E’ stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 257 del 3 novembre scorso la Legge n. 199 del 29 ottobre 2016, recante “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo” (c.d. Legge contro il caporalato), che si allega per opportuna informativa.
Sebbene il testo, in vigore dal 4 novembre 2016, sia orientato al contrasto del fenomeno nell’ambito del settore agricolo, sono state introdotte, però, alcune disposizioni di portata generale, orientate ad un inasprimento delle sanzioni penali. Si tratta, in particolare, della sostituzione dell’art. 603-bis c.p. recante “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”.
E’ stato, infatti, stabilito che le previsioni di cui al novellato art. 603-bis (reclusione da 1 a 6 anni e multa da 500 € a 1.000 € per ciascun lavoratore reclutato)si applicano non solo a chi svolge attività di intermediazione reclutando manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizione di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori (c.d. caporale), ma anche a chi utilizza, assume o impiega manodopera anche mediante l’attività di intermediazione sottoponendo i lavoratori a condizione di sfruttamento ed approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori (datore di lavoro).
E’ stato, inoltre, stabilito un inasprimento delle sanzioni suddette (reclusione da 5 a 8 anni e multa da 1.000 € a 2.000 € per ciascun lavoratore reclutato) qualora i fatti siano commessi mediante violenza o minaccia.
Sono state, altresì, modificate le condizioni considerate quali “indici di sfruttamento” che, ai fini della configurazione del reato stesso, potranno sussistere anche singolarmente. Si tratta di:
- reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
- reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
- sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
- sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
Sono state, poi, previste le condizioni che costituiscono aggravante specifica e comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà.
L’Ance ha attentamente monitorato il testo durante tutto l’iter parlamentare e attuato una pressante azione nei confronti di Governo e Parlamento per rilevare la necessità di circoscrivere l’entità e la temporaneità dei suddetti “indici di sfruttamento”, in quanto rischiano di fornire, a causa della loro eccessiva genericità, una non corretta configurazione del reato.
L’intervento dell’Ance si è reso necessario proprio in quanto, con la riscrittura del reato di c.d. “caporalato”, l’applicazione della disposizione relativa agli indici di sfruttamento è stata, come anzi detto, estesa anche al datore di lavoro e non solo al c.d. caporale.
Nel corso del dibattito parlamentare è formalmente emersa, quindi, la necessità di intervenire “per una puntuale correzione dei contenuti del nuovo testo dell’art. 603-bis c.p., soprattutto alla luce di quanto emerso dalle audizioni svolte dalle Commissioni e dalla ulteriore documentazione raccolta, con particolare riferimento alla memoria inviata dall’Ance”.
Infatti, per quanto concerne gli indici di sfruttamento, nel parere reso, la Commissione Agricoltura ha voluto espressamente chiarire che “gli indici di sfruttamento enucleati nella nuova fattispecie di reato – peraltro già presenti del testo vigente dell’art. 603-bis del codice penale – in quanto meri sintomi, indizi che il giudice dovrà valutare se corroborati dagli elementi di sfruttamento e di approfittamento dello stato di bisogno, non configurano ex se condotte immediatamente delittuose, essendo funzionali ad agevolare i compiti ricostruttivi del giudice, orientando l’indagine e l’accertamento in quei settori (retribuzione, condizione di lavoro, condizioni alloggiative, ecc.) che rappresentano gli ambiti privilegiati di emersione di condotte di sfruttamento e di approfittamento.”
Sono stati, inoltre, presentati e approvati tre identici Ordini del Giorno (ODG 9/4008/5, ODG 9/4008/8 e ODG 9/4008/9), che recepiscono l’istanza avanzata dall’Ance circa la necessità di impegnare il Governo a monitorare gli effetti applicativi della nuova disposizione penale valutando, se necessario, eventuali modifiche, con particolare riferimento agli indici della condotta del reato.
