrasto a tutte le attività di intermediazione illecita di manodopera e di lotta al caporalato, fenomeni che, oltre a rappresentare una piaga sociale, alterano la leale concorrenza a danno delle imprese regolari, in particolare, con riferimento ad un settore, quale quello dell’edilizia, per il quale potrebbe intendersi anche il cantiere o l’opera realizzata presso il cantiere medesimo”;
“si rileva, però, che l’opera edile spesso è il frutto dell’attività complessiva di una serie di attori, appaltatori, subappaltatori, fornitori con posa in opera, eccetera, la compresenza dei quali, nel cantiere, è connotata dalla molteplicità e dalla mobilità di numerosi operatori, il cui controllo puntuale potrebbe risultare non sempre agevole da parte di ciascuna impresa che concorre all’opera stessa”;
“nel settore edile, le singole attività edili sono spesso strettamente connesse tra di loro e funzionali alla realizzazione dell’opera nel suo complesso; pertanto, la previsione dell’articolo 603-bis.2 comporterebbe notevoli ripercussioni nei confronti di tutta la filiera impegnata nell’appalto, in quanto potrebbe essere arduo circoscrivere la responsabilità nonché, conseguentemente, l’effettiva quota parte di attività interessata dall’illecito e oggetto, pertanto, di confisca”.
Su tali basi viene chiesto l’impegno del Governo a: “valutare l’opportunità di prevedere, anche mediante soluzioni normative, la confisca per equivalente in tutti quei casi in cui la confisca del bene, prodotto del reato, comprometta l’utilizzo o il possesso di un altro bene, appartenente a persona o ente estranei al reato, a cui esso sia funzionalmente o strutturalmente connesso, in quanto ormai non più individuabile in modo indipendente, poiché assorbito nell’opera complessiva o ad essa strettamente funzionale”.
 
 
Il provvedimento passo ora alla seconda lettura della Camera dei Deputati.
 
Si veda precedente del 25 febbraio u.s.
 
Ordine del giorno approvato
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