Sono stati, inoltre, approvati altri tre Ordini del Giorno (ODG 9/4008/11, ODG 9/4008/31 e ODG 9/4008/41) che impegnano rispettivamente il Governo ad “individuare apposite modalità per chiarire che gli indici di sfruttamento svolgono una funzione meramente accessoria”, a “prevedere linee guida volte ad indicare criteri obiettivi ed omogenei in base ai quali gli organi di vigilanza sono chiamati ad accertare le violazioni” e a “monitorare l’applicazione delle disposizioni presentando apposita relazione periodica alla Camera”.
Sul punto, fermo restando quanto verrà chiarito dai Ministeri competenti con apposite circolari operative sul tema, si precisa che, ai fini della configurazione del reato in esame, gli elementi di sfruttamento e di approfittamento dello stato di bisogno dovranno essere intesi in stretta connessione tra loro, costituendo il presupposto della condotta approfittatrice.
Inoltre, con specifico riferimento agli “indici di sfruttamento”, gli stessi dovranno costituire un “sintomo”, un “indizio” che il giudice dovrà valutare solo se corroborati dagli elementi di sfruttamento e approfittamento dello stato di bisogno e non condotte di per sé immediatamente delittuose.
Sono stati, inoltre, introdotti, all’art. 2 del testo, l’art. 603-bis.1 in materia di “circostanza attenuante” e l’art. 603-bis.2 recante “confisca obbligatoria”.
In particolare, con riferimento alla circostanza attenuante, è stata prevista la riduzione da 1/3 a 2/3 della pena per chiunque si adoperi per evitare che l’azione delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori o aiuti le autorità giudiziarie nella raccolta di prove decisive. Mentre, in merito alla disposizione in materia di confisca obbligatoria, è stato previsto che in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinare a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato.
Anche su tale ultima disposizione, l’Ance è intervenuta, durante il ciclo di Audizioni presso la Commissione Agricoltura del Senato, al fine di precisare che la confisca di dette cose, che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, non operi laddove la confisca del bene, che è il prodotto del reato, comprometta altro bene, anche nel suo utilizzo, appartenente a persona o ente estranei al reato, a cui esso sia funzionalmente o strutturalmente connesso, in quanto ormai non più individuabile in modo indipendente poiché assorbito nell’opera complessiva.
Anche su tale aspetto, a seguito del diretto intervento dell’Ance, il Parlamento ha impegnato il Governo, con l’ ODG-G2.202, a valutare l’opportunità di prevedere, anche attraverso soluzioni normative, una revisione di tale disposizione.
Infine, per quanto di interesse, si evidenzia che è stata introdotta all’art. 3 una disposizione in materia di controllo giudiziario dell’azienda e rimozione delle condizioni di sfruttamento, che prevede la possibilità che il giudice disponga, in luogo del sequestro, e qualora ricorrano i presupposti di cui all’art. 321 del c.p.c, il controllo giudiziario dell’azienda presso cui è stato commesso il reato, qualora l’interruzione dell’attività imprenditoriale possa comportare ripercussioni negative sui livelli occupazionali o compromettere il valore economico del complesso aziendale.
L’amministratore giudiziario nominato dal giudice dovrà affiancare l’imprenditore nella gestione dell’azienda, controllando il rispetto delle norme e delle condizioni lavorative la cui violazione costituisce indice di sfruttamento lavorativo, procedere alla regolarizzazione dei lavoratori che, al momento dell’avvio del procedimento per i reati previsti dall’articolo 603-bis, prestavano la propria attività lavorativa in assenza di un regolare contratto e, al fine di impedire che le violazioni si ripetano, dovrà adottare adeguate misure anche in difformità da quelle proposte dall’imprenditore o dal gestore.
Nel far riserva di fornire ulteriori chiarimenti, anche alla luce delle circolari ministeriali che verranno emanate sul tema, si rinvia, per quanto non riportato nella presente, al testo di legge allegato.
26296-199-2016-Legge-caporalato.pdfApri